Realizzare un progetto innovativo. Fondamentale viaggiare dal prodotto teorico al prodotto reale passando per la protezione delle idee

Rubrica: Ingegneria e Motorsport | Le domande dei lettori

Titolo o argomento: Come realizzare un progetto innovativo

Rispondendo a: Emanuele

Emanuele scrive: Buongiorno, mi presento, mi chiamo Emanuele, ho 21 anni e sono uno studente di Ingegneria del Veicolo all’università di Modena, meccanico in pista per Ducati (spero di passare ad auto al più presto) e grandissimo appassionato di motori, in particolare del mondo automobilistico. Quest’anno, a Novembre, inizierò a frequentare un corso per diventare ingegnere di auto da corsa e sto cercando i migliori modi per “portarmi avanti”, oltre che nutrire la mia passione, che altrimenti mi divorerebbe giorno per giorno.

Tra diversi libri, diventati i miei preferiti per la semplicità o completezza, molti video sul web di meccanici, o lezioni universitarie sulla costruzione dei veicoli e svariati siti web, ho trovato il vostro sito, che ho reputato una miniera d’oro, e mi piacerebbe, anzi amerei leggere gli articoli sui test o sulle regolazioni, in particolare quelli sul setup.

Ho in mente da molto tempo un progetto, che potrebbe “cambiare” o avere un impatto positivo nel mondo del motorsport, ma credo che se lo proponessi a case automobilistiche o scuderie, potrebbe essere “rubato” facilmente.
Secondo la tua conoscenza/esperienza, potrei proporre solo con prove scritte (e-mail o documenti controfirmati) questo progetto, assicurandomi che legalmente sia di mia proprietà intellettuale? Mi servirebbe un brevetto in ogni caso per tutelarmi? Ti ringrazio molto se mi risponderai poiché è un problema a cui non trovo soluzione.

Accordi di riservatezza e Brevetti

Gentile Emanuele è fondamentale (fondamentalissimo) che tu protegga la tua idea. Gli accordi di riservatezza, firmati e controfirmati con le figure alle quali proponi le tue idee, non proteggono realmente in quanto non impediscono ad un tuo concorrente di sognarsi la notte la stessa idea. Ovviamente non è così, si ispirano alla tua, ma nulla vieta in sede giudiziaria di sostenere che semplicemente si è avuta la medesima idea (o molto simile o un’evoluzione conseguente alle tue proposte).
Anche il brevetto può essere anti-intuitivamente sfavorevole se non è preso nel modo corretto. Proteggendo l’idea solo in Italia fai sì che i paesi stranieri, che controllano giornalmente le registrazioni nel nostro paese, possano realizzare la medesima idea nei loro paesi (puoi già immaginare di chi si tratta, in particolar modo i cosidetti “mercati emergenti”). Ad ogni modo è utile proteggere in Italia, in Europa, in India, in Cina, negli Stati Uniti ed in tutti i luoghi in cui un tecnico esperto ed affidabile in materia di brevetti ti suggerirà (si stanno aggiungendo paesi che mai immagineresti, per questo è fondamentale il supporto di esperti).
Il costo, a seconda di dove, cosa e quanto proteggi (ovvero il livello multiplo di protezione che dai al tuo progetto non solo nell’idea centrale ma anche nelle piccole possibili varianti funzionali), può essere tranquillamente di diverse decine di migliaia d’Euro e rimane valido 20 anni (i marchi, invece, rimangono registrati 10 anni con possibilità di rinnovo solo se effettui tale rinnovo con un anticipo temporale predeterminato -durante l’ottavo anno o entro un limite del nono- ma ogni cosa che ti scrivo va debitamente accertata perché sussistono cambiamenti ed aggiornamenti che possono essere fatali).

Il consiglio che ti offro necessita di una piccola prefazione

Da appassionato il consiglio che ti offro, per vincere sul sistema impervio della competizione moderna (sebbene anche la storia ce lo confermi già dai secoli in cui ci accingevamo a raggiungere la prima rivoluzione industriale), è quello di non dire nulla a nessuno (nemmeno alle persone più insospettabili) perché, pur non volendo, pur in buona fede, una volta che ti ascoltano sono neurologicamente influenzate da quanto gli hai detto e, inconsciamente, potrebbero applicare la logica che gli hai esposto in altri ambiti vanificando i tuoi sforzi. Le persone migliori, quando presenti, sono sempre i propri genitori. Puoi fare affidamento su di loro nella vita, anche solo per un dialogo di confronto di esperienze (anche se ti fanno esempi che apparentemente non c’entrano nulla), qualunque siano le complicazioni che hai tu, che hanno loro ed i limiti culturali nonché naturali di comprensione che ogni persona ha. Potrebbero non capire nulla di cosa gli stai parlando ma un dialogo potrebbe farti ragionare su cose che avevi latenti nella mente. Insomma, dai genitori puoi non ricevere risposte ma stimoli e consigli che sono estremamente utili specie nell’età delle scuole superiori e delle prime esperienze universitarie e post universitarie. Anche nonni o zii vicini che son stati chiamati dalla vita a sostituire genitori possono rappresentare l’interlocutore ideale con cui parlare per portare a galla ciò che di dormiente, in realtà, è già in noi.

Un conto è proteggere la Teoria, un conto è proteggere un progetto compiuto

Il mio consiglio è quello di realizzare autonomamente (ed in gran segreto) la propria idea fino ad esser pronto ad immetterla sul mercato e, poco prima, proteggerla debitamente. Il 100% delle persone che ho conosciuto che hanno proposto idee, al solo livello teorico, le hanno perse tutte. Chi invece le ha prima realizzate e protette, fasandosi con l’ingresso sul mercato, ha tratto i benefici migliori. La sorpresa è tutto. Le aziende vanno veloci; possono realizzare un’idea in poche settimane (non occorrono più anni), dispongono di numerosi sturmenti ma, guarda il caso, soffrono di penùria di idee… e ne hanno fame.

Innovazione o naturale evoluzione? Un rapido esempio

Attenzione però alle idee che rappresentano evoluzioni naturali di una soluzione. Esempio: la Ferrari F1 introduce nel 1989 il cambio al volante. Bene. Ora è naturale aspettarsi che tutte le scuderie porteranno naturali miglioramenti, con vari dispositivi sempre più affidabili, ai tempi di cambiata. Un conto quindi è essere l’autore del cambio al volante (prima non c’era) un conto è proporre una naturale evoluzione a cui, prima o dopo, arriveranno tutti. In quest’ultimo caso vige la regola della velocità di immissione sul mercato che però richiede team di lavoro esclusivi, strutture e attrezzature notevoli. Ed anche disponendo di tutto questo esistono pur sempre errori, comportamenti non regolari di avversari, personale che si comporta da opportunista se nel contratto non gli hai messo delle severe penali…
E’ un mondo infinito.

Ricapitolando, predisponi una realtà che utilizzi i tuoi personali metodi per compiere cicli come questi o le loro varianti appositamente studiate

.: Progetta la tua idea
.: Costruiscila
.: Usala davvero e verificala
.: Studia come si comporta
.: Rompila
.: Migliorala
.: Rompila di nuovo
.: Migliorala ulteriormente
.: Brevettala o preserva il Know How (segreti industriali su come ci riesci)
.: Vai sul mercato subito dopo le conferme di brevetto

! Nota

C’è un lag tra le conferme di brevetto a livello nazionale e la possibilità di richiedere il brevetto a livello internazionale. Per questo ci vogliono grandi esperti a cui affidarsi. Cerca di fare la conoscenza di imprenditori self made man che hanno brevettato in più occasioni e che possono fornirti la loro esperienza cosicché tu non commetta i loro stessi errori (ma sicuramente se ne commettono di nuovi).

!! Nota

Prova a brevettare prima un’idea minore per un giro di rodaggio.
Scoprirai quanto sia costoso il mondo della tecnica e quanto sia competitivo.

!!! Nota

Tra protezione di un Brevetto e la protezione del Know How ci sono importanti distinzioni. Ad esempio la protezione del Know How non richiede spese in brevetti ma la studio e la dotazione di sistemi, frutto del proprio genio creativo, utili a mantenere segreti ad esempio metodi per ottenere un particolare prodotto o per risolvere specifici problemi. In fondo a questo articolo, nei “Link a tema” vi sono utili approfondimenti a tal proposito.

Il segreto è sempre quello di imparare a fare da soli

Il segreto è sempre quello di imparare a fare da soli, non deve trapelare nulla. Io personalmente ho delle persone addosso da molti anni: concorrenti, realtà di innovazione minori che bramano continuamente altrui progetti (per portarli ad un binario morto, su richiesta di concorrenti puntualmente scoperti, oppure per svenderli pensando ad avere tutto quel che si può subito così da passare al prossimo nel totale disinteresse per ogni singolo progetto), incubatori e startupper di tipo opportunistico mossi dal solo interesse di mettere le mani sui fondi destinati agli innovatori facendo leva su ragazzi inesperti che gli passano sotto… la lista è lunga.

Proteggiti. Studia i tuoi sistemi

Anni fa, prima che prendessi provvedimenti, mi hanno hackerato i computer, i server, le amicizie, sono entrati nelle mie proprietà (attacchi a forza bruta) con le scuse più sciocche pensando che non me ne accorgessi, hanno cercato i miei collaboratori, i miei eventuali finanziatori, si sono messi in mezzo per farmi perdere l’acquisto di particolari strutture di tipo industriale (l’azione legale relativa a quest’ultimo punto sarà oggetto di una rubrica a cui sto lavorando contenente numerosi consigli per arrivare più preparati a scongiurare simili eventi) e si sono presi tante brighe pensando “È solo un ragazzo, adesso lo freghiamo”…
Hanno fatto di tutto per tentare di rubare ciò che non è loro. Non sempre per denaro, spesso anche per l’invidia che non fosse loro figlio ad aver avuto determinate qualità o capacità. L’invidia è capace di trasformare le persone in zombie affamati di “cervelli” (non trovo un esempio che calzi di più).

Proteggiti. Evita gli uomini dagli scopi frivoli

Per quale scopo poi? Quando non è l’invidia è un altro comportamento basico o la combinazione dei due: arricchirsi di denaro che non sanno utilizzare, per comprarsi oggetti che fanno il monaco. Li ho visti vendersi e svendersi per poter possedere un’automobile nuova più prestigiosa che dia più importanza (“L’ambire troppo agli onori è chiaro sitnomo di meritarli poco” lessi 22 anni fa su una proverbiale bustina di zucchero), una barca che faccia più scena per la loro immagine (ammissione fattami da un’opportunista che alla fine parlò sostenendo che, con la barca che avrebbe comprato se i piani fossero andati come lui voleva, avrebbe potuto sembrare un uomo di successo e avrebbe “catturato” più clienti) e tutto quel che puoi racchiudere in questo insieme di definizione.

Dentro sono persone vuote, non hanno lumi, non hanno passioni, gli occhi sono spenti, non hanno scintille, sono annoiate, con famiglie trascurate, una vita di apparenze e la soglia di depressione sempre lì, ad un passo, perché guardano le persone appassionate e si chiedono “Come diamine fanno?!?” e le invidiano cercando di esser migliori di loro attraverso quel che potrebbero far sembrare o quel che potrebbero impedire di far realizzare tramite le loro leve del potere. Anche di questi aspetti parleremo approfonditamente nella rubrica che poco sopra menzionavo e che racconterà nel dettaglio, con singolari spiegazioni, quel che mi è accaduto negli ultimi due anni. Questo paese è oltremodo formativo…

Li ho visti finire tutti male, con il tempo. E forse è accaduto proprio perché non me ne importa nulla, perché mi piace pensare all’Uomo nella sua accezione più elevata, perché mi appassionano le virtù delle persone di buona volontà. Le persone di cui ad esempio si circondarono Uomini come Enzo Ferrari, Adriano Olivetti, Enrico Mattei… abbiamo una lunghissima lista in Italia se si desidera studiare la Storia della Potenza Prestigiosa che abbiamo rappresentato.

Cautelarsi richiede una porzione consistente dei tuoi sforzi

Per fortuna gli opportunisti non hanno avuto la meglio nelle mie vicende e in quelle di molte altre persone che ho avuto piacere di conoscere, ma cautelarsi richiede risorse, tempo, energia, impegno, caparbietà, esperienza, imparare il più possibile ogni volta che se ne presenta l’occasione. Realizzare affascinanti progetti richiede sacrificio. A qualcosa si deve pur rinunciare, è la prassi nella vita, son compromessi, ma quel che otterrai, grazie a questo, avrà per te un valore enorme e ti darà soddisfazioni altrettanto enormi e le energie rinnovate per goderne appieno.

Un lieto fine possibile

Quindi il lieto fine è possibile ma richiede di studiare sempre con la perseveranza e la pazienza incrollabile di una goccia d’acqua che scava la pietra. Richiede di fare qualcosa perché ti piace, per andare oltre, studiare anche cose che sembrano non avere nulla a che fare con il tema principale perché se sei esperto solo dell’idea tecnica difficilmente verrà realizzata. Bisogna conoscere l’economia, le banche, i comportamenti del mondo dell’impresa, la natura umana, i casi pregressi della storia nel tale settore e, perché no, anche in altri settori. Non si finisce mai. Però, se ti piace, ce la fai.

Fai esperienza e fai come se…

Fai esperienza partendo da cose minori, preserva la tua idea migliore, diventa capace di realizzarla nelle parti fondamentali anche da solo, arriva fino al prodotto finito funzionale ed utilizzabile. Usalo, vivilo, rompilo, ragiona in più dimensioni, ragiona come fossi l’utilizzatore tipo, l’utilizzatore esigente, quello che deve contraddire, quello detrattore, scegli cosa e per chi vuoi produrre e lascia perdere gli altri. Il tuo prodotto non è per tutti. Trova le persone giuste ideali per la tua proposta singolare.

Ci vorrà il tempo. In Italia non si dà molto credito ai giovani. Siamo l’opposto degli Stati Uniti, lì vai e tiri da bestia… qui se non ti vedono qualche pelo di barba che inizia a diventare bianca nemmeno ti ascoltano (salvo rari casi).

Buona giornata, Raffaele Berardi : )

Link a tema
(link non attivi, copia e incolla sul tuo browser per visitarli)

Rapporti tra Know How e Brevetti
https://brevettinews.it/brevetti/rapporti-tra-know-e-brevetto/

Brevetto
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/

Brevetto italiano
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/brevetto-italiano-ufficio-italiano-brevetti-e-marchi/

Brevetto europeo
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/brevetto-europeo/

Brevetto unitario
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/brevetto-unitario/

Domanda di brevetto internazionale PCT
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/domanda-di-brevetto-internazionale-pct/

Uscire dalla giurisdizione del TUB (Tribunale Unificato Brevetti)
https://www.sib.it/difesa-dei-diritti/tribunale-unificato-dei-brevetti-informazioni/uscire-dalla-giurisdizione-del-tub/

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Cosworth Catalytic Generator: Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici – Parte 3

Rubrica: Tecnologie utili ai mezzi elettrici ed ibridi, ma non solo…

Titolo o argomento: Il generatore catalitico ultracompatto che “ibridizza” i veicoli elettrici estendendone all’infinito l’autonomia

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Esempio di applicazione sul Ford Transit Custom PHEV

Il Transit Custom PHEV è un particolare furgone compatto Ford dotato di range extender basato su motore benzina aspirato 3 cilindri, 1000 centimetri cubici che muove un generatore elettrico adibito a caricare il contenuto pacco batterie da 13,6 kWh che equipaggia il mezzo. La trazione è puramente elettrica così come il motore del range extender carica esclusivamente le batterie e non provvede alla trazione meccanicamente.

Cosworth, più precisamente Delta Cosworth, ha dimostrato, durante fasi di sviluppo presso il Circuito di Silverstone, di poter ridurre il peso del furgone, ridurre il peso del pacco batterie, aumentare l’autonomia ed aumentare la capacità del vano di carico sostituendo integralmente il motore a combustione interna in dotazione con il loro cat-gen e sostituendo il relativo pacco batterie con quello appositamente messo a punto per il sistema. Un ottimo inizio…

Video

Delta Cosworth – Catalytic Generator Particle Flow

Delta Cosworth – Catalytic Generator Component Breakdown

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Cosworth Catalytic Generator
Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici

Parte 1: Intro | Quali sono i punti di forza?
Parte 2: Come funziona? | Ciclo Brayton
Parte 3: Video esplicativi | Es. applicazione su Ford Transit Custom PHEV

Pagine: Automotive | Motorsport
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Lotus Range Extender: il motore ultracompatto destinato ai veicoli ibridi
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 1: Considerazioni grandangolari

Cosworth Catalytic Generator: Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici – Parte 2

Rubrica: Tecnologie utili ai mezzi elettrici ed ibridi, ma non solo…

Titolo o argomento: Il generatore catalitico ultracompatto che “ibridizza” i veicoli elettrici estendendone all’infinito l’autonomia

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Come funziona?

Può funzionare con qualsiasi combustibile liquido o gassoso. Un punto di forza non da poco. Sfrutta il ciclo Brayton per far girare una turbina direttamente collegata ad un generatore elettrico e ad un compressore. L’aria viene aspirata dall’ambiente tramite il condotto di aspirazione e viene compressa aumentando notevolmente pressione e temperatura (rispettivamente circa 4,4 bar e 205°C).

L’aria compressa passa attraverso lo scambiatore di calore (o recuperatore) e viene ulteriormente riscaldata sfruttando il calore recuperato dai gas ad alta energia prodotti dalla reazione nel catalizzatore (si raggiungono circa i 650°C).

Il carburante viene iniettato nell’aria riscaldata e reagisce continuamente mentre passa attraverso il catalizzatore alzando ulteriormente la temperatura a 1050°C aumentando così l’energia del flusso. Il processo di reazione attraverso il catalizzatore è senza fiamma e non è pertanto un processo di combustione (non si generano così NOx), si tratta invece di un processo di rilascio di calore altamente controllato (reazione esotermica).

I gas caldi in espansione cedono energia alla turbina la quale, ruotando a circa 110.000 giri/min, mette in moto il generatore elettrico. I gas di scarico contengono ancora molta energia e vengono fatti fluire attraverso lo scambiatore per scaldare l’aria in ingresso ciclo (il sistema agisce quindi con un prezioso processo di recupero dell’energia).

I gas che hanno ceduto la loro energia escono infine allo scarico ad una temperatura di 350°C. Grazie all’adozione dello scambiatore di calore il carburante viene utilizzato solo per metà del lavoro necessario ad incrementare la temperatura iniziale da 650°C a 1050°C. Maggiore efficienza, ridotto consumo di carburante.

La macchina elettrica, appositamente studiata, produce 35kW di potenza elettrica utilizzabile ad esempio sui veicoli elettrici per caricarne le batterie in marcia e renderli praticamente ad autonomia illimitata (ovviamente finché vi è carburante da iniettare nel sistema).

Pertanto, ricapitolando, i tre incrementi di temperatura si verificano a partire da quella ambiente (es. 21°C → 205°C; 205°C → 650°C; 650°C → 1050°C). L’aria di aspirazione viene compressa a 4,4 bar raggiungendo una temperatura di 205°C, attraverso lo scambiatore di calore (recuperatore) raggiunge la temperatura di 650°C sfruttando l’energia dei gas esausti. L’aria bollente si miscela con il carburante vaporizzato e reagisce continuamente nel catalizzatore raggiungendo la temperatura di 1050°C per incrementare ulteriormente l’energia del flusso. I gas espansi spingono la turbina alla rotazione di 110.000 giri/min trainando compressore e generatore, tutti e tre solidali su un singolo albero. I gas finali passano nuovamente attraverso lo scambiatore per cedere ulteriore energia ed escono all’atmosfera a 350°C.

Per comprendere bene queste fasi dovete fare un breve salto in avanti con la mente durante il secondo incremento di temperatura ed ipotizzare le fasi del ciclo su un cat-gen già avviato. La partenza a freddo sfrutta semplici artifizi della tecnica (riscaldatore elettrico) che possono generare confusione ragione per cui, per semplicità di esposizione, abbiamo considerato il ciclo già avviato ed il dispositivo già caldo.

Ciclo Brayton

Il ciclo Brayton, più precisamente Brayton – Joule, è il ciclo termodinamico ideale per le turbine a gas. Al di là dei fondamenti che trovate su ogni buon libro di testo di Macchine a Fluido (per i percorsi di studi presso gli Istituti Tecnici Industriali e, più teorici e squisitamente matematici, presso le Facoltà di Ingegneria), quello che ci interessa osservare sono le peculiarità di tale ciclo.

Il ciclo è aperto, l’aspirazione e lo scarico sono rispettivamente dall’ambiente esterno e verso l’ambiente esterno. Tra l’aspirazione e lo scarico vi sono fasi di elaborazione del fluido in cui avvengono conversioni di energia meccanica in calore e viceversa che tra poco andiamo a vedere in modalità accessibile.

Si aspira aria alle condizioni di pressione e temperatura atmosferica e si emettono i prodotti della combustione nuovamente all’atmosfera. Parliamo di prodotti della combustione laddove sia prevista una camera di combustione in cui viene accesa la miscela combustibile/comburente (ossia nel ciclo tradizionale). Nel generatore catalitico Cosworth, invece, non vi è combustione ma una continua reazione del combustibile a (relativamente) bassa temperatura all’interno di un catalizzatore. Questo consente di emettere allo scarico gas caldi a ridotto impatto (privi di ossidi di azoto NOx e ossidi di zolfo SO2) o impatto zero (solo acqua qualora venga impiegato idrogeno, ricordiamo che il sistema è onnivoro). Inoltre il ciclo che vedete in figura è espresso in una modalità generale in quanto, in realtà, nel ciclo del cat-gen di Cosworth abbiamo anche il recupero del calore di post-reazione al fine di ridurre notevolmente il carburante impiegato nel lavoro effettuato per portare la temperatura del fluido da 650°C a 1050°C (come espresso nelle fasi del precedente paragrafo).

Con riferimento al grafico seguente

Passaggio dal punto 1 al punto 2: impiego del compressore per comprimere il fluido (aumenta la pressione, si riduce il volume). La macchina (il compressore) opera sul fluido (macchina operatrice), lo scambio di lavoro è negativo (spendete lavoro per operare sul fluido) e, nel ciclo ideale, avviene in condizioni di entropia (S) costante (trasformazione isoentropica) ma la condizione reale prevede una trasformazione adiabatica.

Passaggio dal punto 2 al punto 3: riscaldamento a pressione costante (isobaro). Aumentano il volume e la temperatura.

Passaggio dal punto 3 al punto 4: impiego della turbina per attivare il generatore elettrico. Il fluido espande e muove la macchina (macchina motrice), lo scambio di lavoro è positivo (ricavate lavoro grazie all’azione del fluido). Nel ciclo ideale la trasformazione avviene in condizioni di entropia costante mentre nel reale la trasformazione è adiabatica.

Passaggio dal punto 4 al punto 1: raffreddamento a pressione costante (isobaro). Si riducono il volume e la temperatura.

Nota: l’adozione del recupero del calore permette un incremento non trascurabile del rendimento.

Immagine

Sulla sinistra il grafico pressione-volume, sulla destra il grafico temperatura-entropia. P=cost sta per “pressione costante”, stesso dicasi per l’entropia. Con la dicitura “q+” si intende riscaldamento e con “q-” si intende cessione del calore.

Per assimilare il concetto di entropia potete fare riferimento al relativo documentario a cura del fisico e divulgatore scientifico Jim Al-Khalili spesso trasmesso sul canale Rai Scuola: è spettacolare, spe-tta-co-la-re.

Continua…

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Il Lotus Range Extender

Già dodici anni fa vi abbiamo parlato di una soluzione molto simile alla radice, trattandosi di un range extender, ma totalmente diversa nello sviluppo. Mi riferisco al Lotus Range Extender sviluppato all’epoca in collaborazione con Fagor Ederlan (vedi in basso i Link correlati) e mai immesso realmente sul mercato. Si trattava di una soluzione assai interessante che permetteva di abbattere notevolmente i consumi di carburante in una architettura ibrida in cui il motore a combustione interna non fungeva da sistema di trazione diretta ma indiretta in qualità di solo generatore di ricarica del pacco batterie. L’utilità ed i benefici? Il motore a combustione interna poteva girare unicamente al regime costante di coppia massima, ottimizzato con consumi ed emissioni esigue, al solo scopo di caricare il pacco batterie del veicolo. Il motore a combustione interna, in tal modo, non era più soggetto alle variazioni di carico (dovute alle condizioni della strada, al numero di passeggeri, alle prestazioni generali richieste) che tanto gravano sul basso rendimento delle unità endotermiche, ma funzionava espressamente nelle sue migliori condizioni. Così alla trazione provvedono unicamente i motori elettrici che vantano un rendimento elevatissimo e splendidamente si accoppiano ai benefici offerti dall’endotermico. Si trattava di una soluzione che ebbi modo di studiare, e di cui verificai il reale potenziale, grazie alle contaminazioni di Ingegneria Navale nonché all’esperienza tecnica sul campo offerte da Wärtsilä con le sue unità propulsive, ottimizzate per l’impiego navale. Tali soluzioni adottavano, per l’appunto, i motori a combustione interna solo in qualità di generatori e lasciavano ai motori elettrici il compito di esprimere la propulsione nelle navi.

Si trattava di soluzioni interessanti degne di nota (in grassetto) di cui però non si parlava mai, eppure una decina di anni fa il clima era già compromesso. Con un range extender sviluppato ad hoc era possibile percorrere circa 100 km con 1,7 litri di carburante senza alcuna necessità di ricaricare il veicolo elettrico a prese pubbliche o private, senza necessità di attendere lunghi tempi di ricarica, senza necessità di dover pianificare un viaggio come una spedizione su Marte. Ma… nulla, non se ne parlò. Oggi siamo (finalmente) pronti ad impiegare simili soluzioni e la tecnologia che c’è, ed esiste da oltre 20 anni, non la si può più snobbare lasciandola nel cassetto delle cianfrusaglie. Ma non è tutto.

Il Range Extender di Cosworth

Oggi Cosworth ha fatto di più, molto di più, riuscendo in qualcosa che solitamente riesce solo ai geni (in realtà si tratta di un progetto nato circa 10 anni fa e sviluppato negli ultimi 5-6 anni con la transizione del mercato verso l’elettrico). Cosworth ha trovato, ad un problema enorme e complesso, una soluzione semplice, a basso costo, leggera, fattibile, versatile, sostenibile, che si basa sull’utilizzo del noto ciclo Brayton delle turbine a gas e di un opportuno catalizzatore per ottenere un Range Extender capace persino di emissioni quasi nulle o nulle in base al carburante che si intende impiegare (il sistema è onnivoro).

Non si tratta di una variante di un sistema a combustione interna ma di un sistema catalitico che non dà origine a combustione e non sviluppa quindi il calore che porta le temperature intorno ai 2500°C responsabili della produzione di NOx.

Quali sono i punti di forza?

E’ semplice

Pochi organi tutti largamente conosciuti dall’industria e dagli operatori del settore.

Costa poco

Si realizza con materiali di uso comune nell’industria e nell’artigianato.

E’ leggero

La sua massa è contenuta, inoltre riduce drasticamente il peso dei veicoli elettrici i quali con un range extender necessitano di pacchi batterie più contenuti.

Fattibile

Non richiede conoscenze e tecnologie esasperate né l’attesa di sviluppo di nuovi mercati né tantomeno particolari accordi con eventuali paesi che potrebbero vantare un qualche monopolio sulle materie prime.

Versatile

Può essere impiegato nel settore Automotive, nell’industria in generale, nell’Edilizia, nel settore Navale, nel settore Militare, nel settore Aerospaziale…

Sostenibile

Ottimo rapporto tra i benefici ed i costi, facilmente realizzabile, onnivoro. Prodotto su larga scala (almeno 100.000 pezzi l’anno) il suo costo può scendere a circa 2.000 Euro.

Pulito

Offre basse emissioni inquinanti o emissioni nulle a seconda del carburante impiegato. Non richiede un post trattamento dei gas di scarico.

Basso impatto generale

Produce basse emissioni sonore: non c’è combustione, è pulito ed è silenzioso, perfetto per l’elettrico.

Onnivoro

Può “digerire” carburanti liquidi o gassosi e persino idrogeno non purissimo (la cui produzione costa molto meno dell’idrogeno puro), aspetto che rivedremo nell’apposita rubrica “Il futuro è ibrido… a idrogeno” (vedi in basso i Link correlati).

Continua…

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Rubrica: La tetralogia della povertà. Svalutazione – Parte 8

Titolo o argomento: Come si diventa poveri oggi e soprattutto… perché

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Più risparmi più diventi povero

E’ un commercialista che arranca “ora” che la strada è in salita. Si arrangia. E’ un professionista come ce ne sono in tanti settori in un paese articolato e complesso come l’Italia. E’ convinto di capire a fondo come vanno le cose, cosa sta succedendo. Ma le cose gli vanno male. Il mondo attorno a lui sprofonda collassando su sé stesso eppure non si rende realmente conto del perché. Come ognuno di noi fatica a lasciare il molo sicuro delle proprie convinzioni e teme di andare a vedere cosa ci sia realmente oltre la linea dell’orizzonte, oltre quello che gli occhi arrivano a vedere dal molo. Crede a ciò che gli fa comodo credere, crede a ciò che è facile credere. Paradossalmente, e all’apparenza, può rivelarsi più semplice vivere questa situazione di perenne collasso piuttosto che quella in cui si deve compiere lo sforzo immane di aprirsi a concetti che ignoravamo, che ci sbalzano fuori dalla nostra zona di conforto.

Primo distacco

Mi chiama sostenendo di voler acquistare un prodotto presso lo store di famiglia. Scopro ben presto che vuole solo farsi consigliare il modello più affidabile e funzionale per le sue esigenze e farsi dare quante più spiegazioni possibili da chi conosce i prodotti a fondo. Prendo l’impegno, vado a trovarlo, sostengo dei costi, gli mostro le schede tecniche, gli offro la mia esperienza, importanti consigli, valutiamo dei modelli assieme e scegliamo quello idoneo. Lui si mostra gentile, mi regala addirittura una bottiglia di vino e poi non lo sento più.

Vengo a sapere che ha acquistato il prodotto su un e-commerce massivo risparmiando qualcosa come 60,00-80,00 Euro senza tener minimamente conto del fatto che il servizio di prevendita che gli ho offerto ha un valore ben più alto di 60,00-80,00 Euro. Avrebbe avuto anche un servizio di installazione più professionale ed un post vendita che non riesce nemmeno ad immaginare. Non tiene conto affatto del capitale umano, dell’esperienza, di quel che mi aveva sottratto in maniera ingannevole (tempo, informazioni, esperienza, servizi, denaro…) sapendo già dal principio che non avrebbe acquistato da me.

Non lo nascondo, non approvai quel comportamento. Così decisi di provvedere in altra maniera alla contabilità aziendale risparmiando ben di più di 60,00-80,00 Euro l’anno. Lui risparmiò 60,00-80,00 Euro una tantum, allo stesso tempo ne perse molti di più all’anno in maniera definitiva.
É per questo che sostengo che non sia un granché come commercialista.

Secondo distacco

Lo stesso commercialista riemerge inaspettatamente come tema di una chiacchierata al mare che intrattengo con il titolare di una agenzia assicurativa. Vengo a conoscenza del fatto che decise di non rinnovare le sue polizze e di spostarle presso una compagnia ritenuta più a “buon mercato”. Probabilmente vede i suoi introiti calare e, non riuscendo a comprendere che si trova in un circolo vizioso, finisce con l’alimentarlo sempre di più.
Si isola sempre più, taglia i costi ma quelli errati, perde il contatto con il pubblico, non è più a sua volta cliente di altri e la gente si dimentica di lui, fa tutto online alla ricerca di un risparmio disperato, mantiene un suv dai costi spropositati (per una questione di immagine) ma il suo studio è ad una manciata di chilometri da casa ed anche un ottimo scooter, o dei mezzi pubblici, si rivelerebbero comunque più proficui per lui rispetto ai risparmi boomerang che persegue nel tentativo di sanare la sua situazione.

L’assicuratore mi spiega altre cose che tendiamo a ignorare. La cosidetta compagnia a “buon mercato” non solo offre un servizio di minor valore (ad esempio non invia periti in caso di truffa e preferisce pagare quando i presunti danni comportano risarcimenti moderati retrocedendo la classe anche ingiustamente) ma è nota tra i professionisti del settore per l’inserimento del diritto di rivalsa (ovvero potrebbe non pagare anche se, ad esempio, eventuale alcol nel sangue rientra nei parametri di legge) con tutte le complicazioni che ne possono derivare. Anche il titolare della compagnia assicurativa non nega di esser rimasto male, dopo anni di rapporti, nel vedere il suo cliente “migrare” a soluzioni ritenute, erroneamente, a più buon mercato.

Le polizze a minor prezzo non coprono l’assicurato allo stesso modo di prodotti validi e, per contratto, prevedono molti escamotage per non liquidarlo (o non tutelarlo), sia in caso di incidente con colpa che con presunta colpa, se l’assicurato ha violato anche solo un minimo dettaglio della famiglia degli “asterischi” che nel contratto sono stati inseriti per sganciarsi dalle responsabilità alla prima occasione. Così è praticamente per tutti le tipologie di prodotti e servizi presenti sul mercato.

La vicenda avrà una conclusione ovvia ma, a quanto pare, invisibile al commercialista. Egli ritiene improbabile che una realtà imprenditoriale che si affida da anni al suo studio possa spostare di colpo tutta la propria contabilità presso altri professionisti. L’agenzia assicurativa, infatti, deciderà di far seguire la propria contabilità altrove e il soggetto in questione perderà ulteriori migliaia d’Euro l’anno a fronte di un risparmio di poche centinaia d’Euro.

Terzo distacco

Il commercialista mi richiama, immaginando che la bottiglia di vino abbia lasciato in qualche modo un buon ricordo, trovandosi ad aver bisogno di un tecnico per il servizio di assistenza. Viene posto in coda alla lista dovendo io dare la priorità ai clienti che hanno creduto in me. La cosa non è di suo gradimento e mostra ancora di non comprendere come mai le cose per lui stiano volgendo in un turbinio di malfunzionamenti. Eppure lui sostiene di conoscere i mercati, l’economia del paese, ciò di cui abbiamo bisogno… e non si accorge che l’avidità gli sta portando via, piano piano, senza che nemmeno avverta lo spostamento d’aria, tutto il benessere di cui godeva in passato.

Mi chiedo: “Come può egli, soprattutto in ragione della sua veste professionale, non comprendere che se acquisterà presso un’impresa “professionale”, “fisica”, “storica”, appena avrà bisogno in qualità di cliente, dei professionisti si impegneranno per lui, mentre, al contrario, nessuna impresa perderà tempo nel seguire colui che porterà solo le cosidette “rogne” per poi, nel momento del dare, alimentare realtà a concorrenza sleale?”.

Conclusioni – Parte prima

Il succo della questione è che a fronte di acquisti sottovalutati, giustificati da un risparmio che si è mostrato poi “fittizio”, il soggetto di questa storia ha ottenuto da un lato un risparmio effettivo esiguo e, dall’altro, ha perso quantità considerevoli di denaro che hanno avuto un peso ben maggiore all’interno del suo bilancio. Inoltre è entrato a far parte di un circolo vizioso di cui non è cosciente: più si attacca a risparmi fittizi e più soldi sta perdendo perché si chiude attorno a sé stesso escludendo altri professionisti dal suo indotto i quali, a loro volta, possono fare a meno di lui.

Tra quelli che esclude ce ne sono alcuni che fanno la sua medesima scelta entrando anche loro nel medesimo circolo vizioso che sottrae loro ricchezza e la accentra in un unico leader (quasi globale) impoverendoli.

Altri invece scelgono di rimanere al precedente sistema, quello storico, tradizionale, quello su cui si è fondata l’Italia ed è cresciuta diventando nel dopoguerra una potenza mondiale (prima che venisse depredata della sua linfa che tanto faceva gola a chi non ci voleva ai vertici). Sono rimasti al metodo virtuoso facendo circolare il loro denaro tra uomini e donne di buona volontà, artigiani, commercianti, tecnici, professionisti, imprenditori e quei consumatori che, proprio perché vengono da lavori d’ufficio (solo in apparenza estranei a tale indotto), hanno in realtà a cuore valori come il capitale umano, il rispetto per le persone, per i lavoratori dipendenti, per i mestieri, e decidono di rivolgersi a imprese locali generando la ricchezza distribuita, quella dove l’Uomo conta, e non ricchezza accentrata dove l’Uomo è considerato alla stregua di un vecchio arnese senz’anima da sfruttare finché funziona.

Dove è stato il risparmio? Se anche tutti comprendessero queste righe, quanto ci vorrebbe prima di rimettere tutto in moto, far riaprire negozi, imprese, ricoltivare mestieri, rivitalizzare l’artigianato e le immense capacità italiane?

I miei migliori auguri per ottimi auspici a tutti conscio del fatto che, probabilmente, solo chi si rende conto di questi circoli viziosi si salverà dai turbinii economici che, in un modo o nell’altro, faranno volare via i tetti delle nostre sicurezze. Non c’è scampo, a meno che non li facciamo volare via prima noi comprendendo quanto sia semplice la spiegazione di ciò che ci risulta difficile vedere, o che non vogliamo vedere… perché fa male.

Chi saranno gli ultimi a capire?

Generalmente si tratta di coloro investiti meno direttamente dal problema o per i quali le ripercussioni si manifestano in un secondo momento come in un colpo di frusta. In questo specifico caso si tratta di coloro i quali attualmente percepiscono uno stipendio da realtà statali o che percepiscono almeno parte dei loro introiti tramite lo stato. Non offrendo prestazioni con scambio diretto di denaro con privati, non hanno attualmente gli strumenti per comprendere le profondità dell’Economia di Mercato. Tuttavia ne fanno parte, ragione per cui, pur in principio inconsapevoli, ne saranno coinvolti in pieno come tutti gli altri, probabilmente anche peggio non potendo loro operare delle articolate scelte indipendenti (ma qui si ritorna in una matematica molto complicata da esprimere in parole semplici).

La Matematica

La matematica e le conoscenze teoriche necessarie a comprendere a fondo questi meccanismi, così come i meccanismi legati all’acquisto di prodotti da mercati deregolamentati (ed a concorrenza sleale), o di servizi considerati “nuovi” di variegate tipologie, sono in realtà ben più complessi e renderebbero la lettura faticosa per non dire incomprensibile. L’esempio del protagonista, raccontato in questo capitolo, ha lo scopo di semplificare al massimo la comprensione della direzione che sta prendendo il paese o, meglio, l’Economia di Mercato.

Quando certi fenomeni saranno ben compresi da tutti sarà, naturalmente, troppo tardi per le masse. Probabilmente è così che cinicamente, o naturalmente, funziona: gli ultimi a comprendere o forse, più semplicemente, quelli che ignorano, pagano per tutti. La conoscenza degli strumenti permette di utilizzarli, il credo in favole che narranno di paesi dei balocchi sappiamo invece dove porta.

Se queste espressioni vi sembrano crude vi chiedo: “Avete mai visto un documentario dove un’orca preda le otarie?”. É la Natura che funziona così eppure le immagini ci appaiono crudeli e quelle povere otarie buone e indifese. Anche se lo sono, e le immagini ci turbano, la Natura lo prevede sia che noi lo comprendiamo o meno.

Dai numeri alle parole – Esempio 1

Mario vuole avere tutto.
Mario vuole avere tutto così come moltissime persone.
Mario ha un’attività o lavora per essa o offre servizi che vi gravitano attorno.
Mario vuole avere tutto anche se il potere d’acquisto è calato.
Mario persegue la strada più facile per continuare ad avere tutto.
Mario si illude di esser l’unico ad aver trovato la strada facile per avere tutto.
I clienti di Mario fanno lo stesso.
Il denaro non circola più intorno a Mario.
Il denaro non circola più attorno ai clienti di Mario.
Chi offre servizi pubblici non avverte in tempo che la chiusura delle attività li danneggerà.

Dai numeri alle parole – Esempio 2

Mario pensa di iniziare a comprendere.
Mario pensa che tanto, se lo fa solo lui, cosa vuoi che cambi?
I clienti di Mario pensano lo stesso.
Il denaro continua a non circolare attorno a Mario.
Il denaro continua a non circolare attorno ai clienti di Mario.
Chi offre servizi pubblici non avverte in tempo che per il pagamento degli stipendi aumenta il debito pubblico.

Dai numeri alle parole – Esempio 3

Mario e Giuseppina vogliono avere tutto.
Mario e Giuseppina vogliono avere tutto subito.
Mario e Giuseppina non hanno pazienza di costruire.
Mario e Giuseppina sono pieni di impegni.
Mario e Giuseppina diventano egoisti senza accorgersene.
Mario e Giuseppina dimenticano il mondo attorno.
Mario e Giuseppina si sentono giustificati.
Mario e Giuseppina acquistano allo sbando.
Mario e Giuseppina acquistano allo sbando e buttano.
Mario e Giuseppina trasformano il loro denaro in rifiuti che riempiono le discariche.
Mario e Giuseppina viaggiano su un treno in corsa folle privo di freni.
Mario e Giuseppina non si rendono conto che, anche se stanno seduti, il treno è in corsa.
Mario e Giuseppina fanno i confronti con le persone intorno.
Le persone intorno si comportano come Mario e Giuseppina.
Mario e Giuseppina si convincono di non perturbare l’ambiente esterno con le loro scelte.
Mario e Giuseppina perseverano.
Mario e Giuseppina vivono uno stato di malessere ma non ne comprendono l’origine.

Conclusioni – Parte seconda

Ma allora, se più risparmio e più divento povero, dovrei trovare un modo per spendere tanto? No. Assolutamente no. Semplicemente non ci serve tutto, semplicemente non dovremmo pensare di avere ogni cosa. Dovremmo pensare a cosa per noi è effettivamente importante in profondità, fare una o più scelte e perseguirle con cura lasciando scorrer via il confronto con gli altri. Dovremmo in sostanza evitare di riempire discariche di temi ignorati.

Continua…

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Prima raccolta: Svalutazione

Disse il Signor Michelin: “Non si dà valore a ciò che si ottiene senza pagare”
La distruzione del valore
Comprendere il valore
I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero zero (sul conto)
I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero uno (sul prodotto)
I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero due  (sul professionista)
Il piccolo imprenditore indipendente è espressione di libertà anche per il consumatore
Il professionista della prima maniera
Il tuo futuro è già noto?
Più risparmi più diventi povero
Cap 9 – In revisione
Cap 10 – In revisione
Cap 11 – In revisione

Seconda raccolta – Prossimamente (su versione cartacea)

Terza raccolta – Prossimamente (su versione cartacea)

Quarta raccolta – Prossimamente (su versione cartacea)

Prima estensione – Prossimamente (su versione cartacea)

Seconda estensione – Prossimamente (su versione cartacea)

Cit. Sen. John Sherman sulla promulgazione della prima legge antitrust statunitense, 1890.

Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 2: I colori dell’idrogeno

Rubrica: Automotive alternatvo

Titolo o argomento: Motori a idrogeno

Questo articolo segue da:
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La tecnologia corre e la gente non è realmente a conoscenza di quanto. Così anche se per molti il tema dell’idrogeno appare come una novità, un futuro probabile, possibile, in realtà per chi fa ricerca è un tema talmente vecchio che sono mutate persino le forme gergali con cui se ne parla nell’ambiente.

Oggi, nel tentativo di produrre idrogeno solo da fonti pulite, si è abbandonata una intuitiva classificazione basata su colori che potrebbe però risultare assai interessante per il lettore che ama conoscere più a fondo questo nobile tema.

L’idrogeno, il primo elemento della tavola periodica, il più semplice elemento della tavola periodica è l’elemento più diffuso nella nostra galassia, nel sistema solare.

Idrogeno bianco

Si tratta dell’idrogeno presente in natura, negli strati geologici, sotto forma gassosa (H2). Attualmente vengono operati rilievi per misurarne la fuoriuscita naturale in circa un centinaio di siti nel mondo. La comunità scientifica rileva sulla superficie terrestre leggere depressioni tendenzialmente di forma circolare (chiamate cerchi delle streghe) che hanno la proprietà di essere irregolari nell’erogazione dell’idrogeno ma allo stesso tempo non trascurabili. In prossimità di questi fenomeni la vegetazione spesso non sopravvive e si dirada.

Idrogeno blu

Si può ottenere idrogeno da un processo denominato Steam Reforming. Esso consiste nella produzione di un gas di sintesi (syngas) partendo da idrocarburi (in questo specifico caso “metano”) e vapore acqueo. Nel caso in cui le emissioni di CO2 vengano catturate e stoccate nel sottosuolo, grazie ad una tecnica denominata CCS (Carbon Capture and Storage), l’idrogeno ottenuto viene denominato “blu”. Nonostante si tratti di un metodo di produzione considerato neutro una parte dell’anidride carbonica prodotta, circa il 10-20%, non può essere stoccata.

In realtà la reazione che si ottiene usando come reagenti metano e vapore produce anche monossido di carbonio ma, portando il monossido di carbonio a reagire con ulteriore acqua, adottando un opportuno catalizzatore di ossido di ferro, si ottiene ulteriore idrogeno e anidride carbonica da catturare e inibire nel sottosuolo. Il processo è noto come “Reazione di spostamento del gas d’acqua (wgs, water gas shift)”.

Reforming primario

CH4 + H2O → CO + 3 H2 -191,7 kJ/mol (T=700÷1100°C)

Reforming secondario

CH4 + 2O2 → CO2 + H2O
2H2 + O2 → 2H2O
CH4 + H2O → CO + 3H2
CH4 + CO2 → 2CO + 2H2

Reazione di spostamento del gas d’acqua (wgs, water gas shift)

CO + H2O → CO2 + H2 + 40,4 kJ/mol (T=450°C)

Si evita così, con quest’ultimo passaggio, il pericoloso monossido di carbonio e si cattura l’anidride carbonica nel sottosuolo.

Idrogeno turchese

Si sta tentando di ricavare idrogeno (ma attualmente siamo in una fase sperimentale) dal gas naturale tramite un processo di pirolisi del metano che porti alla formazione di idrogeno gassoso e carbonio solido. L’idrogeno così prodotto è considerato a basso contenuto di carbonio.

Idrogeno rosa

L’idrogeno può essere prodotto anche per elettrolisi dell’acqua, ovvero tramite un processo elettrolitico nel quale il passaggio di corrente elettrica provoca la separazione dell’idrogeno dall’ossigeno. Quando l’energia che alimenta il processo proviene da una centrale nucleare (vedi in basso i Link correlati), l’idrogeno ottenuto viene classificato come idrogeno rosa. Questa soluzione apporta il vantaggio della produzione di idrogeno con basse emissioni di carbonio (emissioni che non provengono dall’elettrolisi, naturalmente, ma dall’estrazione dell’Uranio che alimenta la centrale) e porta al contempo lo svantaggio, non trascurabile, dei rischi più che noti che caricano l’altro piatto della bilancia.

Idrogeno giallo

L’idrogeno che è prodotto per elettrolisi dell’acqua alimentata da energia solare viene denominato idrogeno giallo. Come in ogni soluzione troviamo sia vantaggi che svantaggi. La produzione è estremamente pulita e si avvantaggia di energia che non “costa” e che altrimenti andrebbe sprecata: l’irraggiamento del Sole sulla Terra. In questo modo è possibile “dimenticare” che l’energia elettrica richiesta per produrre idrogeno è maggiore di quella restituita nel momento dell’utilizzo ad esempio all’interno di celle a combustibile.
Lo svantaggio è rappresentato dalla variabilità del meteo ma bisogna tenere conto di quali zone del pianeta si possono (vogliono) impiegare per la produzione di idrogeno nel momento in cui sul nostro territorio l’inverno limita drasticamente le possibilità.
I territori più adatti e vasti del pianeta possono produrre quantità oltraggiose di energia elettrica e di idrogeno senza ledere il paesaggio, l’agricoltura, le persone. Il discorso completo risulta assai complesso.

Idrogeno verde

Allargando il concetto di idrogeno giallo a tutte le fonti rinnovabili si ottiene la nomenclatura di idrogeno verde. L’elettricità per produrlo può essere ottenuta non solo dal sole ma anche dall’eolico, ad esempio, per non parlare dei moti ondosi che sembriamo ignorare e non voler sfruttare minimamente (vedi in basso i Link correlati).

Idrogeno marrone

L’idrogeno marrone viene prodotto dalla gassificazione di un carbone fossile proveniente da foreste esistite tra decine e centinaia di milioni di anni fa. Tale carbone prende il nome di Lignite. La lignite contiene quantità di ossigeno e idrogeno molto maggiori rispetto al carbone nero (voce di seguito). Il processo di gassificazione (atto ad ottenere syngas) risulta estremamente inquinante in quanto converte il materiale carbonioso in idrogeno (H), monossido di carbonio (CO) e biossido di carbonio (CO2) rilasciando però in atmosfera gli ultimi due.

Idrogeno nero

Allo stesso modo dell’idrogeno marrone viene prodotto l’idrogeno nero. La differenza sostanziale risiede nell’impiego di carbone nero (bituminoso).

Idrogeno grigio

Come già visto per quello blu si può ottenere idrogeno dal processo di steam reforming impiegando gas naturale anziché carbone. Se però l’anidride carbonica prodotta viene rilasciata in atmosfera, la nomenclatura passa a idrogeno grigio. La produzione di un chilogrammo di idrogeno può generare circa 9 chilogrammi di CO2.

Conclusioni

Attualmente il metodo più diffuso per produrre idrogeno è l’ultimo citato, quello che restituisce idrogeno grigio. Verrebbe da pensare sia quello in grado di sfruttare le rinnovabili, ovvero quello verde, ma… non è così. Però ci si sta lavorando e questa volta qualcosa sembra muoversi molto più che in passato.

Esporrò le mie modeste personali inclusive conclusioni nell’ultimo articolo di questa rubrica nella speranza di stuzzicare positivamente le menti più fertili dell’orizzonte contemporaneo.

Continua…

Video

Che cos’è l’Idrogeno verde? | www.youtube.com/watch?v=gEByrL5a27c

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Intro

Anche se attualmente non vi è una comunicazione chiara in tal proposito, forse per il timore (giustificato) di perturbare una delicata transizione, entro pochi anni il mercato della mobilità non sarà dominato dalle auto elettriche. Sebbene attualmente le vendite stiano gradualmente crescendo, si tratta in realtà di un prodotto introduttivo che aprirà a qualcosa di molto, molto più evoluto dal punto di vista fisico.

In passato scrissi un articolo che si intitola “Il futuro è ibrido” (vedi in basso i “Link correlati”). Per l’utente medio poteva essere difficile comprendermi in quegli anni ma, studiando dettagli tecnici approfonditi, era evidente che i veicoli a trazione puramente elettrica, per quanto strabocchevoli, affascinanti, puliti, interessanti, futuristici ed in grado di trasmettere al guidatore la sensazione nuova di essere a bordo di una astronave*, presentavano e presentano dei limiti che non affliggono invece i veicoli dotati di motore a combustione interna. Da ora in avanti considereremo i motori a combustione interna appartenenti a tre grandi varianti: quella puramente a combustione interna (che non è detto debba necessariamente essere alimentata da benzina, gasolio, gas metano o gpl), quella integrata nelle soluzioni ibride vere complete (capaci di due sistemi di trazione puri), nonché la variante integrata nelle soluzioni ibride range extender con motore a combustione interna il quale, in funzione di generatore elettrico, alimenta a regime costante un motore di trazione elettrico abbattendo la quantità di carburante impiegata dalla soluzione tradizionale con motore a c.i. collegato direttamente alle ruote (soluzione motore/generatore ampiamente diffusa da anni nel settore navale). Quest’ultima variante è disponibile oggi con alternative assai interessanti, e oltremodo pulite, che andremo presto ad analizzare.

I motori a combustione interna, pertanto, rimangono un punto di riferimento nonostante siano oramai vetusti e dotati di tecnologia più che matura, anziana, per non dire obsoleta. Essi, pur sempre capaci di un fascino puramente emozionale, e certamente secondario alle fondamentali priorità ambientali, permettono un piano di marcia notevolmente più semplice e consumi oramai irrisori (si può oggi tranquillamente arrivare ai 100 chilometri con un litro di carburante utilizzando tutta la tecnologia ibrida già disponibile).

Noi però sappiamo (perdonate la crudezza con cui solitamente osservo la realtà) che all’utente medio poco o affatto importa il tema dell’ambiente se non gli si offre l’equivalente di una caramella in cambio. Vuol sentire qualcosa di dolce, vuole servizi che ama credere siano in regalo, vuole risparmiare illudendosi che non ci saranno costi ad aumentare altrove per compensare quanto non ha pagato, vuole credere a tutte le sciocche semplificazioni a cui è solito credere nell’era attuale e fregarsene di tutto il resto. Vorrebbe persino, e questo è assurdo, assurdamente avido ed assurdamente stupido, arrivare a guadagnare sul cambio della vettura e sull’eventuale cambio della fonte di energia. L’utente medio attuale è folle, è viziato, è pretensioso e sciocco quanto basta da esser sufficientemente credulone. E tutto questo è possibile, nel momento in cui decide di dare il via ad un cambiamento, per l’intervallo di tempo industrialmente equivalente alla vita di una scintilla di saldatura che parte dall’emissione sino a quando tocca terra sulla superficie dell’ambiente in cui è stata generata spegnendosi.

*Sia per i sibili caratteristici delle diverse curve di accelerazione, sia per le sensazioni impresse sul corpo dalle accelerazioni stesse, sia per il silenzio che lascia importanti spazi di ascolto al rotolamento delle gomme.

Il problema dell’utente medio

Gli utenti delle auto elettriche, mediamente, sono a digiuno su tre aspetti fondamentali del prodotto: la profondità della tecnica (il prodotto sembra semplice ma… non lo è), il modo di utilizzo corretto (il prodotto sembra invincibile ed indistruttibile ma… non lo è) ed il modo di aver cura del prodotto (premiare e valorizzare il prodotto per il suo esteso potenziale).

Qualunque casa madre vi dirà che non sono punti importanti in quanto vengono semplificati agli estremi proprio per permettere all’utente di non avere preoccupazioni di alcun tipo ed accogliere la “nuova” tecnologia. Tuttavia solo quando un prodotto è largamente e opportunamente compreso dai clienti incontra finalmente un largo consenso. L’utente non lo deve vedere come un mistero. Deve percepire una sensazione di completezza quando ne parla, riconoscere che non ne capisce nulla ma che tutto sommato gli è chiaro quali siano i fattori in gioco. Il motore a c.i. è così: in pochi lo conoscono realmente a fondo ma tutti hanno assorbito in qualche modo cosa possiedono e cosa può e non può fare, cosa gli occorre, come si romperà, di cosa soffrirà…

Non si parla molto di quante persone siano rimaste deluse dai veicoli elettrici che ora costituiscono il largo bacino dell’usato. Così come non si parla molto del fatto che una buona parte dei veicoli rimessi prontamente in vendita non sono colpevoli di alcunché se non di un errato utilizzo da parte dei loro utenti. Molti sono coloro che hanno alimentato autonomamente non le proprie vetture ma la propria fantasia vaporizzando attorno ai sensi aspettative surreali mai promosse dalle case costruttrici. Utenti con influenze e suggestioni coltivate osservando il mondo del cinema dei supereroi e che non trovano connessioni solide con il reale se non tramite lo specchio delle proprie illusioni rafforzate dall’aspetto degli abitacoli e dai suoni di bordo.
In molti casi i veicoli sono stati utilizzati male, sollecitati troppo, scambiati per indistruttibili e privi di manutenzione, nonché per veicoli “sempre pronti” a fornire qualunque prestazione fosse richiesta. Ovviamente è una visione completamente distorta e con un lato troppo “bambino” emerso nell’uso del prodotto che aveva tutt’altro senso, tutt’altro scopo, tutt’altre funzioni.

La resa energetica

Malgrado gli aspetti tecnologicamente contrastanti e le ovvie difficoltà nel mettere in relazione nel modo corretto tecnologie ed utenti finali che risultano spesso digiuni sui tre punti fondamentali (ricapitolando: profondità della tecnica, modo di utilizzo corretto di un nuovo concetto di prodotto e modo di cura corretta del tale prodotto), avevo fatto ipotesi su una rotta che poi si è mostrata corretta (non è scontato, non sempre accade ciò che è tecnicamente logico). Ma non ero io ad avere ragione, era la fisica ad averne.

I veicoli a combustione interna godono del vantaggio di poter accumulare nei loro serbatoi grandi capacità di energia, ogni chilogrammo di carburante equivale a circa 12 kWh che, per serbatoi da 50 litri, si traducono in un potenziale energetico di circa 600 kWh per la comune benzina.

Naturalmente, però, va tenuto conto di un’altra fondamentale caratteristica fisica di cui si parla troppo raramente e, sovente, nel modo errato o di difficile comprensione per il comune utilizzatore: il rendimento. Un powertrain elettrico vanta un rendimento della macchina elettrica (dove per macchina elettrica si intende il solo motore di trazione) superiore all’85-88% mentre un motore a combustione interna, per quanto aggiornato ed efficiente, a fatica si dimena intorno al 25% effettivo tenendo conto delle condizioni climatiche non sempre favorevoli e spesso lontane da quelle ideali di progetto (per l’aspirazione, la combustione, l’eventuale sovralimentazione) e dello stato di manutenzione del veicolo nella media di un paese che arranca operando sui propri veicoli solo lo stretto necessario per passare la revisione (situazione ben lontana dal mantenimento nelle condizioni di efficienza). Va tenuto poi conto del fatto che il rendimento complessivo di un motore a combustione interna è frutto di una combinazione di rendimenti, ovvero: rendimento organico, termico e volumetrico (nei quali però non entreremo in dettaglio così da essere più scorrevoli).

Ora qual è il punto? Il veicolo ibrido vero (quello dotato di motore a combustione interna per l’uso in extraurbano e powertrain elettrico reale, completo, capace di garantire elevate autonomie nell’urbano in sola modalità elettrica e di essere ricaricato, abitazione o luogo di lavoro permettendo, da stazioni fotovoltaiche mediante presa plug-in) coniuga i vantaggi delle due modalità quando, per l’appunto, è un reale ibrido. Molti ancora oggi lo ignorano ma un reale ibrido ad elevato contenuto tecnologico è in grado di percorrere tranquillamente 60 km con un litro di carburante (e ancor di più riducendo le masse dei veicoli impiegando maggiormente i materiali compositi) sfruttando il supporto dell’elettrico e di una stazione fotovoltaica domestica sufficientemente bilanciata. Era quindi inevitabile che la soluzione ibrida fosse la migliore ed il futuro fosse pertanto “ibrido”. Niente tappe alle stazioni di ricarica da pianificare; niente arresti immediati del veicolo per guasti nell’una o nell’altra soluzione di trazione, la giusta praticità nei diversi percorsi senza perdere autonomie importanti e il gusto dominante di impostare tutta la tecnologia disponibile come un vestito che calza a pennello sulle proprie necessità di marcia, di lavoro, di divertimento.

La filiera mondiale tra le più vaste

L’assenza in futuro di soluzioni a (o derivate da) combustione interna è pura follia. Significherebbe distruggere intere enormi filiere globali di produzione di componentistica, accessori, minuterie, materiale di consumo e servizi dei motori alternativi: bielle, pistoni, alberi, bronzine, boccole, volani, frizioni, guarnizioni, sedi valvole, guidavalvole, prodotti chimici, testate, monoblocchi, cambi, ruote dentate, alternatori, sistemi di iniezione, accensione, sovralimentazione, distribuzione… Significherebbe che decine, centinaia di migliaia di aziende nel mondo con milioni di dipendenti nel 2035 chiuderanno definitivamente dando origine alla più grande depressione di massa di tutti i tempi. Ovviamente no. E questo le aziende lo sanno fin troppo bene (per la gioia di comuni utilizzatori, utilizzatori professionali e appassionati).

Ricordo ai lettori che se lo sono perso, l’articolo che raccontava loro come in realtà la prima auto elettrica sia nata alla fine del 1800 prima della prima auto a combustione interna (vedi in basso i Link correlati) e di come essa sia svanita dileguandosi per i medesimi problemi di oggi: la massa elevata delle batterie, la forte dipendenza da mercati troppo monopolisti per l’approvviggionamento delle materie prime per la produzione di tali batterie, la difficoltà di gestione di simili mezzi, l’aumento forte dei prezzi dell’energia elettrica naturalmente conseguente da una domanda spasmodicamente più elevata che per il solo consumo casalingo…

Pertanto come è virato il futuro ora? Sarà sempre ibrido? Sarà elettrico? Si adotterà una nuova tecnologia che ancora non conoscete? La risposta è sì, sì a tutto. Il futuro sarà ibrido, sarà elettrico e farà uso di una tecnologia che, sebbene sia allo studio da decenni, ancora non conoscete realmente in profondità: l’idrogeno.

I motori saranno ibridi con soluzioni idrogeno-elettrico (con  batterie molto piccole e molto gestibili lungo l’intera filiera) e la filiera del motore a combustione interna non sarà abbattuta, sarà fortemente innovata (e forse, normative permettendo, fortemente retrofittata) con importanti upgrade dell’hardware e delle normative di sicurezza in tal proposito. I motori avranno sempre alberi, bielle, pistoni, valvole e tutto quello che vi dà un gran gusto ma emetteranno semplicemente vapore acqueo allo scarico e avranno il supporto del motore elettrico ma con batterie molto più piccole, economiche, affidabili e di facile manutenzione e sostituzione.

Tutta la filiera della componentistica di manovellismo e distribuzione continuerà ad esistere ma impiegherà leghe più raffinate e sistemi di alimentazione che, volgarmente, solo per intenderci, assoceremo ai vecchi impianti a metano: bombole, sistemi di iniezione, di ricarica, di sicurezza…
Certo è che i motori a combustione interna non saranno più le prime donne del settore automotive ma parteciperanno con quote alla pari, e poi decrescenti, in un mondo ben più vasto di offerta tecnologica.

Le barriere da superare riguarderanno gli accordi a cui diversi paesi proveranno a non rinunciare e che vedevano come eterne le forniture di gas, così come i monopoli sulle terre rare necessarie alla produzione delle batterie. Le guerre che vedremo saranno per la gestione delle risorse naturali e solo chi sarà lungimirante saprà essere indipendente da “La storia che ritorna a farsi viva” (cambiano le ere, cambiano gli oggetti, ma i metodi son sempre quelli).

Un sogno impossibile

Se immaginate il mercato come un campo magnetico e il naso degli utenti medi come l’ago di una bussola, potremmo sostenere che la direzione verso cui puntano le masse è possedere un veicolo alimentato da un’energia che l’utente possa farsi da solo per non sostenere costi e girare liberamente quanto vuole e dove vuole. Sebbene si tratti di utopia, con l’elettrico il sogno sembrava più vicino che mai.

D’altra parte i veicoli elettrici peccano ancora per l’affidabilità delle numerose celle che li equipaggiano, ne bastano infatti poche difettose per danneggiare l’intero pacco batterie e creare problemi notevoli di ricarica, di erogazione della potenza e di affidabilità del sistema. Inoltre non aiutano le continue violente accelerazioni a cui molti utenti hanno sottoposto i propri veicoli elettrici per stupire gli amici. Fenomeni che hanno indotto degrado anomalo dei pacchi batterie per via delle intense correnti erogate, delle temperature operative e delle sollecitazioni alle quali sottoponevano l’elettronica di potenza. Fenomeno che ha dato origine ad un pubblico scontento che non ne vuol sapere di capire di aver fatto un uso scorretto del veicolo: prestazioni racing richiedono manutenzione racing. Richiedere prestazioni da competizione, infatti, implica una manutenzione altrettanto da competizione che, quando si è presentata la necessità, è stata omessa per contenere i costi di gestione del veicolo. Ciò ha generato non pochi problemi sulla fiducia dell’utente medio nei confronti dell’elettrico, ma questa fiducia è venuta meno senza considerare i tre fattori preponderanti che abbiamo già introdotto: l’ignoranza su come è fatto il prodotto, l’ignoranza sull’uso del prodotto e l’ignoranza su come va curato un simile particolare prodotto.

Inoltre quante persone dispongono (o possono disporre) di una casa singola dove sia possibile installare la propria stazione di ricarica fotovoltaica? Quante ritengono ancora importante investire nella proprietà privata dopo dodici anni di campagne volte a distruggere il valore degli immobili? Come si pensa di indurre l’utente ad essere responsabilmente green senza opportuni incentivi sugli impianti stand-alone che lo liberino, almeno in parte, da incrementi di spese di bollette privi di senso? Quanti utenti si sono accorti vent’anni fa che i costi degli incentivi dei primi impianti fotovoltaici gravavano su chi il fotovoltaico non ce l’aveva? Quanti invece si sono accorti che gli aumenti attuali sono volti a coprire le spese per le stazioni di ricarica e la nuova distribuzione e non c’entrano nulla con la guerra? Quanti si sono accorti che ogni volta che si cambia una fonte di energia in favore di un’altra non lo si fa mai per l’ambiente ma solo per un risparmio iniziale che si brucia subito non appena la grande massa verte compatta sulla nuova fonte andando ad incrementare la domanda e quindi i prezzi che rendono così la nuova fonte “non conveniente”? Quanti si sono accorti che sarebbero necessarie nuove celle per la trazione elettrica e che questa ricerca collide con accordi tra paesi non sempre in perfetta armonia economica tra loro? Quanti si sono accorti che perseverare sulla strada delle attuali celle elettrochimiche sarebbe insostenibile nel 2035?

Per non parlare dell’avidità di quegli utenti che fanno qualcosa solo se porta un vantaggio economico, poi come il Mondo va, va. Se cambi un metodo ci deve essere un motivo più nobile del denaro. Se tutti passerranno ad una determinata nuova energia, sarà proprio quell’energia ad essere la più costosa per via di semplici regole di mercato (domanda-offerta). Pertanto o le cose le studi e le fai da te nel periodo in cui nessuno le vuole e nessuno le capisce (e ci sono una manciata di uomini in grado di farlo), oppure sei costretto a pagarle care.

Al via la nuova rubrica sui motori a idrogeno

E’ con questa premessa che dò il via ad una nuova rubrica sui motori ad idrogeno che spero vi sorprenda positivamente. No non scomparirà l’amata auto a scoppio, il suo rombo e la sua complessità meccanica da mettere a puntino nel desiderio agonistico di raggiungere prestazioni da cavallo di razza e no, non scomparirà un’altra volta la soluzione elettrica (come accadde a fine 1800) che negli ultimi anni ci ha rapito per le sue fulminee accelerazioni ed i suoi sibili da astronave con un ritorno per i pedoni all’aria pulita,  il silenzio, la “pace” e la tranquillità nel vivere i centri delle città e dei numerosi affascinanti paesini di cui è ricca la buona vecchia signora Italia.

Continua…

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Il futuro è ibrido
E’ nata prima l’auto elettrica o l’auto con motore a scoppio?

Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 1: Considerazioni grandangolari
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 2: I colori dell’idrogeno
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 3: In revisione
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 4: In revisione
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 5: In revisione
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 6: In revisione
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Tra le masse le persone che tentano di argomentare vengono derise

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Chi ha studiato a fondo è più mite, imparziale ed equilibrato, chi non conosce e non capisce troppo facilmente beffeggia

TRA LE MASSE LE PERSONE CHE TENTANO DI ARGOMENTARE VENGONO DERISE. UNA SEMPLICE OSSERVAZIONE PARTENDO DA UN VIRUS ROGNOSO, PASSANDO PER L’E-COMMERCE MASSIVO CHE STA DISTRUGGENDO IL NOSTRO PAESE, PROSEGUENDO CON UOMINI IN VISTA PRIVI DI CONTENUTI, IL DUBBIO E LA FEDE. Con una citazione cardiotonica tratta da Luciano De Crescenzo.

Virus, questo sconosciuto. L’Uomo moderno “stressato” non ha memoria

Sul web le persone che tentano di argomentare vengono derise. Vi è una forte suddivisione bipolare, ad esempio, che vede da un lato i sostenitori a spada tratta della divulgazione dell’informazione di massa sul Covid-19 e dall’altra i negazionisti. Qualunque spiraglio di argomentazione equilibrata nel mezzo, qualunque riflessione o tentativo di approfondimento è spunto di derisione da parte di persone che, nella paura della loro spropositata ignoranza e superficialità, si schierano a partito preso, con totale pienezza, sulle spalle dei giganti. Nel dubbio, sai… non si sa mai.

Ma se leggete i testi di Scienze, della Storia delle Scienze, sono innumerevoli i casi in cui si è dovuto fare un passo indietro e correggere, affinare, rifare o, persino, ripensare da capo un assunto. Se leggete la storia dell’Uomo infiniti sono i casi in cui l’ignoranza ha fatto affiliare le menti ad enormi cantonate. Ne è piena la storia della Fisica, della Chimica, della Matematica, della Biologia del corpo umano, dell’Astronomia, della Fisica delle Particelle…

Per citare un esempio chiaro, pratico, recente, privo di ipocrisie ed eufemismi, la Neurogenesi. Un tempo si pensava che il cervello smettesse di produrre neuroni dopo la nascita, appena consolidatosi. Venne fuori poi, nel 1998, che nell’ippocampo “qualcosa” è invece attivo anche in età adulta: le staminali presenti in una regione dell’ippocampo. Vi furono poi ulteriori conferme ma, come potete immaginare, non mancarono anche le controversie. Vi fu, infatti, chi tentò di dimostrare che i neuroni di un adulto sono minori in quantità rispetto a quelli di un bambino. Ma si dimostrò l’esistenza di un processo, definito “potatura sinaptica”, che tende a interrompere le connessioni con i neuroni inutilizzati al fine di ottimizzare il funzionamento del cervello, la capacità di elaborazione, la memoria nonché il risparmio energetico (il cervello è energivoro). Allora si andò a verificare la “giovinezza” delle cellule neuronali presenti e si contestò nuovamente la teoria che però dovette prendere in considerazione anche che molecole come il glutammato ed il cortisolo (vedi in basso i link correlati) eccessivamente presenti nella società stressata di oggi diventano fortemente nocive per il cervello arrivando ad atrofizzare, almeno parzialmente, l’ippocampo. Chi ha ragione? Chi può esprimere certezza definitiva? Per questa ragione gli “obblighi” sono umanamente sbagliati a prescindere da chi abbia ragione (al momento).

E invece riflettere e argomentare fa bene alla salute della popolazione in generale. Fa bene alla mente. Quanti di quelli che deridono o giudicano sanguignamente hanno mai aperto un libro in più? Quanti hanno mai consultato un ricercatore? Quanti hanno sentito la versione di più di un medico e non solo la versione del “Dò retta a colui che afferma quel che voglio sentirmi dire”, quanti?

Ho ascoltato decine di medici, infermieri, ricercatori anche sul tema Covid-19. E tutti, dico tutti, al di fuori dei social e dell’intervista televisiva, si sono sbilanciati in loro riflessioni. Riflessioni che molto spesso erano distanti pur nel rispetto del diverso pensare del collega. Riflessioni che abbracciavano un’intera gamma cromatica e non solo due colori distinti opposti. Molti hanno avuto la maturità ed il coraggio (privatamente) di dire la frase più importante: “Non lo so”. Li ho apprezzati, non li ho derisi. Ho apprezzato i loro spunti le loro comparative con altri fenomeni a partire dalla Spagnola, i loro riferimenti alle Neuroscienze, alla Biologia Molecolare, alla Genetica, alla Virologia, utili per ragionar su, non di certo per deridere.

Chi desidera ragionare non deve essere assimilato ad un folle negazionista. E’ invece una persona che vuole capire. Oggi tentare di capire è diventato oggetto di derisione da parte di stolti che non hanno il coraggio di ammettere, come invece sa fare un medico con decenni di esperienza, il semplice “Non lo so”.

E-Commerce massivo

Stesso dicasi per il fenomeno dell’E-Commerce massivo che sta distruggendo la piccola e media impresa italiana. Non mi sono limitato ad osservare i dati di cui dispongo tramite il mio lavoro e quello dei miei colleghi, i famosi dati che potrebbero “farmi comodo” perché sostengono le mie teorie. No. Sono andato oltre arrivando fino alle precedenti amministrazioni del leader di settore dell’E-commerce massivo, fino ai report più approfonditi, fino all’Istituzioni pilastro per questo paese che hanno combattuto (e stanno combattendo) gravi casi di evasione fiscale proprio da parte dei giganti che operano sul nostro territorio. Sono andato oltre arrivando fino ad interessanti libri che, se volete, potete trovare in tutte le librerie perché non è stata fatta alcuna censura sul tema. Affinando la ricerca fino alle leggi emanate dai Governi per porre delle regole ai concorrenti sleali. Sono risalito a testimonianze di grandi marchi come Nike ed altri big dei settori di alta qualità che hanno “negato” ai “top seller sleali” la possibilità di vendere i propri prodotti con circuiti non approvati. Ed ho raccolto una mole di dati impressionante che conferma l’attività non corretta da parte di chi ambisce al monopolio, al controllo totale del commercio con i danni conseguenti che sta apportando al nostro paese.

Un indizio che potrebbe destare la vostra curiosità potrebbe essere, forse, la ricerca di libri come ad esempio quelli scritti da un certo Martin Angioni (professionista affermato che parla con cognizione di causa di temi sui quali ha una notevole competenza) e delle innumerevoli ramificazioni a cui potete accedere da soli dando vita ad una vostra personale ricerca.

Eppure la massa adesso vuol vedere solo ciò che fa loro comodo, solo quello che la loro avidità gli detta. Più in là avranno modo di capire ciò che oggi non vogliono sentire e ci passeranno in prima persona, ma ora non roviniamogli la festa. Lasciamoli deridere gli altri, lasciamoli privare di valore ciò che a loro avviso lo merita e osserviamo come reagiranno quando capiranno, se capiranno, quando negheranno, quando nel futuro prossimo affermeranno di aver acquistato solo due cianfrusaglie “innocenti”.

L’Uomo in vista che dopo lo scandalo è rinnegato

Un po’ come quando il “capo carismatico” del momento è sostenuto da tutti e poi rinnegato, abbandonato, gettato via dagli stessi che han preteso di salire sul suo carro quando era vincente. Quante sono le persone che conoscete che hanno sostenuto personaggi, poi risultati meri opportunisti, nei primi tempi in preda al sogno effimero di imitarne le speculazioni imprenditoriali e arricchirsi con leggera semplicità? Poi ovviamente, con chiunque si parla a sipario calato, nessuno sa niente, nessuno l’ha sistenuto. I social, poi, hanno peggiorato le cose grazie ad uno schermo protettivo che deforma piccoli agnellini a possenti felini. Tutto detto e tutto dimenticato o, peggio, rinnegato, prima che il fulmine tocchi terra.

Diceva il grande Luciano De Crescenzo

“Questo è il bene e questo è il male. Il bene è il dubbio; quando voi incontrate una persona che ha dei dubbi, state tranquilli, vuol dire che è una brava persona, vuol dire che è democratico, vuol dire che è tollerante. Quando invece incontrate questi qui, quelli che hanno le certezze, la fede incrollabile, allora state accorti, vi dovete mettere paura, perché, ricordatevi quello che vi dico, la fede è violenza, la fede in qualsiasi cosa è sempre violenta”.

Ci tengo a precisare che la fede citata da De Crescenzo la vedo più come una fede ottusa, quella massiva e inanimata della storia. La stessa dei sostenitori che montano sulle spalle dei giganti, per intenderci, la stessa dei negazionisti, la stessa dei bigotti, la stessa degli ignoranti (dove per ignorante si può intendere anche la persona con quattro lauree che però è chiusa, non costruttiva, di mentalità vincolata e fortemente dogmatica, arrogante e prevaricatrice e dove il saggio può essere anche il vecchietto in cima alla montagna che, dopo una vita, vede tutto limpido…).

Personalmente ho la mia Fede, la Fede del mio animo, che riguarda me, che non necessita l’imposizione sugli altri, avverto la presenza di una veglia su di me, della Natura, di un Universo molto più complesso di quanto osiamo immaginare, che non mi so spiegare, di un Padre una Madre architetti della vita, dell’Universo strutturato anche tramite la nobiltà della Matematica, e delle Scienze tutte, come unico risvolto percepibile di qualcosa di più grande e non descrivibile. Dalla sezione Aurea, alla Matematica dei Frattali di Mandelbrot, al concetto di Infinito, passando per la Fisica Quantistica, fino alle Macchine Molecolari, ci vedo qualcosa di più del caso, del semplice caso. Nel musetto del cane, al parco, che si appoggia sulle mie gambe quando sono triste e nemmeno mi conosce… in quel batuffolo di peli ci vedo qualcosa di più del frutto di un caso. Nelle intuizioni, nelle sensazioni che una madre ha con il proprio neonato… ci vedo molto, molto di più di un Universo nato per caso.

Gli credo anche senza prove e, forse, proprio per questo, di prove ne ho avute. Ma la mia Fede si accompagna al rispetto, al libero arbitrio, all’apertura mentale, al dubbio, appunto, che per ognuno di noi tutto sia diverso e per ognuno di noi tutto abbia il proprio motivo, il proprio percorso. Ragione per cui non esistono risvolti violenti nella sincera fede dell’animo. Unico appunto che mi sento di dover fare al Professor De Crescenzo con cui, purtroppo, non posso aver modo di intraprendere un piacevole dialogo che porti sul tavolino del Thé i nostri rispettabili dubbi.
Non credo invece nei massacri della storia, nelle sue economie, né tantomeno nel bigottismo anche se personalmente risvolti violenti ne hanno avuti in passato, nella storia, ma oggi, penso, spero (forse illudendomi), non più.

Così, tornando a noi, mi chiedo: “Perchè mai la mattina mi apro qualche minuto alle convinzioni dei miei amici e trovo racconti di gente che deride ipotesi fatte da esperti senza aver nemmeno tentato di studiare l’argomento e averlo approfondito per vedere se tali esperti dicono castronerie o ipotesi sensate?”. E ancora: “Come mai oggi, che ci definiamo evoluti, le prese in giro mettono così tanta paura da far schierare subito tutti quelli che si sentono da meno in favore dei giganti?”. E’ probabile che siano solo stupidi? Alcuni nascono Border Collie, altri pecore, greggi di pecore, altri pastori, altri cacciatori…?

Siate equilibrati

Quanto sostenuto in questi esempi è solo a scopo chiarificatore di concetti che altrimenti sarebbero troppo astratti. Potete applicare forme di equilibrio con calma e misurata calibrazione ad ogni tema caldo di ogni momento storico. Io mi guarderei bene dal credere alle definizioni drastiche, agli obblighi drastici, perché potrebbero nascondere facce che non avevate considerato.

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Cit. elegantemente vernacolare, Luciano De Crescenzo