Rubrica: Crisi, osservazioni e riflessioni
Titolo o argomento: Il prestito d’onore un buon proposito che può finire nel nulla
Paletto 1: Dov’è l’onore?
Si parla in molti casi di prestito d’onore ossia di un credito concesso senza richiedere garanzie (niente buste paga né firme da parte dei genitori) a chi ha maturato una buona idea imprenditoriale. Un prestito basato sulla serietà del richiedente, un atto di fiducia per incoraggiare i giovani e favorire l’avviamento di nuove imprese. Il problema è che poi l’apertura di una srl non è contemplata. La motivazione è che se per un imprevisto viene interrotto il pagamento delle rate, la banca si deve rivalere su ciò che possiedi. Ma non era d’onore e senza garanzie? Allora che differenza vi è, almeno come radici, con un normale prestito? Il prestito d’onore nasceva una volta come possibilità offerta ai giovani privi di garanzie di avviare un loro progetto.
Paletto 2: E’ richiesta esperienza ma… non troppa
I tutor dicono che è consigliato avere esperienza sul campo per poter aprire una giovane impresa ed avere più opportunità di mantenerla in piedi. Tanti sono i casi di giovani che pensavano fosse tutto facile, hanno aperto e, scoprendo la dura realtà, chiuso dopo pochi mesi andando in contro a pericolosi debiti. Giusto, corretto, se non fosse altro che il prestito non viene concesso a chi rileva l’azienda dei genitori e propone un business plan di marcata innovazione conoscendo magistralmente un determinato settore e le strade necessarie per operare un corretto cambiamento. Vogliono quindi l’esperienza ma non concendono il prestito a chi ce l’ha. Curiosa contraddizionoe.
Paletto 3: Contemplando il rischio massimo
E’ opportuno essere seguiti dai tutor per evitare che si aprano nuove imprese, basate su concetti errati, non concreti e impossibili da realizzare. Anche questo è giusto se osservato solo da questo punto di vista. La cosa curiosa è che con il prestito d’onore vi è l’obbligo di spendere tutta la cifra accordata dalla banca entro i primi 6 mesi di attività. Questo è illogico. Un business plan fatto da un giovane che ha esperienza, un business plan pacato eseguito tenendo conto dei rischi e che è in grado di suddividere la spesa del prestito accordato in più anni, non va considerato inaccettabile ma, anzi, va valorizzato in quanto il richiedente evidenzia perizia e abilità nel diluire le spese ed i rischi e lascia sul conto il grosso della cifra affinché la banca ne possa rientrare in possesso per una parte consistente in caso di imprevisti. E invece no… e, nonostante le conferenze alle quali ho partecipato, ancora non ne comprendo appieno i motivi (nessuno ha saputo rispondere chiaramente a questo mio quesito).
Paletto 4: Chi fa da tutor ai tutor?
Parlando con diversi tutor si osserva come spesso non comprendano nuove idee, nuove metodiche, nuovi progetti, nuove logiche. Sono standardizzati, se vai per un’assistenza circa l’apertura di un negozio di parrucchiera, un ristorante, un bar, un negozio di abbigliamento, una pizzeria, allora sicuramente i loro consigli saranno preziosi. Se vai a proporgli un mondo nuovo dove l’innovazione non è l’ennesima blaterata di marketing per tentare di vendere l’ennesimo inutile gadget, ma il reale centro nevralgico di un progetto nuovo, ti rispondono di non riuscire a seguirti. Poi magari ti chiamano da una parte per dirti che sono rimasti/e affascinati/e anche solo da quel poco che hai esposto e tu, che dovresti esser lusingato (e che una volta lo saresti stato) li/e guardi serio pensando come possa esser accaduto tutto questo. Ormai il complimento a poco serve se non ci sono strutture in grado di assistere realmente cose nuove, strutture che si aspettino cose che non si aspettano (non utilizzate questa frase per uno spot). Li vedi giovani magari con soli quattro o cinque anni più di te, che basano tutto il loro credo sui testi universitari (per carità importanti e utili, altrimenti non ne avrei a centinaia, ma non assoluti) ma non hanno mai avuto esperienze imprenditoriali, successi, fallimenti, maturazione metodica, ecc. Uno di questi ha avuto il coraggio di dire che conosce tutte le strategie perchè le ha studiate all’università e non può essercene una nuova. Sono tutte nel libro del relativo esame secondo questo ragazzo e forse, per l’ennesima volta, in questo sconquasso logico una buona parte di responsabilità ce l’ha proprio l’istruzione. Cercate di comprendere questo, non si può uscire dall’Università e pensare di sapere tutto, di aver imparato tutto e che non sia più necessario studiare. Non si può ripetere a memoria quello che c’è scritto su un libro, credere che valga sempre quello e poi parlare di innovazione. La parola innovazione in questo caso viene usata a sproposito, senza coscenza, senza cognizione di causa, senza consapevolezza, inconsciamente deturpata e devalorizzata.
Paletto 5: Abuso di termini carismatici
Tra gli uffici e le sale conferenza dove ci si reca per conoscere tutte le caratteristiche di un particolare finanziamento, si può incappare in altri uffici che prospettano ulteriori soluzioni alle menti creative. Così magari si entra per fare 31 e se ne sentono di altri colori.
Quanti oggi usano e abusano di termini come innovazione, incubation, tecnologie, strategia? Certo il figlio della signora Maria che fino alla tesi di laurea si svagava con la console di gioco ed il calcetto al mercoledi, e che oggi cerca di metter su famiglia, arriva in un posto dalle pareti bianche lucide, i controsoffitti in lamiera lavorata con il taglio laser, le hostess in tailleur, una banale stampante 3d appoggiata con dei campioni su un tavolo con piano in cristallo, climatizzatore regolato sotto zero in sala conferenze e va praticamente in brodo di giuggiole. Chi invece il mondo dell’impresa e delle tecnologie lo studia realmente tutti i giorni (sacrificando i divertimenti ed il tempo libero) ininterrottamente da una vita e fa impresa da altrettanto tempo, li guarda e pensa: “poverini!”, oppure come dicono in modo scherzoso dalle mie parti: “purinoo”.
Paletto 6: Lo stato e la tassazione pressante
Non si può concedere un prestito d’onore ad esempio di 25.000 Euro e chiedere all’interno dei sei anni della sua durata 19.600 Euro di spese previdenziali, è una contraddizione assurda e grossolana. Se si desidera tartassare ogni singolo italiano, che gli si dia almeno una possibilità di avviare la sua azienda. Ovvio che se ci si ritrova a far fronte ad un eccesso di spese, di tasse, di interessi, il credito ottenuto con dei finanziamenti diventa solo un ennesimo inutile martirio che molti giovani non intravedono presi dall’euforia di aprire. Una proposta concreta a mio avviso sarebbe quella della sospensione totale delle spese previdenziali per i primi 5 anni di attività, la riduzione temporanea dell’IVA e la possibilità che lo stato metta a disposizione strutture con affitti agevolati (e possibilità di riscattare poi il locale) per l’intero arco dei 5-6 anni del finanziamento erogato. In questo modo è possibile il decollo, è possibile per il giovane imprenditore rendersi conto del suo reale potenziale, è possibile offrire prodotti a costi competitivi che aumentino la capacità di spesa degli italiani ed è possibile rendersi conto di come sia dura portare avanti un’impresa (specie avviandola da zero) e, non come talune leggende metropolitane sostengono, che facendo l’imprenditore ci si arricchisce* e si fanno rapidamente grandi cifre. Il contorno conta moltissimo, le generalizzazioni nulla.
*Vorrei inoltre aggiungere: state attenti al complesso mondo dell’immagine, cosa voglio dire? Esistono i leasing, le comproprietà e variegate soluzioni finanziarie. Spesso è così che si prendono in prestito grandi suv, imbarcazioni e vari oggetti costosi. Non avete capito? Se con un finanziamento alle vostre idee le cose non sono andate bene, non fidatevi ciecamente di altri che vi potrebbero proporre prospettive brillanti, facili e veloci; non fidatevi senza riserve di chi tenta di mostrarvi la propria forza tramite l’immagine, tramite oggetti costosi (magari ostentati o presi a debito). Non avete ancora capito? Capirete.
Conclusioni
La mia modesta opinione, maturata seguendo da vicino dinamiche come quelle indicate sopra, è che chi organizza certe funzionalità di una nazione, o non è adeguatamente preparato, o non riesce ad immaginare nuove ottiche, oppure ci tiene (per ragioni lontane dalla mia comprensione) che resti tutto esattamente così com’è. Quello che è certo è che il ruolo dell’istruzione e della formazione è primario e deve preparare a simili situazioni già dalle scuole medie superiori (come accadde per me quando all’istituto tecnico industriale statale mi fu offerta la possibilità di prender parte a corsi (extra-studio a numero chiuso) che abbracciavano le principali problematiche dell’imprenditoria, specie quella giovanile. Altre deduzioni logiche razionali le lascio a voi ed alla vostra esperienza.