Il lato B del Merchandising

Rubrica: Pubblicità e dintorni

Titolo o argomento: Logiche inverse

In questi giorni mi sono trovato a sfogliare più cataloghi di utensileria e attrezzature professionali per officine e laboratori di meccanica di precisione. Come di consueto, al termine di ogni catalogo, si trova una moltitudine di gadgets e merchandising: cappellini, magliette, polo, giacconi, portachiavi, giubbini, ombrelli, camicie, occhiali, marsupi, zaini, gilet, valigie, pantaloni, penne, orologi, buste e contenitori, calcolatrici, oggetti e attrezzature per andare al mare o in montagna, modellini di automobili e, nei cataloghi di prodotti offerti da sportive case automobilistiche, persino giacconi in pelle e capi di abbigliemento pregiati. Ognuno di questi prodotti è provvisto del logo aziendale e di eventuali slogan pubblicitari in bella evidenza.

Come ben sapete lo scopo di questi prodotti è quello di conquistare gli appassionati del marchio i quali, dotandosene, provvedereanno poi, spesso senza rendersene conto, a far pubblicità ai prodotti sponsorizzati. Vi potrebbe capitare quindi di indossare il cappellino del vostro prodotto preferito, comunicare a chi vi sta intorno che gradite il prodotto (dato che lo indossate volontariamente e con orgoglio), che secondo voi è valido e meritevole di attenzione e, cosa curiosa, il tutto avendo pagato un prezzo doppio, talvolta persino triplo, rispetto al suo valore di mercato.

Quindi, la cosa curiosa del merchandising è che, in taluni casi, un cliente arriva a pagare un oggetto “promozionale” il doppio o il triplo del suo valore nonostante stia effettuando una pubblicità molto utile a chi quell’oggetto glie lo ha venduto. Non pare anche a voi che ci sia un’anomalia in questo? 😀

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Un bellissimo giubbino in pelle proposto da una sportiva e affascinante casa automobilistica tra gli oggetti del suo “store”. Il giubbino in realtà aveva dei loghi che abbiamo rimosso digitalmente per imparzialità. Il prezzo di questo prodotto supera i mille Euro ma in commercio è frequente trovare prodotti analoghi per qualità dei materiali e delle finiture a prezzi inferiori del 50%.

4 risposte a “Il lato B del Merchandising”

  1. Beh in effetti in molti casi il merchandising viene persino regalato, vedi ad esempio: fiere, inaugurazioni, promozioni… Quando invece è disponibile su catalogo si tende a speculare sulla passione che i clienti hanno per un marchio.

  2. Il merchandising che si trova nei cataloghi dei prodotti di diversi marchi però non è paragonabile a quello che viene dato in omaggio durante un evento. Di solito ti regalano dei lacci portacellulare o cappellini o ancora oggetti senza un’apparente utilità.
    Comunque sì, in effetti, il merchandising che invece viene venduto tende ad essere un po’ caro.

  3. Beh sarebbe sufficiente che i prodotti che vengono realizzati per pubblicizzare un marchio costassero meno dei prodotti ordinari. In questo modo potresti pagare meno ad esempio di un set di valigie perchè espongono della pubblicità e quando viaggi altre persone la vedono. In sostanza il cliente avrebbe uno sconto su un prodotto in cambio della pubblicità che riceve il marchio.

  4. Forse il gioco commerciale consiste non tanto nell’andare in giro con prodotti che fanno pubblicità ad un marchio, ma proprio nel far pagare tanto prodotti che espongono quel marchio. Provo a spiegarmi meglio, probabilmente si paga il prestigio di avere un prodotto che presenta un particolare marchio in bella evidenza. Quasi come se l’azienda pubblicizzata non avesse interesse ad avere pubblicità anche dai tuoi acquisti, ma avesse interesse nel far vedere che tu sei disposto a spendere tanto per quel marchio. Una prova del nove sarebbe ad esempio l’acquisto di un prodotto di merchandising che non espone un logo grande e visibile o che, addirittura, lo espone solo in una parte non chiaramente visibile (una targhetta interna). In questo modo se chi apprezza il tuo oggetto ti chiede dove l’hai acquistato e tu rispondi che è della marca XXXX e costicchia tot, allora forse nella persona con cui hai avuto questo scambio di informazioni rimane un segno di quel marchio. Probabilmente se costasse poco l’effetto non sarebbe il medesimo.

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