I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero zero (sul conto)

Rubrica: La tetralogia della povertà. Svalutazione – Parte 4a

Titolo o argomento: Come si diventa poveri oggi e soprattutto… perché

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Il pensiero zero (sul conto)

“Tutto quel che non sfoggio preferirei non pagarlo!”. Lo pensa ma non lo dice colui che, assetato di vanità e di avidità, si prodiga e si contorce alla volta di un labirinto spinoso di autoscuse con cui vorrebbe giustificare la sua partecipazione alla disfatta del lato sano del mercato.
Egli acquista “a rimedio” tutto quel che gli occorre, cose di tutti i giorni invisibili a chi lo circonda, cose che chi è in ammirazione non è chiamato a vedere, non può vedere o ne ignora la provenienza: manodopera scorrettamente declassata per sua imperizia, prodotti a concorrenza sleale, prodotti da mercati deregolamentati, prodotti sommari di bassa qualità per i quali poi si va a pretendere un’assistenza ancora più economica, prodotti visti e provati nei negozi e poi acquistati su internet presso i mercato-demolitori a prezzi d’occasione grazie a sfruttamenti di personale che occhio non vede e cuore non duole, prodotti da grossi siti di e-commerce centralizzati che distruggono attività lavorative sane che erano solite mettere in circolo il denaro nel nostro paese anziché esportarlo e concentrarlo su una figura unica sostenuta dal governo che gli ha permesso di invadere l’economia globale (Scheda esempi, Tab A, Es. 1 – Solo su versione cartacea – Prossimamente ), oggetti domestici o di lavoro, beni, utilità.
Poi prosegue: “Mi basta trovare un colpevole, un uomo, un lavoratore che abbia commesso anche solo un piccolo errore veniale per giustificare e pulire la mia coscienza con riflettori ottici che nascondano bene a chi osserva macchie che in realtà mai sono state rimosse: le attività che ho tradito, messo in crisi e fatto chiudere”.

Viceversa posso accettare di alimentare fenomeni economici balordi (Scheda esempi, Tab A, Es. 2 – Solo su versione cartacea – Prossimamente) se mi fanno quei grattini sotto al mento mentre ritirano la mia anima per riconsegnarmela ancor più splendente (perché me la riconsegnano vero? Me l’hanno promesso proprio loro, quei martiri che si alzano la mattina e si fanno in quattro per regalarmi comodità e sfizi imperdibili).
L’automobile sono convinto mi faccia sembrare chi vorrei essere, chi non sono? Rafforza  il mio narcisismo*?”. Se ha uno di questi effetti osservabili, che ne sia consapevole o meno, che ne abbia l’intenzione o meno o che abbia ottenuto l’effetto positivo o negativo una cosa è certa: se mi offre un risultato che è visibile agli altri allora rateizziamo, noleggiamo, impegnamoci gravosamente ed indebitiamoci per raggiungere il fine. Qualunque sacrificio illogico e insostenibile, qualunque rinuncia o impegno economico non saranno mai un limite invalicabile.

Si tratta invece di qualcosa che fuori non si vede? Allora nessuno lo saprà mai che non paghiamo l’artigiano, il tecnico, l’operaio, il professionista, che clicchiamo su siti web di giganti monopolisti mieti-economia e mettiamo nel carrello, pronti per la spedizione massiva, ondate di merci che uccidono senza pietà alcuna uomini e famiglie le quali, per far parte di quegli spietati sistemi, son costretti a pagare un pizzo 2.0 creando anche loro un account per la loro azienda proprio lì, dal nemico, pagandogli lo scotto di costi di inserzione, costi sul valore finale del prodotto venduto, commissioni sui pagamenti elettronici, abbonamenti di corrieri di proprietà dell’e-commerce massivo e canoni mensili al fine di avere accesso alla centralità in cambio di una sembianza di partecipazione civile al gioco della distruzione del valore dei mestieri.  L’accesso alla centralità a costo dell’ennesima usurpazione che si accorpa nel mostro tumefatto e rigonfio di more, interessi, cartelle, tasse, sanzioni, spese, spese, spese che non rendono più fattibile, realizzabile, sostenibile, la libertà di una propria ditta, la libertà di ritrovare dignità nel proprio mestiere.

E se non basta ancora, perché mai impegnarsi a pagare il conto del falegname, dell’idraulico, dell’elettricista, del muratore, del tecnico degli elettrodomestici, del fornitore di un prodotto, dell’architetto, del perito, del malcapitato professionista? Allora rimandiamo, chiediamogli uno sforzo, uno sconto insostenibile, rinunciamo, manchiamo al nostro impegno, proviamo a non pagare, troviamo scuse, mortifichiamolo, rimandiamo ancora… tanto fuori non si vede, quindi non è prioritario. Tanto i vicini che ne sanno, gli altri che ne sanno, chi guarda il macchinone che ne sa?

Ci fosse un social network dove i lavoratori possono postare le foto dei clienti che da te vengono a farsi spiegare un prodotto per poi andare sicuri ad acquistarlo sul sito web dell’e-commerce massivo ed accentratore, dove possono postare le foto dei clienti non paganti, dei datori di lavoro non paganti o di quelle persone che pagano dopo numerosi richiami e dopo aver elargito indebitamente mancanze di rispetto a profusione, allora coloro che non hanno rispetto per i mestieri ci porrebbero la stessa assortita attenzione che ripongono nelle apparenze del loro mondo fittizio. Altrimenti… “sta brutto”.

*Accresce l’effetto di qualcosa che, consapevoli o meno, si potrebbe essere realmente? Insomma, nel bene o nel male mostra una persona al grande pubblico per come realmente si comporta (spesso involontariamente come accade per i prevaricatori) o per quel che vorrebbe far credere di essere? Compensa un disagio sociale, una debolezza, una situazione difficile?

Continua…

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Shhh, non si dice… è una forma di violenza sulle persone, sui mestieri, sulla dignità ma, scherzi? Non si dice!
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