Commercio aggressivo

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Sistemi aggressivi, segnali chiari dell’ultimo tentativo prima del KO

Per distogliermi dai soliti impegni ho deciso di andare a fare un giro con la mia ragazza in un luogo che generalmente non frequento, una grande superficie (come dicono nell’ambiente commerciale) o, per intenderci meglio, un centro commerciale (come lo chiamano i consumatori). All’interno di questo centro mi ritrovo a visitare un noto negozio di scarpe sportive per il puro gusto di osservare e curiosare sui materiali utilizzati, sulle diciture riportate sulle targhette, su cosa sia cambiato nell’estetica delle proposte per questo inverno, su quali ritorni al passato siano stati riproposti e tutto ciò che poteva passarmi per la mente. Fatto sta che una cosa non c’era sicuramente nei miei pensieri, compiere un acquisto.

Ebbene, come in una di quelle storie che partono dal finale, vi anticipo che siamo stati costretti ad uscire nel minor tempo possibile perchè avvolti da un insistente vortice di venditori ostinati a starci addosso come stickers. Nel negozio eravamo pochissimi e circondati da ben quattro venditori i quali, come su un campo di battaglia, erano in contatto tattico tra loro. Ci osservavano da punti strategici e si guardavano tra loro mandandosi dei rapidi messaggi gestuali ogni qualvolta la mia ragazza ed io cambiavamo reparto. Non si staccavano mai, se guardavo un prodotto (solo perchè qualcosa dovevo pur guardare mentre mi giravo intorno) i commessi più vicini, abili e scattanti, si proiettavano verso ciò che osservavo, prendevano in mano il prodotto e iniziavano la loro esposizione perseverando nel ripetere quanto fosse bello, particolare e a buon prezzo. Se io e la mia lei osservavamo prodotti differenti, loro si suddividevano su diverse fasce del negozio e ci raggiungevano entrambi talvolta persino superandoci (probabilmente si trattava di un fuorigioco). Ogni prodotto recensito (senza richiesta) era una rara occasione che, allo stesso tempo, avevano venduto moltissimo (a detta dei venditori). A parte il fatto che non deve essere facile vendere qualcosa di raro che al contempo hanno tutti, non riuscivo a smettere di pensare a che triste sorte fosse capitata a questi ragazzi. Come mai così ossessionati? Come mai sembravano in preda ad un simile panico? Non riuscivano proprio a nascondere un volto quasi disperato.

Poi, in un breve frangente, tutto è diventato chiaro. Esattamente quando la mia ragazza, che non riusciva a guardare un paio di scarpe* liberamente o a prendere una felpa in mano, si è scaldata ed ha mandato in un posto ricco di natura uno dei commessi insistenti, invadenti e anche, diciamocelo, sorprendentemente maleducati, è successo qualcosa di inaspettato. I quattro ragazzi del negozio (due ragazzi e due ragazze) si sono ritirati lasciandoci guardare in pace i prodotti esposti e, nel giro di un paio di minuti, è uscito dal retro bottega il capo dei commessi visibilmente inquieto riprendendo tutti e chiedendo loro perchè avessero smesso di starci addosso (osservava tutto dalle telecamere, altra questione discutibile).

A quel punto è stato tutto evidente, non erano quei ragazzi ad essere maleducati, era il responsabile che stava nel retro che li obbligava a mantenere un atteggiamento di vendita aggressivo. Dopo le minacce nei confronti dei poveri quattro commessi, la mia ragazza ed io ci siamo guardati e con un’aria esterrefatta ce ne siamo andati tra la mortificazione più totale di quei ragazzi che in fondo erano lì solo per lavorare e invece si ritrovavano costretti ad insistere sui clienti, spronati da un pessimo leader, al fine di tentare un’opera di convincimento che io chiamerei in un altro modo ma… va bhé.

La crisi c’è più che mai, si sente forte e sembra non volerne sapere di volgere al termine. Non si contano più le volte in cui si è sentito dire: “Questo ormai è l’ultimo anno, adesso vedrai che riprende questo settore, poi quell’altro più lentamente lo seguirà e via via tutti gli altri…”, ed anche in un semplice negozio di scarpe di un centro commerciale è possibile osservare “in miniatura” ciò che sta accadendo all’Italia in grande.

*Non togliete le scarpe dalla vita di una donna se volete vivere sereni.

il_calzolaio_un_artista.jpg

Ma dove sono finite le botteghe di una volta? C’era il negozietto tipico, caratteristico e specializzato
(dove ad ogni domanda corrispondeva una curiosa risposta, talvolta una lezione di vita o di storia)
che vendeva olio e vino, quello che vendeva solo i salumi, quello dei latticini, la bottega del falegname
(che faceva vere opere d’arte a prezzi umili perchè oggi sono per noi opere d’arte ma all’epoca erano
per lui la normalità), la bottega del calzolaio, il sarto, il fabbro, il ristoratore, il fornaio… A qualcuno
venne in mente di concentrare tutto in un posto solo e, da un’idea che poteva avere un qualche criterio
di utilità (il parcheggio) è emerso il caos, l’inesperienza, prodotti di scarsa qualità, la nascita dei mercati
paralleli, condotte di mercato che danneggiano i piccoli commercianti, fino ad arrivare al commercio
aggressivo come ultima (credo) soluzione per sostentare un sistema pieno di falle che, fragile e
indebolito, non si regge più in piedi. Speriamo torni presto la stagione dei piccoli, abili, esperti e
appassionati di un mestiere vero.
Image’s copyright: Britta Picznitzky