C’è una galassia persino in un piccolo barattolo di china

Rubrica: Il fantastico mondo della comunicazione, Narrativa

Titolo o argomento: Tradurre il significato di eventi eccezionali e scoprire gli stimoli positivi e gli enormi benefici nascosti in essi | Prologo che apre ad una preziosa risorsa d’impresa

Quando senti il richiamo di una persona, una situazione, una scelta, un cambiamento… ma non capisci il perché e provi timore nel fare i tuoi passi, allora un rito di passaggio ti attende. Tanto più è vasto e bramante il timore e tanto più è importante quel passaggio e il messaggio che esso porta con sé. E’ molto difficile capire, ci vuole una gran sensibilità, una profondità interiore, il desiderio della scoperta, di esplorare oltre e di esser pronti a capire cose tutt’altro che intuitive. L’Universo ci nasconde in bella vista dei codici, dei messaggi, dei compiti, delle forme di comunicazione ancestrali. Devi solo chiederti: “Voglio rischiare che la realtà con le sue imperfezioni intacchi i miei sogni perfetti? Voglio davvero conoscere la verità? Voglio davvero scoprire quella dimensione coassiale del reale che mi accompagna ogni giorno e che stento a vedere alimentando un’ansia latente?”.

Quando queste sensazioni sembrano confonderti e persino inquietarti nella loro tenacia, hai raggiunto uno stato di tensione limite in cui devi trovare il coraggio di lasciarti andare, riposare, respirare profondamente, sentire quel che intorno a te è arrivato a fare un gran rumore pur di farsi ascoltare nel tuo trambusto quotidiano; rallentare il battito, sentirlo piano, rilassarti, ritrovarti, dedicarti a te, lasciar scorrere quel che non volevi farti passare dentro dalla testa ai piedi, o collasserai come una struttura che si rompe sotto un carico che non è fatta per sopportare.

Un rito di passaggio ha tutta l’eternità e non c’è rabbia, sordità, cecità, indifferenza che tenga. Se vuoi provare la libertà non devi fuggire dalle cose che ti succedono, devi immergerti in esse, affrontarle dalle viscere, scoprirle, conoscerle… ogni timore si dissolverà in un tempo che l’uomo non sa nemmeno quantificare. Ogni cosa in natura ti darà la sua spiegazione purché tu sia disposto ad ascoltarla.

Per un infinitesimo il tuo Universo si fermerà, muterà, passerà oltre e ripartirà senza che la percezione comune se ne sia accorta. Un tempo spasmodico per gli altri sarà infinitesimo per te. Succede ogni giorno, in ogni posto, ogni volta che si decide di affrontare i propri esami anziché marinarli imputando la colpa a scuse che si spengono frivole come scintille pirotecniche.

Il tratto di inchiostro si posa sulla carta che, per capillarità, ne aspira schegge invisibili ad un primo sguardo. Così come il movimento elettrico del tratto si nasconde davanti ad uno sguardo superficiale, quello che abbiamo dentro non affiora coperto dal frastuono del quotidiano. Eppure è lì. C’è una galassia persino in un piccolo barattolo di china.

Raffaele Berardi : )

Queste righe? Un prologo…

Queste righe sono il prologo di apertura ad una approfondita rubrica che vi racconterà, spero in modo coinvolgente, attraverso preziose risorse nonché minuziosi dettagli, le difficoltà attraversate a seguito di singolari slealtà subìte negli ultimi due anni e mezzo. La sussistenza di intervalli di conoscenza e non conoscenza del terreno di scontro possono forgiare ulteriormente, anziché annichilire, una persona che ha desiderio di imparare, di maturare, di crescere. Negli ultimi due anni e mezzo ho combattuto contro pesanti slealtà alle quali ho risposto colpo su colpo evolvendo gradualmente metodi che impiegano la potenza dell’avversario contro di esso. Per certi versi in modo similare al Jujutsu. Per altri versi, secondo principi che potremmo definire di fertilità (perché rendono l’Uomo, l’estroso, l’artigiano, il combattente più prolifico se perde e fa propria la sconfitta trasformandola in quello che vedremo), in modo similare ad un saggio filosofo che ogni giorno ha l’onore di potersi affacciare alla finestra che permette di ammirare come funziona la creatività.

Diventare più in gamba, più solidi, più affermati rispondendo alle sollecitazioni

Scrivo queste righe stimolato da eventi eccezionali che in un primo momento pensavo mi stessero sormontando e, invece, mi hanno aperto ventagli di ramificate possibilità di vivere ancora più intensamente, con maggiore successo professionale, conseguente soddisfazione personale e una notevole affermazione dei miei progetti d’impresa che, sono giunto a comprendere, ho iniziato a consolidare maggiormente proprio a partire dal momento in cui mi sono occorsi imprevisti che, fosse stato per me, avrei ingenuamente evitato.

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Il Prologo

C’è una galassia persino in un piccolo barattolo di china

Il saggio – Il titolo verrà mostrato quando sarà pubblicata

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Sempre di pià: Viaggio dentro le proprie progressioni
Pensiero, ragione, presa di coscienza, paura…

Dal volo supersonico alla Teoria della Relatività Ristretta attraverso nozioni amichevoli, intuitive ed una improbabile simulazione. Parte 2B – Cenni di Fisica, Aerodinamica e affini

Rubrica: Matematicamente Fisicamente Logicamente | Vehicle,  Aircraft & Spaceships Sim

Titolo o argomento: Dal volo supersonico alla Teoria della Relatività Ristretta di Einstein semplificando le nozioni fisiche per conoscerne la bellezza

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Aspirare aria motore in condizioni subsoniche

Il Concorde era dotato di quattro propulsori turbogetto (con postbruciatori), più precisamente quattro Rolls-Royce / Snecma Olympus 593. Questo tipo di motori a reazione può ricevere aria in aspirazione solo a velocità subsoniche quindi minori di 1 Mach. Tentare di immettere aria all’interno delle prese a velocità supersoniche (o addirittura ipersoniche come nella nostra simulazione ludica) avrebbe portato all’ingestibilità del flusso con generazione di onde d’urto incontrollate, raggiungimento di temperature elevatissime che richiedono materiali dedicati, rapida usura dei motori, possibili rigetti dell’aria stessa con conseguente impossibilità di aspirare comburente e bruciare combustibile. Questo significa che, al di là della nostra simulazione ludica spropositata in regime ipersonico a ben 8,5 Mach (effettuata per gioco solo grazie ad una gradita “anomalia” del sim),  il volo alle sole (si fa per dire) condizioni supersoniche sarebbe stato comunque impossibile da effettuare con quei motori. Ciononostante il Concorde era in grado di volare a più di due volte la velocità del suono. Come era possibile?

Premessa 1: La velocità del suono

La velocità del suono, ricordiamo, varia in base alla quota di volo poiché, in base alle altitudini, variano a loro volta le condizioni atmosferiche e quindi del fluido: temperatura, pressione, densità e viscosità dinamica dell’aria*4.

Il Numero di Mach è una grandezza adimensionale che indica il rapporto tra la velocità di un oggetto in un fluido (espressa ad esempio in m/s) e la velocità del suono nel medesimo fluido sotto le medesime condizioni. Il rapporto annulla le unità di misura che devono essere sempre rigorosamente le stesse (mi rivolgo agli appassionati meno abituati ai calcoli) rendendo di fatto la grandezza adimensionale.

Ad esempio nella stratosfera a 18.000 metri di altezza (limite massimo raggiungibile dal Concorde), ad una temperatura di -57°C, la velocità del suono vale circa 297 m/s (ovvero circa 1069 km/h). Pertanto se sto volando a 605 m/s (ovvero 2179 km/h) mi trovo a 2,03 Mach.

*4 Vi sono apposite tabelle che indicano le proprietà dell’atmosfera alle diverse altitudini. Il Concorde poteva volare ai limiti tra la troposfera e la stratosfera.

Premessa 2: Inversione delle condizioni fisiche del fluido

Più avanti con la lettura potreste chiedervi: “Ma se riduco la sezione di passaggio del fluido la velocità aumenta e la pressione diminuisce, perché allora ridurre la sezione di passaggio delle prese d’aria dei motori a velocità supersoniche?”. Perché a velocità supersoniche, potremmo affermare con le dovute cautele, tali condizioni si invertono. Per semplicità riassumiamo come segue.

Regime subsonico: quando l’aria è subsonica, se una sezione di passaggio si riduce (condotto convergente), la velocità dell’aria aumenta e la pressione diminuisce.

Regime supersonico: quando l’aria è supersonica, se la sezione di passaggio si riduce (condotto convergente), la velocità dell’aria diminuisce e la pressione aumenta.

Molti altri si chiederanno a proposito dei fluidi: “Ma veramente quando vado a tappare parzialmente l’uscita della cannella dell’acqua aumento la pressione!”. Sebbene tutti abbiamo pensato in questo modo almeno una volta nella vita, in realtà il getto che vedete invigorirsi si invigorisce perché aumenta la velocità del fluido non la pressione la quale, anzi, diminuisce se utilizzate il vostro dito come tappo parzializzatore. Ne trovate dimostrazione sui testi di “Dinamica dei fluidi” (per avvicinarvi a tali calcoli, senza impazzire con strumenti matematici che richiedono un approccio metodico complesso, potete cercare questi argomenti nei testi di Fisica per gli Istituti tecnici).

Fondamentale, direi propedeutica, è senza dubbio la comprensione di concetti quali i “Principi di conservazione” (della massa, dell’energia, della quantità di moto…) e la comprensione delle diverse condizioni che si presentano quando un fluido è incomprimibile (come l’acqua) o comprimibile (come l’aria in un compressore). Al termine di questa rubrica inseriremo nelle conclusioni indicazioni per i percorsi teorici di studio affini a questi temi.

Premessa 3: Inversione dei controlli in regime transonico

Ulteriore premessa di cui tener conto va posta sull’inversione dei controlli in regime transonico. Questo fenomeno si verifica a cavallo tra la velocità in regime subsonico e la velocità in regime supersonico e comporta una risposta anti-intuitiva dei controlli. In sostanza il velivolo, in questo transitorio, restituisce risposte diverse – inverse rispetto ai comandi impartiti. Il pilota in questa fase viene notevolmente assistito dai computer di bordo, inoltre si genera ulteriore spinta, mediante i post-bruciatori (con conseguente notevole consumo addizionale di carburante), per rendere questa transizione il più breve possibile.

Esasperazione della tecnica: Aspirazione a geometria variabile

Per permettere al Concorde di volare in regime supersonico, facendo al tempo stesso entrare aria nei motori in regime subsonico, fu concepito un assieme di cinematismi composto da alette e porte (vedi gli schemi proposti) che costituiva un peculiare sistema di aspirazione a geometria variabile della lunghezza di ben 3,5 metri. Questi dispositivi sono posti all’interno delle prese d’aria dei motori. Il loro scopo è quello di modulare il flusso d’aria in ingresso per variarne la velocità  e controllare i fenomeni che hanno luogo nel repentino passaggio dal regime supersonico a quello subsonico, primo tra tutti la formazione di “onde d’urto” o “shock wave” (che sono perpendicolari al flusso, vedi gli schemi proposti). Durante questo rapido passaggio si verifica una trasformazione solamente parziale di energia cinetica in energia di pressione perché tale fenomeno è fortemente dissipativo. Nello schema proposto è possibile osservare la disposizione dei vari organi.

La geometria variabile delle prese d’aria dei motori permetteva di ridurre progressivamente la velocità dell’aria in aspirazione. L’aria così raggiungeva i compressori a velocità subsonica mediamente attorno a 0,5 Mach anche quando il velivolo viaggiava a due volte la velocità del suono.

Nelle prime versioni prototipali del Concorde il controllo delle alette e delle porte delle prese d’aria era di tipo analogico ma si insistette molto per progettare un sofisticato sistema elettronico al fine di rendere il velivolo estremamente controllabile e sicuro in ogni situazione. Vi era una configurazione specifica persino in caso di guasto di un motore a velocità supersoniche dove, altrimenti, l’improvvisa mancanza di spinta avrebbe innescato squilibri di intensità tale da distruggere l’aereo prima che i piloti potessero rendersene conto.

A livello progettuale le prese d’aria del Concorde rappresentavano la parte più critica dell’intero gruppo propulsivo. Il loro corretto funzionamento, con tutte le onde d’urto nelle posizioni corrette, era responsabile per ben il 63% della spinta positiva netta del propulsore. Questa raffinata soluzione di gestione avanzata dell’aria permetteva al Concorde di viaggiare a Mach 2 senza l’impiego continuo dei post-bruciatori (con un notevole risparmio di carburante).

Si trattava di una soluzione di tipo adattivo che permetteva di ottenere ad ogni velocità, e condizione di volo, il corretto flusso d’aria immesso nei compressori alla corrispondente velocità ottimale. La configurazione ottimale doveva in ogni caso essere orientata alle velocità supersoniche per questo, sebbene le prese d’aria esternamente potessero sembrare tutte uguali, in realtà erano orientate ognuna lungo le differenti linee di incidenza dei flussi di ingresso. Durante il volo a velocità supersoniche ciò produceva le condizioni ottimali di ingresso dell’aria; tuttavia durante il decollo si generavano effetti diversi di vibrazione sulle giranti dei quattro motori.

Esasperazione della tecnica: Alette e Porte

Il sistema di aspirazione a geometria variabile, la cui ammissione ha sezione rettangolare, impiega due alette (o rampe) mobili lungo la superficie superiore del condotto e due porte poste lungo la superficie inferiore (vedi gli schemi proposti). Alette e porte sono azionate idraulicamente sotto stretto controllo dei computer di bordo. Le alette, che non interferiscono reciprocamente, possono muoversi verso l’alto e il basso, con una rotazione limitata, al fine di controllare finemente il flusso d’aria. A velocità supersoniche esse deviano parzialmente il flusso d’aria in modo da rallentarlo prima che raggiunga i compressori. Lo fanno in modo preciso, riducendo le turbolenze e distribuendo l’aria in modo più uniforme. Contibuiscono inoltre a gestire le onde d’urto che si formano quando il velivolo supera Mach 1 impedendo così indesiderati disturbi del flusso d’aria che possono sia danneggiare meccanicamente il motore (sollecitazioni termiche, vibrazioni, fenomeni di erosione superficiale), sia impedirgli di “respirare” correttamente (fenomeni di choking, ovvero soffocamento del flusso, surging, una sorta di rigurgito del flusso, fino allo stallo dei compressori, ovvero all’incapacità di operare sul fluido in ingresso alle prese d’aria).

Le porte hanno una maggiore mobilità rispetto alle alette ragione per la quale modificano significativamente la geometria delle prese d’aria. Permettono un maggiore afflusso di aria ai motori durante il decollo, così come possono bypassare l’aria in eccesso in caso di spegnimento del motore (vedi il quarto schema proposto “Shut down”).

Esasperazione della tecnica: Configurazioni

Durante la fase di decollo, e a velocità subsoniche, alette e porte (primarie) garantivano all’aria la massima sezione di passaggio. Le alette erano sollevate in posizione quasi orizzontale e le porte, anch’esse sollevate, garantivano elevato afflusso d’aria ai motori favorendo sia l’alimentazione (porta anteriore), che la refrigerazione (porta posteriore). Le porte secondarie dell’aria invece erano chiuse per far fluire tutta l’aria in aspirazione al motore e destinarla alla combustione.

A cavallo del regime transonico (transitorio di coesistenza, in uno spazio tridimensionale, di zone di flusso in regime subsonico e zone di flusso in regime supersonico che si presenta in un range  tra Mach 0,8 e Mach 1,2) si chiudevano dapprima le porte (approssimativamente a velocità di Mach 0,9) e, successivamente (Mach 1,3), le alette (o rampe) si abbassavano al fine di controllare le onde d’urto. Ed è proprio il controllo delle onde d’urto che permette di rallentare debitamente il flusso d’aria in quanto esse sono responsabili della forte decelerazione del flusso il quale, essendo comprimibile (o compressibile) inevitabilmente aumenta la sua pressione.

Fenomeni teoricamente legati a quelli descritti li abbiamo visti nei condotti di aspirazione dei motori endotermici 4 tempi sovralimentati mediante turbocompressore, o mediante compressore volumetrico, ove l’errato dimensionamento dei condotti stessi porta l’aria a “viaggiare” a velocità eccessive tali da indurre fenomeni incontrollati e distruttivi contro le valvole di aspirazione. Ma riprenderemo questo tema in apposite rubriche : )

In prossimità della velocità di crociera (Mach 2,02-2,04) le alette si abbassavano ulteriormente per ridurre la velocità del flusso d’aria adattandola alle esigenze dei compressori. La corretta inclinazione delle alette (o rampe) era calcolata in base al rapporto di pressione di aspirazione, ai numeri di Mach, alla velocità del motore, all’angolo di attacco e all’angolo stesso delle alette, in un dato momento, che doveva essere aggiornato alle nuove esigenze.

Durante il volo a Mach 2, quindi, l’aria non solo viene rallentata dalle prese d’aria, ma viene anche compressa e la sua temperatura va in contro a forti incrementi. Questa compressione, in questa fase del volo, è utile perché significa che i compressori dei motori hanno meno lavoro da fare, ma l’aumento della temperatura di circa 200 °C porta alla necessità di impiego di metalli speciali per la realizzazione dei motori. Possiamo a tutti gli effetti considerare il sistema di prese d’aria dei motori del Concorde un sistema di compressione esterno basato su onde d’urto.

Mentre il Concorde è in volo, incontra tutti i cambiamenti di temperatura e pressione dell’aria che causano disturbi al modello d’onda previsto nelle prese d’aria. I computer possono rilevare questi cambiamenti durante il volo e apportare le modifiche correttive alle posizioni delle alette. Il flusso d’aria richiesto dai quattro motori del Concorde è così ottimale. Allo stesso modo, qualsiasi modifica nelle impostazioni di potenza dei motori richiede correzioni del flusso d’aria.

Una configurazione specifica in caso di guasto motore

In caso di guasto al motore la mancanza di spinta porterebbe uno squilibrio notevole al velivolo il quale, viaggiando a velocità supersoniche, subirebbe danni estremamente gravi alla cellula in tempi estremamente ridotti. In caso di guasto il motore non genererebbe più spinta e l’ingresso forzato di aria diventerebbe una resistenza aerodinamica. Il velivolo sarebbe così soggetto a imbardata con chiusura verso il motore spento. L’ala sul lato opposto al motore guasto si muoverebbe temporaneamente più velocemente, guadagnando portanza e sollevandosi. L’effetto che si produce è un combinato di rollio e imbardata verso il motore spento. Essendo però disponibile l’aria che il motore non è in grado di utilizzare, la si può utilizzare, deviandola verso il basso, per sollevare l’ala e livellarla con l’altra. Questo effetto lo si ottiene abbassando la porta in modalità di scarico. Dopodiché si può contrastare l’imbardata con il timone. Quest’utlima operazione sarà già stata iniziata dagli auto-stabilizzatori controllati dai computer di bordo al fine di agevolare il pilota.

L’aria pertanto verrebbe in parte convogliata sulla parte superiore del motore (attraverso la porta secondaria superiore) a seguito dell’abbassamento delle alette fino a fine corsa, mentre una parte considerevole della portata massica verrebbe scaricata tramite la prima porta che questa volta si aprirebbe verso l’esterno fungendo da scarico per ridurre la resistenza aerodinamica e da flap per sollevare l’ala.

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I limiti reali

Sebbene il Concorde fosse dotato di una forma studiata per le alte velocità, con ala a delta*3 ogivale dalla geometria piuttosto arretrata che allungava notevolmente il bordo d’entrata, conseguente corda molto larga (ovvero la retta che congiunge il bordo d’entrata dell’ala, o d’attacco, a quello d’uscita, detto anche di fuga) e apertura ridotta, non avrebbe mai potuto superare in sicurezza nemmeno di pochi decimali la velocità massima di 2,04 Mach. Ciò è dovuto ad una moltitudine di fenomeni fisici, dai profondi effetti distruttivi, la cui intensità cresce rapidamente anche per modesti incrementi di velocità (crescita non lineare).

*3 Ovvero con la forma tipica triangolare (dei velivoli supersonici) che richiama la lettera greca Δ.

Spostamento del Centro di Pressione

Il Centro di Pressione è il punto su un’ala (o su una superficie aerodinamica) in cui agisce la risultante delle forze aerodinamiche (nello schema in basso indicata con il vettore “R” di origine “cp”). In pratica, è il punto in cui si applica la “forza di sollevamento” per produrre una “rotazione nulla” attorno al punto stesso (si dice cioè che il momento delle forze coinvolte è nullo). Il centro di pressione cambia in funzione della velocità del velivolo, dell’angolo di attacco dell’ala (o Angolo di Incidenza o Angle of Attack) e della distribuzione delle forze aerodinamiche sull’ala. A basse velocità, il centro di pressione è solitamente più vicino al bordo di attacco (zona anteriore dell’ala), mentre a velocità più elevate (come quelle supersoniche) il centro di pressione tende a spostarsi verso il retro dell’ala inducendo il beccheggio del velivolo con il muso che punta verso il basso e conseguente perdita del corretto assetto di volo.

In sostanza a mano a mano che il Concorde si avvicinava alla velocità di crociera di 2,02 Mach si produceva una rotazione dell’asse longitudinale attorno all’asse trasversale detta “beccheggio” di tipo negativo ovvero “picchiante” (lo avvertite in maniera similare in auto quando agite sui freni e l’anteriore si abbassa, anche se è dovuto a fenomeni differenti). Ovviamente le ali del Concorde furono progettate per minimizzare lo spostamento del centro di pressione che fu così contenuto a circa 2 metri. Per ottimizzare l’assetto di volo, nelle fasi di accelerazione e decelerazione, un sistema attivo di pompe distribuiva il carburante tra i vari serbatoi spostando di fatto il centro di gravità del velivolo così da mantenere l’equilibrio longitudinale (un po’ come i sistemi attivi banditi dalla F1 che però agivano sulle sospensioni, non sul carburante, in virtù dell’ottimizzazione di beccheggio, rollio e imbardata).

Oltre i 2,04 Mach non vi era modo di compensare in modo ottimale lo spostamento del centro di pressione arrivando ben presto ad una perdita di assetto fortemente destabilizzante.

Leggere il grafico (immagine in basso)

Nel grafico che riportiamo in basso troviamo il Vento relativo indicato con V (ovvero il flusso d’aria che viene generato dal nostro spostamento ad una velocità V), la Portanza indicata con “L”, “Lift” (peperdincolare alla velocità della corrente indisturbata V), la Resistenza con “D”, “Drag” (parallela alla velocità della corrente indistrubata V), la corda del profilo alare con “c” (ovvero la retta che congiunge il bordo d’attacco dell’ala a quello d’uscita), l’Angolo d’attacco con “α” (ovvero l’incidenza del profilo alare, l’angolo che si forma tra il vento relativo “V” e la corda “c”), il momento aerodinamico con “M” (che è positivo, senzo orario, se cabrante), la Forza Normale con “N” e quella Assiale con “A”. Semplici relazioni trigonometriche legano la forza Normale e Assiale, tramite l’angolo di attacco, alla Portanza ed alla Resistenza.

L’azione aerodinamica è indicata con “R” ed è il vettore risultante delle forze aerodinamiche agenti sull’ala ed ha origine nel Centro di Pressione “cp” (punto di applicazione della risultante delle forze aerodinamiche).

La forza “R” ed il momento “M” possono essere rappresentati rispetto a qualsiasi punto sulla corda ma è opportuno considerare che, sebbene la forza non cambi, il momento dipende assolutamente dal punto rispetto al quale si decide di valutarlo.

Il Centro Aerodinamico (o fuoco) è invece il punto rispetto al quale il momento aerodinamico rimane costante al variare dell’angolo di attacco. Generalmente nei profili alari il Centro Aerodinamico giace a circa 1/4 della lunghezza della corda (c/4) definito Quarto di Corda.

Per garantire la stabilità del velivolo il Centro di Gravità “c.g.” deve trovarsi avanti al Centro Aerodinamico “c.a.”, tuttavia in un’ala con struttura classica il centro aerodinamico si trova attorno al 25% della corda (c/4) mentre il centro di gravità si trova attorno al 40% della corda, quindi più arretrato. Si pone rimedio operando un affinamento delle geometrie tramite l’incremento dell’angolo di freccia e la rastremazione dell’ala. Volgarmente potremmo dire che le ali vengono sviluppate verso la coda del velivolo. Il centro di gravità può arrivare così attorno al 20% della corda (c/5) garantendo la stabilità.

Per i dovuti approfondimenti (temi completi, matematica, fisica, esempi reali, rappresentazioni grafiche, ecc.) si rimanda ai corsi di Progetto dei Velivoli delle facoltà di Ingegneria Aerospaziale ed ai corsi di Aerodinamica delle facoltà di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale.

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C’era una volta il Concorde

Chi non conosce, anche solo per la fama, lo spettacolare Concorde o, più precisamente, l’Aérospatiale-BAC Concorde? Un velivolo tecnicamente ampiamente argomentabile per gli elevati pregi contrappesati da elevate difficoltà tecniche* per le quali il volo poteva persino risultare molto instabile (fino a distruttivo) al di fuori di ben definite condizioni di utilizzo. Le condizioni di volo esasperate per il quale era previsto hanno indotto di conseguenza lo studio e la progettazione di accorgimenti tecnici notevoli alcuni dei quali andremo ad osservare rapidamente in questa serie di articoli.

*Per l’approfondimento delle quali rimandiamo ad appassionati magistrali e profondi esperti di settore.

Pausa Sim

Così, senza dilungarmi oltremodo, mi ritrovo in alcune pause in cui distolgo la mente dai miei progetti, pensieri e lavori, ad utilizzare il simulatore di volo da browser GEO-FS (che inizialmente, 2010-2015, stava per Google Earth Flight Simulator). Tra i velivoli proposti vi è anche il Concorde che risulta tanto affascinante quanto ostile e difficile da trattare se pilotato*2 senza l’aiuto dell’elettronica. Le condizioni di simulazione possono diventare ancora più ostili se includiamo il meteo real-time METAR con vento, turbolenze, termiche, il ridge-lift (o slope lift), le nuvole, le precipitazioni, la nebbia e specie se il volo è simulato con me che amo andare a stuzzicare le situazioni critiche ai margini del range di utilizzo previsto (“Non c’è niente di speciale ad essere normale” recita saggiamente una curiosa pagina social).

*2 Prendete con le pinze il verbo pilotare che in questo caso è ovviamente definito nella dimensione di un Sim.

Oltre i valori tecnici possibili

In una di queste simulazioni, nel sorvolare l’Atlantico, mi discosto dai valori noti per il velivolo, ovvero dai 2,02 Mach di velocità di crociera e 55.000 piedi di quota, con lo scopo di spingere verso un lieve incremento. Ed è a seguito di questa malsana idea che scopro un piacevole errore nel motore fisico del sim (probabilmente voluto perché genera notevole attrattiva). La velocità continua a crescere oltre ogni parametro di progetto, oltre ogni sentimento, oltre ogni possibilità reale per il velivolo considerato. Nel mio test ludico ho spinto la simulazione addirittura oltre gli 8,5 Mach, oltrepassando abbondantemente la barriera del regime ipersonico, ad una quota di ben 96.000 piedi (circa 29 chilometri, pressappoco il triplo rispetto ai voli di linea).
Sul cockpit virtuale l’anemometro, raggiunto il valore 5 per il quadrante espresso in Mach, inizia un nuovo giro mentre per il quadrante espresso in Nodi ciò avviene al valore di 1200. Al di là degli strumenti principali, proposti virtualmente in sintesi sovraimpressa (tasto H per le varie modalità), vi è sul pannello degli strumenti reali, subito dietro la cloche, un indicatore apposito che esprime il totale dei Mach raggiunti (è necessario utilizzare il mouse, tasto sinistro, sommato al tasto CTRL, oppure un mouse 3d o uno Jog-Shuttle, per spostarsi dentro la cabina e apprezzare i vari dettagli degli strumenti attivi).

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Realizzare un progetto innovativo. Fondamentale viaggiare dal prodotto teorico al prodotto reale passando per la protezione delle idee

Rubrica: Ingegneria e Motorsport | Le domande dei lettori

Titolo o argomento: Come realizzare un progetto innovativo

Rispondendo a: Emanuele

Emanuele scrive: Buongiorno, mi presento, mi chiamo Emanuele, ho 21 anni e sono uno studente di Ingegneria del Veicolo all’università di Modena, meccanico in pista per Ducati (spero di passare ad auto al più presto) e grandissimo appassionato di motori, in particolare del mondo automobilistico. Quest’anno, a Novembre, inizierò a frequentare un corso per diventare ingegnere di auto da corsa e sto cercando i migliori modi per “portarmi avanti”, oltre che nutrire la mia passione, che altrimenti mi divorerebbe giorno per giorno.

Tra diversi libri, diventati i miei preferiti per la semplicità o completezza, molti video sul web di meccanici, o lezioni universitarie sulla costruzione dei veicoli e svariati siti web, ho trovato il vostro sito, che ho reputato una miniera d’oro, e mi piacerebbe, anzi amerei leggere gli articoli sui test o sulle regolazioni, in particolare quelli sul setup.

Ho in mente da molto tempo un progetto, che potrebbe “cambiare” o avere un impatto positivo nel mondo del motorsport, ma credo che se lo proponessi a case automobilistiche o scuderie, potrebbe essere “rubato” facilmente.
Secondo la tua conoscenza/esperienza, potrei proporre solo con prove scritte (e-mail o documenti controfirmati) questo progetto, assicurandomi che legalmente sia di mia proprietà intellettuale? Mi servirebbe un brevetto in ogni caso per tutelarmi? Ti ringrazio molto se mi risponderai poiché è un problema a cui non trovo soluzione.

Accordi di riservatezza e Brevetti

Gentile Emanuele è fondamentale (fondamentalissimo) che tu protegga la tua idea. Gli accordi di riservatezza, firmati e controfirmati con le figure alle quali proponi le tue idee, non proteggono realmente in quanto non impediscono ad un tuo concorrente di sognarsi la notte la stessa idea. Ovviamente non è così, si ispirano alla tua, ma nulla vieta in sede giudiziaria di sostenere che semplicemente si è avuta la medesima idea (o molto simile o un’evoluzione conseguente alle tue proposte).
Anche il brevetto può essere anti-intuitivamente sfavorevole se non è preso nel modo corretto. Proteggendo l’idea solo in Italia fai sì che i paesi stranieri, che controllano giornalmente le registrazioni nel nostro paese, possano realizzare la medesima idea nei loro paesi (puoi già immaginare di chi si tratta, in particolar modo i cosidetti “mercati emergenti”). Ad ogni modo è utile proteggere in Italia, in Europa, in India, in Cina, negli Stati Uniti ed in tutti i luoghi in cui un tecnico esperto ed affidabile in materia di brevetti ti suggerirà (si stanno aggiungendo paesi che mai immagineresti, per questo è fondamentale il supporto di esperti).
Il costo, a seconda di dove, cosa e quanto proteggi (ovvero il livello multiplo di protezione che dai al tuo progetto non solo nell’idea centrale ma anche nelle piccole possibili varianti funzionali), può essere tranquillamente di diverse decine di migliaia d’Euro e rimane valido 20 anni (i marchi, invece, rimangono registrati 10 anni con possibilità di rinnovo solo se effettui tale rinnovo con un anticipo temporale predeterminato -durante l’ottavo anno o entro un limite del nono- ma ogni cosa che ti scrivo va debitamente accertata perché sussistono cambiamenti ed aggiornamenti che possono essere fatali).

Il consiglio che ti offro necessita di una piccola prefazione

Da appassionato il consiglio che ti offro, per vincere sul sistema impervio della competizione moderna (sebbene anche la storia ce lo confermi già dai secoli in cui ci accingevamo a raggiungere la prima rivoluzione industriale), è quello di non dire nulla a nessuno (nemmeno alle persone più insospettabili) perché, pur non volendo, pur in buona fede, una volta che ti ascoltano sono neurologicamente influenzate da quanto gli hai detto e, inconsciamente, potrebbero applicare la logica che gli hai esposto in altri ambiti vanificando i tuoi sforzi. Le persone migliori, quando presenti, sono sempre i propri genitori. Puoi fare affidamento su di loro nella vita, anche solo per un dialogo di confronto di esperienze (anche se ti fanno esempi che apparentemente non c’entrano nulla), qualunque siano le complicazioni che hai tu, che hanno loro ed i limiti culturali nonché naturali di comprensione che ogni persona ha. Potrebbero non capire nulla di cosa gli stai parlando ma un dialogo potrebbe farti ragionare su cose che avevi latenti nella mente. Insomma, dai genitori puoi non ricevere risposte ma stimoli e consigli che sono estremamente utili specie nell’età delle scuole superiori e delle prime esperienze universitarie e post universitarie. Anche nonni o zii vicini che son stati chiamati dalla vita a sostituire genitori possono rappresentare l’interlocutore ideale con cui parlare per portare a galla ciò che di dormiente, in realtà, è già in noi.

Un conto è proteggere la Teoria, un conto è proteggere un progetto compiuto

Il mio consiglio è quello di realizzare autonomamente (ed in gran segreto) la propria idea fino ad esser pronto ad immetterla sul mercato e, poco prima, proteggerla debitamente. Il 100% delle persone che ho conosciuto che hanno proposto idee, al solo livello teorico, le hanno perse tutte. Chi invece le ha prima realizzate e protette, fasandosi con l’ingresso sul mercato, ha tratto i benefici migliori. La sorpresa è tutto. Le aziende vanno veloci; possono realizzare un’idea in poche settimane (non occorrono più anni), dispongono di numerosi sturmenti ma, guarda il caso, soffrono di penùria di idee… e ne hanno fame.

Innovazione o naturale evoluzione? Un rapido esempio

Attenzione però alle idee che rappresentano evoluzioni naturali di una soluzione. Esempio: la Ferrari F1 introduce nel 1989 il cambio al volante. Bene. Ora è naturale aspettarsi che tutte le scuderie porteranno naturali miglioramenti, con vari dispositivi sempre più affidabili, ai tempi di cambiata. Un conto quindi è essere l’autore del cambio al volante (prima non c’era) un conto è proporre una naturale evoluzione a cui, prima o dopo, arriveranno tutti. In quest’ultimo caso vige la regola della velocità di immissione sul mercato che però richiede team di lavoro esclusivi, strutture e attrezzature notevoli. Ed anche disponendo di tutto questo esistono pur sempre errori, comportamenti non regolari di avversari, personale che si comporta da opportunista se nel contratto non gli hai messo delle severe penali…
E’ un mondo infinito.

Ricapitolando, predisponi una realtà che utilizzi i tuoi personali metodi per compiere cicli come questi o le loro varianti appositamente studiate

.: Progetta la tua idea
.: Costruiscila
.: Usala davvero e verificala
.: Studia come si comporta
.: Rompila
.: Migliorala
.: Rompila di nuovo
.: Migliorala ulteriormente
.: Brevettala o preserva il Know How (segreti industriali su come ci riesci)
.: Vai sul mercato subito dopo le conferme di brevetto

! Nota

C’è un lag tra le conferme di brevetto a livello nazionale e la possibilità di richiedere il brevetto a livello internazionale. Per questo ci vogliono grandi esperti a cui affidarsi. Cerca di fare la conoscenza di imprenditori self made man che hanno brevettato in più occasioni e che possono fornirti la loro esperienza cosicché tu non commetta i loro stessi errori (ma sicuramente se ne commettono di nuovi).

!! Nota

Prova a brevettare prima un’idea minore per un giro di rodaggio.
Scoprirai quanto sia costoso il mondo della tecnica e quanto sia competitivo.

!!! Nota

Tra protezione di un Brevetto e la protezione del Know How ci sono importanti distinzioni. Ad esempio la protezione del Know How non richiede spese in brevetti ma la studio e la dotazione di sistemi, frutto del proprio genio creativo, utili a mantenere segreti ad esempio metodi per ottenere un particolare prodotto o per risolvere specifici problemi. In fondo a questo articolo, nei “Link a tema” vi sono utili approfondimenti a tal proposito.

Il segreto è sempre quello di imparare a fare da soli

Il segreto è sempre quello di imparare a fare da soli, non deve trapelare nulla. Io personalmente ho delle persone addosso da molti anni: concorrenti, realtà di innovazione minori che bramano continuamente altrui progetti (per portarli ad un binario morto, su richiesta di concorrenti puntualmente scoperti, oppure per svenderli pensando ad avere tutto quel che si può subito così da passare al prossimo nel totale disinteresse per ogni singolo progetto), incubatori e startupper di tipo opportunistico mossi dal solo interesse di mettere le mani sui fondi destinati agli innovatori facendo leva su ragazzi inesperti che gli passano sotto… la lista è lunga.

Proteggiti. Studia i tuoi sistemi

Anni fa, prima che prendessi provvedimenti, mi hanno hackerato i computer, i server, le amicizie, sono entrati nelle mie proprietà (attacchi a forza bruta) con le scuse più sciocche pensando che non me ne accorgessi, hanno cercato i miei collaboratori, i miei eventuali finanziatori, si sono messi in mezzo per farmi perdere l’acquisto di particolari strutture di tipo industriale (l’azione legale relativa a quest’ultimo punto sarà oggetto di una rubrica a cui sto lavorando contenente numerosi consigli per arrivare più preparati a scongiurare simili eventi) e si sono presi tante brighe pensando “È solo un ragazzo, adesso lo freghiamo”…
Hanno fatto di tutto per tentare di rubare ciò che non è loro. Non sempre per denaro, spesso anche per l’invidia che non fosse loro figlio ad aver avuto determinate qualità o capacità. L’invidia è capace di trasformare le persone in zombie affamati di “cervelli” (non trovo un esempio che calzi di più).

Proteggiti. Evita gli uomini dagli scopi frivoli

Per quale scopo poi? Quando non è l’invidia è un altro comportamento basico o la combinazione dei due: arricchirsi di denaro che non sanno utilizzare, per comprarsi oggetti che fanno il monaco. Li ho visti vendersi e svendersi per poter possedere un’automobile nuova più prestigiosa che dia più importanza (“L’ambire troppo agli onori è chiaro sitnomo di meritarli poco” lessi 22 anni fa su una proverbiale bustina di zucchero), una barca che faccia più scena per la loro immagine (ammissione fattami da un’opportunista che alla fine parlò sostenendo che, con la barca che avrebbe comprato se i piani fossero andati come lui voleva, avrebbe potuto sembrare un uomo di successo e avrebbe “catturato” più clienti) e tutto quel che puoi racchiudere in questo insieme di definizione.

Dentro sono persone vuote, non hanno lumi, non hanno passioni, gli occhi sono spenti, non hanno scintille, sono annoiate, con famiglie trascurate, una vita di apparenze e la soglia di depressione sempre lì, ad un passo, perché guardano le persone appassionate e si chiedono “Come diamine fanno?!?” e le invidiano cercando di esser migliori di loro attraverso quel che potrebbero far sembrare o quel che potrebbero impedire di far realizzare tramite le loro leve del potere. Anche di questi aspetti parleremo approfonditamente nella rubrica che poco sopra menzionavo e che racconterà nel dettaglio, con singolari spiegazioni, quel che mi è accaduto negli ultimi due anni. Questo paese è oltremodo formativo…

Li ho visti finire tutti male, con il tempo. E forse è accaduto proprio perché non me ne importa nulla, perché mi piace pensare all’Uomo nella sua accezione più elevata, perché mi appassionano le virtù delle persone di buona volontà. Le persone di cui ad esempio si circondarono Uomini come Enzo Ferrari, Adriano Olivetti, Enrico Mattei… abbiamo una lunghissima lista in Italia se si desidera studiare la Storia della Potenza Prestigiosa che abbiamo rappresentato.

Cautelarsi richiede una porzione consistente dei tuoi sforzi

Per fortuna gli opportunisti non hanno avuto la meglio nelle mie vicende e in quelle di molte altre persone che ho avuto piacere di conoscere, ma cautelarsi richiede risorse, tempo, energia, impegno, caparbietà, esperienza, imparare il più possibile ogni volta che se ne presenta l’occasione. Realizzare affascinanti progetti richiede sacrificio. A qualcosa si deve pur rinunciare, è la prassi nella vita, son compromessi, ma quel che otterrai, grazie a questo, avrà per te un valore enorme e ti darà soddisfazioni altrettanto enormi e le energie rinnovate per goderne appieno.

Un lieto fine possibile

Quindi il lieto fine è possibile ma richiede di studiare sempre con la perseveranza e la pazienza incrollabile di una goccia d’acqua che scava la pietra. Richiede di fare qualcosa perché ti piace, per andare oltre, studiare anche cose che sembrano non avere nulla a che fare con il tema principale perché se sei esperto solo dell’idea tecnica difficilmente verrà realizzata. Bisogna conoscere l’economia, le banche, i comportamenti del mondo dell’impresa, la natura umana, i casi pregressi della storia nel tale settore e, perché no, anche in altri settori. Non si finisce mai. Però, se ti piace, ce la fai.

Fai esperienza e fai come se…

Fai esperienza partendo da cose minori, preserva la tua idea migliore, diventa capace di realizzarla nelle parti fondamentali anche da solo, arriva fino al prodotto finito funzionale ed utilizzabile. Usalo, vivilo, rompilo, ragiona in più dimensioni, ragiona come fossi l’utilizzatore tipo, l’utilizzatore esigente, quello che deve contraddire, quello detrattore, scegli cosa e per chi vuoi produrre e lascia perdere gli altri. Il tuo prodotto non è per tutti. Trova le persone giuste ideali per la tua proposta singolare.

Ci vorrà il tempo. In Italia non si dà molto credito ai giovani. Siamo l’opposto degli Stati Uniti, lì vai e tiri da bestia… qui se non ti vedono qualche pelo di barba che inizia a diventare bianca nemmeno ti ascoltano (salvo rari casi).

Buona giornata, Raffaele Berardi : )

Link a tema
(link non attivi, copia e incolla sul tuo browser per visitarli)

Rapporti tra Know How e Brevetti
https://brevettinews.it/brevetti/rapporti-tra-know-e-brevetto/

Brevetto
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/

Brevetto italiano
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/brevetto-italiano-ufficio-italiano-brevetti-e-marchi/

Brevetto europeo
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/brevetto-europeo/

Brevetto unitario
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/brevetto-unitario/

Domanda di brevetto internazionale PCT
https://www.sib.it/brevetti/approfondimenti-invenzioni/brevetto/domanda-di-brevetto-internazionale-pct/

Uscire dalla giurisdizione del TUB (Tribunale Unificato Brevetti)
https://www.sib.it/difesa-dei-diritti/tribunale-unificato-dei-brevetti-informazioni/uscire-dalla-giurisdizione-del-tub/

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Cosworth Catalytic Generator: Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici – Parte 3

Rubrica: Tecnologie utili ai mezzi elettrici ed ibridi, ma non solo…

Titolo o argomento: Il generatore catalitico ultracompatto che “ibridizza” i veicoli elettrici estendendone all’infinito l’autonomia

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Esempio di applicazione sul Ford Transit Custom PHEV

Il Transit Custom PHEV è un particolare furgone compatto Ford dotato di range extender basato su motore benzina aspirato 3 cilindri, 1000 centimetri cubici che muove un generatore elettrico adibito a caricare il contenuto pacco batterie da 13,6 kWh che equipaggia il mezzo. La trazione è puramente elettrica così come il motore del range extender carica esclusivamente le batterie e non provvede alla trazione meccanicamente.

Cosworth, più precisamente Delta Cosworth, ha dimostrato, durante fasi di sviluppo presso il Circuito di Silverstone, di poter ridurre il peso del furgone, ridurre il peso del pacco batterie, aumentare l’autonomia ed aumentare la capacità del vano di carico sostituendo integralmente il motore a combustione interna in dotazione con il loro cat-gen e sostituendo il relativo pacco batterie con quello appositamente messo a punto per il sistema. Un ottimo inizio…

Video

Delta Cosworth – Catalytic Generator Particle Flow

Delta Cosworth – Catalytic Generator Component Breakdown

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Cosworth Catalytic Generator
Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici

Parte 1: Intro | Quali sono i punti di forza?
Parte 2: Come funziona? | Ciclo Brayton
Parte 3: Video esplicativi | Es. applicazione su Ford Transit Custom PHEV

Pagine: Automotive | Motorsport
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Lotus Range Extender: il motore ultracompatto destinato ai veicoli ibridi
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 1: Considerazioni grandangolari

Cosworth Catalytic Generator: Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici – Parte 2

Rubrica: Tecnologie utili ai mezzi elettrici ed ibridi, ma non solo…

Titolo o argomento: Il generatore catalitico ultracompatto che “ibridizza” i veicoli elettrici estendendone all’infinito l’autonomia

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Come funziona?

Può funzionare con qualsiasi combustibile liquido o gassoso. Un punto di forza non da poco. Sfrutta il ciclo Brayton per far girare una turbina direttamente collegata ad un generatore elettrico e ad un compressore. L’aria viene aspirata dall’ambiente tramite il condotto di aspirazione e viene compressa aumentando notevolmente pressione e temperatura (rispettivamente circa 4,4 bar e 205°C).

L’aria compressa passa attraverso lo scambiatore di calore (o recuperatore) e viene ulteriormente riscaldata sfruttando il calore recuperato dai gas ad alta energia prodotti dalla reazione nel catalizzatore (si raggiungono circa i 650°C).

Il carburante viene iniettato nell’aria riscaldata e reagisce continuamente mentre passa attraverso il catalizzatore alzando ulteriormente la temperatura a 1050°C aumentando così l’energia del flusso. Il processo di reazione attraverso il catalizzatore è senza fiamma e non è pertanto un processo di combustione (non si generano così NOx), si tratta invece di un processo di rilascio di calore altamente controllato (reazione esotermica).

I gas caldi in espansione cedono energia alla turbina la quale, ruotando a circa 110.000 giri/min, mette in moto il generatore elettrico. I gas di scarico contengono ancora molta energia e vengono fatti fluire attraverso lo scambiatore per scaldare l’aria in ingresso ciclo (il sistema agisce quindi con un prezioso processo di recupero dell’energia).

I gas che hanno ceduto la loro energia escono infine allo scarico ad una temperatura di 350°C. Grazie all’adozione dello scambiatore di calore il carburante viene utilizzato solo per metà del lavoro necessario ad incrementare la temperatura iniziale da 650°C a 1050°C. Maggiore efficienza, ridotto consumo di carburante.

La macchina elettrica, appositamente studiata, produce 35kW di potenza elettrica utilizzabile ad esempio sui veicoli elettrici per caricarne le batterie in marcia e renderli praticamente ad autonomia illimitata (ovviamente finché vi è carburante da iniettare nel sistema).

Pertanto, ricapitolando, i tre incrementi di temperatura si verificano a partire da quella ambiente (es. 21°C → 205°C; 205°C → 650°C; 650°C → 1050°C). L’aria di aspirazione viene compressa a 4,4 bar raggiungendo una temperatura di 205°C, attraverso lo scambiatore di calore (recuperatore) raggiunge la temperatura di 650°C sfruttando l’energia dei gas esausti. L’aria bollente si miscela con il carburante vaporizzato e reagisce continuamente nel catalizzatore raggiungendo la temperatura di 1050°C per incrementare ulteriormente l’energia del flusso. I gas espansi spingono la turbina alla rotazione di 110.000 giri/min trainando compressore e generatore, tutti e tre solidali su un singolo albero. I gas finali passano nuovamente attraverso lo scambiatore per cedere ulteriore energia ed escono all’atmosfera a 350°C.

Per comprendere bene queste fasi dovete fare un breve salto in avanti con la mente durante il secondo incremento di temperatura ed ipotizzare le fasi del ciclo su un cat-gen già avviato. La partenza a freddo sfrutta semplici artifizi della tecnica (riscaldatore elettrico) che possono generare confusione ragione per cui, per semplicità di esposizione, abbiamo considerato il ciclo già avviato ed il dispositivo già caldo.

Ciclo Brayton

Il ciclo Brayton, più precisamente Brayton – Joule, è il ciclo termodinamico ideale per le turbine a gas. Al di là dei fondamenti che trovate su ogni buon libro di testo di Macchine a Fluido (per i percorsi di studi presso gli Istituti Tecnici Industriali e, più teorici e squisitamente matematici, presso le Facoltà di Ingegneria), quello che ci interessa osservare sono le peculiarità di tale ciclo.

Il ciclo è aperto, l’aspirazione e lo scarico sono rispettivamente dall’ambiente esterno e verso l’ambiente esterno. Tra l’aspirazione e lo scarico vi sono fasi di elaborazione del fluido in cui avvengono conversioni di energia meccanica in calore e viceversa che tra poco andiamo a vedere in modalità accessibile.

Si aspira aria alle condizioni di pressione e temperatura atmosferica e si emettono i prodotti della combustione nuovamente all’atmosfera. Parliamo di prodotti della combustione laddove sia prevista una camera di combustione in cui viene accesa la miscela combustibile/comburente (ossia nel ciclo tradizionale). Nel generatore catalitico Cosworth, invece, non vi è combustione ma una continua reazione del combustibile a (relativamente) bassa temperatura all’interno di un catalizzatore. Questo consente di emettere allo scarico gas caldi a ridotto impatto (privi di ossidi di azoto NOx e ossidi di zolfo SO2) o impatto zero (solo acqua qualora venga impiegato idrogeno, ricordiamo che il sistema è onnivoro). Inoltre il ciclo che vedete in figura è espresso in una modalità generale in quanto, in realtà, nel ciclo del cat-gen di Cosworth abbiamo anche il recupero del calore di post-reazione al fine di ridurre notevolmente il carburante impiegato nel lavoro effettuato per portare la temperatura del fluido da 650°C a 1050°C (come espresso nelle fasi del precedente paragrafo).

Con riferimento al grafico seguente

Passaggio dal punto 1 al punto 2: impiego del compressore per comprimere il fluido (aumenta la pressione, si riduce il volume). La macchina (il compressore) opera sul fluido (macchina operatrice), lo scambio di lavoro è negativo (spendete lavoro per operare sul fluido) e, nel ciclo ideale, avviene in condizioni di entropia (S) costante (trasformazione isoentropica) ma la condizione reale prevede una trasformazione adiabatica.

Passaggio dal punto 2 al punto 3: riscaldamento a pressione costante (isobaro). Aumentano il volume e la temperatura.

Passaggio dal punto 3 al punto 4: impiego della turbina per attivare il generatore elettrico. Il fluido espande e muove la macchina (macchina motrice), lo scambio di lavoro è positivo (ricavate lavoro grazie all’azione del fluido). Nel ciclo ideale la trasformazione avviene in condizioni di entropia costante mentre nel reale la trasformazione è adiabatica.

Passaggio dal punto 4 al punto 1: raffreddamento a pressione costante (isobaro). Si riducono il volume e la temperatura.

Nota: l’adozione del recupero del calore permette un incremento non trascurabile del rendimento.

Immagine

Sulla sinistra il grafico pressione-volume, sulla destra il grafico temperatura-entropia. P=cost sta per “pressione costante”, stesso dicasi per l’entropia. Con la dicitura “q+” si intende riscaldamento e con “q-” si intende cessione del calore.

Per assimilare il concetto di entropia potete fare riferimento al relativo documentario a cura del fisico e divulgatore scientifico Jim Al-Khalili spesso trasmesso sul canale Rai Scuola: è spettacolare, spe-tta-co-la-re.

Continua…

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Il Lotus Range Extender

Già dodici anni fa vi abbiamo parlato di una soluzione molto simile alla radice, trattandosi di un range extender, ma totalmente diversa nello sviluppo. Mi riferisco al Lotus Range Extender sviluppato all’epoca in collaborazione con Fagor Ederlan (vedi in basso i Link correlati) e mai immesso realmente sul mercato. Si trattava di una soluzione assai interessante che permetteva di abbattere notevolmente i consumi di carburante in una architettura ibrida in cui il motore a combustione interna non fungeva da sistema di trazione diretta ma indiretta in qualità di solo generatore di ricarica del pacco batterie. L’utilità ed i benefici? Il motore a combustione interna poteva girare unicamente al regime costante di coppia massima, ottimizzato con consumi ed emissioni esigue, al solo scopo di caricare il pacco batterie del veicolo. Il motore a combustione interna, in tal modo, non era più soggetto alle variazioni di carico (dovute alle condizioni della strada, al numero di passeggeri, alle prestazioni generali richieste) che tanto gravano sul basso rendimento delle unità endotermiche, ma funzionava espressamente nelle sue migliori condizioni. Così alla trazione provvedono unicamente i motori elettrici che vantano un rendimento elevatissimo e splendidamente si accoppiano ai benefici offerti dall’endotermico. Si trattava di una soluzione che ebbi modo di studiare, e di cui verificai il reale potenziale, grazie alle contaminazioni di Ingegneria Navale nonché all’esperienza tecnica sul campo offerte da Wärtsilä con le sue unità propulsive, ottimizzate per l’impiego navale. Tali soluzioni adottavano, per l’appunto, i motori a combustione interna solo in qualità di generatori e lasciavano ai motori elettrici il compito di esprimere la propulsione nelle navi.

Si trattava di soluzioni interessanti degne di nota (in grassetto) di cui però non si parlava mai, eppure una decina di anni fa il clima era già compromesso. Con un range extender sviluppato ad hoc era possibile percorrere circa 100 km con 1,7 litri di carburante senza alcuna necessità di ricaricare il veicolo elettrico a prese pubbliche o private, senza necessità di attendere lunghi tempi di ricarica, senza necessità di dover pianificare un viaggio come una spedizione su Marte. Ma… nulla, non se ne parlò. Oggi siamo (finalmente) pronti ad impiegare simili soluzioni e la tecnologia che c’è, ed esiste da oltre 20 anni, non la si può più snobbare lasciandola nel cassetto delle cianfrusaglie. Ma non è tutto.

Il Range Extender di Cosworth

Oggi Cosworth ha fatto di più, molto di più, riuscendo in qualcosa che solitamente riesce solo ai geni (in realtà si tratta di un progetto nato circa 10 anni fa e sviluppato negli ultimi 5-6 anni con la transizione del mercato verso l’elettrico). Cosworth ha trovato, ad un problema enorme e complesso, una soluzione semplice, a basso costo, leggera, fattibile, versatile, sostenibile, che si basa sull’utilizzo del noto ciclo Brayton delle turbine a gas e di un opportuno catalizzatore per ottenere un Range Extender capace persino di emissioni quasi nulle o nulle in base al carburante che si intende impiegare (il sistema è onnivoro).

Non si tratta di una variante di un sistema a combustione interna ma di un sistema catalitico che non dà origine a combustione e non sviluppa quindi il calore che porta le temperature intorno ai 2500°C responsabili della produzione di NOx.

Quali sono i punti di forza?

E’ semplice

Pochi organi tutti largamente conosciuti dall’industria e dagli operatori del settore.

Costa poco

Si realizza con materiali di uso comune nell’industria e nell’artigianato.

E’ leggero

La sua massa è contenuta, inoltre riduce drasticamente il peso dei veicoli elettrici i quali con un range extender necessitano di pacchi batterie più contenuti.

Fattibile

Non richiede conoscenze e tecnologie esasperate né l’attesa di sviluppo di nuovi mercati né tantomeno particolari accordi con eventuali paesi che potrebbero vantare un qualche monopolio sulle materie prime.

Versatile

Può essere impiegato nel settore Automotive, nell’industria in generale, nell’Edilizia, nel settore Navale, nel settore Militare, nel settore Aerospaziale…

Sostenibile

Ottimo rapporto tra i benefici ed i costi, facilmente realizzabile, onnivoro. Prodotto su larga scala (almeno 100.000 pezzi l’anno) il suo costo può scendere a circa 2.000 Euro.

Pulito

Offre basse emissioni inquinanti o emissioni nulle a seconda del carburante impiegato. Non richiede un post trattamento dei gas di scarico.

Basso impatto generale

Produce basse emissioni sonore: non c’è combustione, è pulito ed è silenzioso, perfetto per l’elettrico.

Onnivoro

Può “digerire” carburanti liquidi o gassosi e persino idrogeno non purissimo (la cui produzione costa molto meno dell’idrogeno puro), aspetto che rivedremo nell’apposita rubrica “Il futuro è ibrido… a idrogeno” (vedi in basso i Link correlati).

Continua…

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