Tecnologia domestica vintage – La Cinepresa e il Proiettore

Rubrica: Tecnologia domestica vintage

Titolo o argomento: Oggetti ormai rari tutt’altro che obsoleti e che conservano un fascino

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La cinepresa

Oggetti fantascientifici, quando ero piccolo vedevo i miei genitori riporli con cura dentro le loro custodie che emanavano odore di pellame, strettamente collegato con gli oggetti di pregio. Avevano una fattura solida, materiali resistenti, un peso che conferiva importanza, finiture eseguite con grande cura e quel fascino ineguagliabile tipico degli oggetti domestici tecnologici che avevano delle lenti, un oculare, bottoni, spaziali regolazioni a ghiera nonché elettroniche, e che offrivano la possibilità di farti vedere il mondo rielaborato dentro una camera oscura che concentrava tutta la tua attenzione nella sola scena inquadrata.

Un semplice ramo di un albero, inquadrato, allontanato, avvicinato, sfuocato, messo a fuoco, mentre era mosso dal vento, assumeva un fascino di rilievo, il fascino di un film.

Attraverso l’oculare e il teleobiettivo la scena sembrava più attraente rispetto all’osservazione ad occhio nudo; i dettagli aumentavano, i bordi erano più netti, la luce ambientale di disturbo veniva filtrata, potevi osservare cose che solitamente ti sfuggivano, il mondo non sembrava più lo stesso e si entrava in una dimensione misteriosa dove le cose comuni del quotidiano apparivano differenti e le ombre ed i contrasti che si creavano all’interno dell’obiettivo, accompagnati dal mirino chiaro/scuro di forma circolare in sovraimpressione (il telemetro a coincidenza d’immagine), contribuivano ad accentuare l’impronta distintiva dell’ambiente.

Lo zoom ottico manteneva una elevata definizione dell’immagine che nel digitale consumer verrà poi persa soverchiata da funzioni accessorie su cui l’utente poco esperto fisserà maggiormente la sua attenzione.
La presenza di filtri integrati nella macchina da presa (o cinepresa) permetteva registrazioni più orientate a luminosi spazi aperti o, al contrario, a spazi chiusi con dominante di luce artificiale. La scelta della pellicola aveva una notevole influenza sulla qualità dei video realizzati, era necessario scegliere la sensibilità adeguata e regolarsi di conseguenza. In dotazione vi era anche un parasole per l’ottica che poteva assumere all’occorrenza due distinte forme geometriche: avvolto in un disco, estruso a campana.

Il proiettore

Una volta terminato di girare il film (o, più propriamente, filmino) lo si portava a sviluppare da un fotografo che lo restituiva pronto per essere installato sul braccio ripiegabile del proiettore. Quaranta, cinquant’anni fa, era l’equivalente di un piccolo studio televisivo domestico. Permetteva la proiezione dei filmati sviluppati sfruttando la stessa tecnica, miniaturizzata, delle sale cinematografiche ed in più offriva la possibilità di effettuare un playback aggiungendo in un secondo momento una traccia audio registrabile e regolabile durante la proiezione del filmato.

Il montaggio video poteva essere effettuato con forbici e nastro montando la pellicola a regola d’arte, inoltre si potevano creare prestigiosi effetti di dissolvenza unendo due lembi di pellicola sovrapposti. Quando il proiettore si inceppava era necessario spegnerlo immediatamente onde evitare che il calore della lampada potesse rapidamente deteriorare la pellicola.

Curiosità

Il suono emesso dall’avvio del proiettore è diventato così famoso nel tempo che, ad oggi, all’interno di suite di montaggio video digitale professionale (vedi ad esempio Final Cut Studio, Final Cut Pro, Final Cut Pro X, ecc.) ne è presente la traccia audio campionata pronta per essere trascinata nella timeline ovunque si stia rielaborando un contenuto storico…

Specifiche tecniche Cinepresa

Una macchina da presa cinematografica o cinepresa, è un apparato che impressiona una sequenza di immagini fotografiche in rapida successione temporale su una pellicola cinematografica continua per via fotochimica.

Riprese a colori.
Obiettivo Makro-Neovaron 9-36mm f/1.8-32.
Filettatura M49 x 0,75.
Messa a fuoco da 1,5m – infinito.
Messa a fuoco dopo commutazione su macro da 0 – infinito.

Mirino reflex continuo a grande immagine, esente da sfarfallamento, con telemetro a coincidenza d’immagine e oculare regolabile.

Regolatore dell’esposizione: regolazione della luce SILMA completamente automatica, conforme all’angolo di campo e indipendente dalla tensione della batteria, attraverso l’obiettivo.
Visualizzazione del diaframma nel mirino.
Possibilità di impostazione manuale del diaframma.
Possibilità di variare la profondità di campo.
Possibilità di regolare la distanza focale manualmente o con motore (da teleobiettivo a grandangolo, con un intervallo specifico per il macro).
Telemetro a coincidenza di immagine (una volta regolata la distanza dell’oggetto, il fuoco viene mantenuto anche zoomando in avanti o indietro).

Azionamento: motorino elettrico per trasporto pellicola e motorino elettrico per zoom.

Alimentazione di corrente: centralizzata, disinseribile, per l’elettronica, il regolatore dell’esposizione e il power-zoom, attraverso 4 pile AA 1,5 Volt.
Controllo batterie nel mirino.

Velocità di ripresa: 18 e 40 fps, scatto singolo.
Comando remoto per lo scatto di fotogrammi singoli.
Fotogrammi rallentati (slowmotion) per riprese sportive filmando a 40 fps.

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Tecnologia domestica vintage – La Polaroid
Tecnologia domestica vintage – La Cinepresa e il Proiettore

Tecnologia domestica vintage – La Polaroid

Rubrica: Tecnologia domestica vintage

Titolo o argomento: Oggetti ormai rari tutt’altro che obsoleti e che conservano un fascino

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Era la fine degli anni ’80, ero piccolo, vidi questa particolare macchina fotografica durante una delle mie esplorazioni di casa in cui andavo a stuzzicare ogni singolo oggetto che avesse in sé un qualche fascino da scoprire. Non sapevo esattamente di cosa si trattasse né tantomeno potevo immaginare che il nome tecnico fosse “macchina fotogragica istantanea analogica con pellicola autosviluppante”. Per me era semplicemente la Polaroid, ovvero quella simpatica macchina fotografica, di utilizzo estremamente semplice, che stava nella scatola con le strisce colorate.

Notando il mio interesse i miei me la regalarono per il mio compleanno passandola semplicemente dal loro armadio al mio (un trasferimento di proprietà senza burocrazia in stile inglese) fornendomi inoltre un kit composto da pellicola autosviluppante con sensibilità ISO per le foto all’aperto e un Flash usa e getta per il quale ogni scatto bruciava irrimediabilmente una lampadina delle dieci a disposizione (ne ho ancora una sana).

Si regolava l’esposizione, si inquadrava un povero soggetto malcapitato (nel mio caso animali di campagna quando ero a casa e vetrine di negozi quando andavo al negozio dei miei) e si scattava l’istantanea premendo il bottone rosso per poi ritirare immediatamente la foto quasi pronta in uscita dalla base del corpo macchina. Ancora pochi istanti e la foto compariva (sviluppandosi per l’appunto da sola) nella sua tipica cornice bianca quadrata che aveva in basso un lembo comprimibile contenente un liquido il quale, con una leggera pressione, poteva essere iniettato nel retro della foto per caricare i colori.

Fu l’apripista per vari tipi di macchine fotografiche a rullino in formato standard o panoramico, con corpo macchina rivestito in pelle o in plastica usa e getta per uso subacqueo, completamente meccaniche o con dispositivi elettronici in grado di suggerire la messa a fuoco e l’esposizione ottimale, fino alle Reflex che uso praticamente ogni giorno da anni e anni e passando anche per videocamere vhs, miniDV, digitali e actioncam ognuna delle quali con una piacevole storia di tribolazioni e affini utili a metter insieme i soldi per poterle acquistare dopo anni a sfogliar cataloghi cercando di imparare ogni minimo dettaglio utile per i miei lavori.

Sì, la Polaroid è stata utile come ogni oggetto legato alla creatività che sia stato in grado di stimolare una spinta a voler fare un passetto oltre. Ancora oggi è un oggetto affascinante che conservo nella sua confezione originale (aperta e consumata ma originale) acquistata dai miei genitori alla fine degli anni ’70.

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Tecnologia domestica vintage – Intro

Rubrica: Tecnologia domestica vintage

Titolo o argomento: Oggetti ormai rari tutt’altro che obsoleti e che conservano un fascino

Cosa ha conservato un valore e cosa no? Cosa è risultato essere realmente utile e cosa si è spento inesorabilmente nel più profondo dimenticatoio? Cosa ci ha fatto evolvere e cosa ci ha fatto riscoprire stupidi? Soldi spesi bene o soldi che potevano esser spesi meglio? E oggi? Oggi cosa corrisponderà ad un futuro prodotto che avrà contraddistinto un’era, un futuro oggetto caratteristico, vintage, e cosa avrà solamente alimentato uno sfizio, una voglia momentanea, un vuoto che andava colmato in ben altra maniera? A posteriori è più facile comprendere e possiamo far leva sull’esperienza passata per migliorare ogni istante che costituisce il nostro presente.

Andiamo a rispolverare, lasciando ampio spazio a foto caratteristiche scattate da noi per arredare il racconto, oggetti chiave di un trentennio in cui sempre più volevamo sentirci estesi grazie all’uso di dispositivi che aumentavano la nostra sensazione di potere. Un potere inteso come capacità di fare, di raggiungere, di essere, di disporre, di imitare anche, se vogliamo, personaggi del cinema che ci affascinavano con anteprime (di una branca minore) della tecnologia che sarebbe diventata di consumo. Tastiere, display, riproduttori, dispositivi da polso, dispositivi di comunicazione, dispositivi di intrattenimento, dispositivi per la produttività, dispositivi di memorizzazione ed ogni diavoleria a transistor che attribuiva, all’uomo e alla donna che ne facevano uso, un senso di modernità e di adeguatezza ai tempi.

Alcuni oggetti hanno realmente rappresentato un’evoluzione, altri hanno rappresentato un terribile spreco di denaro, altri ancora sono diventati ben presto oggetti fidelizzanti capaci di instaurare insicurezza in chi non disponeva costantemente dell’ultimo modello, dell’ultimo servizio; altri ancora sono diventati oggetti di culto, veri oggetti d’epoca, oggetti che, dopo decine di anni, siamo andati a ricercare tra le polveri del passato immersi in fantastici ricordi.

Una selezione naturale ha poi estrapolato e messo in rilievo insicurezza da taluni soggetti consumatori, goliardia da altri, capacità tecniche notevoli da altri ancora. Il proseguimento di una savana che dalla trasposizione del sangue è giunta ad una matrice di ordine economico dove il soggetto, plusdotato di modernità, migliorava nettamente la sua condizione o cadeva preda del consumismo più insensato alimentando un inutile debito.

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Tecnologia domestica vintage – La Polaroid
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Caratteristiche dei sistemi Embedded

Rubrica: Sistemi integrati (o dedicati)

Titolo o argomento: Ottimizzare un dispositivo elettronico per un preciso compito

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Quando si realizza un sistema dedicato per un preciso compito, ad esempio un termometro per misurare la temperatura del corpo umano, andiamo in contro a precise necessità. Il dispositivo deve avere una forma utile e/o accattivante con priorità nettamente prevalente su quelle che potrebbero essere le esigenze dell’hardware; dimensioni e peso contenuti, quindi elevata portabilità; estrema semplicità di utilizzo (un solo tasto e, se possibile, nemmeno quello); un basso consumo energetico (utilizzando di conseguenza batterie più economiche e aumentando al contempo l’autonomia); costo contenuto (in linea con l’elettronica di consumo); infine deve fornire all’utilizzatore i dati richiesti praticamente instantaneamente (ovvero in tempo reale, si parla di soft real-time quando il mancato rispetto dei vincoli temporali porta unicamente un degrado delle prestazioni del sistema e di hard real-time quando il vincolo temporale non rispettato implica effetti catastrofici sul sistema e, addirittura, sull’ambiente circostante (un rilevatore di gas o di fiamme, un sistema termostatico abbinato ad un impianto refrigerante).

Per soddisfare simili requisiti l’intera architettura ha bisogno di una notevole snellezza, cosa che implica al contempo praticamente la totale assenza di possibilità di riprogrammare il dispositivo al fine di aumentarne o variarne la destinazione d’uso. Inoltre, per garantire le prestazioni che l’utente si aspetta, l’architettura hardware sarà interamente orientata solo per fornire l’unico feed-back richiesto nel minor tempo possibile e molto difficilmente sarà in grado, anche dietro riprogrammazione, di offrire le medesime prestazioni per compiti differenti. Del resto i costi saranno talmente bassi da non giustificare logicamente l’hackeraggio ed il riadattamento del prodotto per altri scopi. In visione della vitale snellezza, quindi, il software (che dovrà avere un codice ridotto all’essenziale) sarà caricato all’interno di un supporto di memoria permamente integrato nel chip del microprocessore o, in ogni caso, sulla stessa scheda.

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Che cos’è un sistema Embedded?
Caratteristiche dei sistemi Embedded
Esempi di sistemi Embedded
Che cos’è la Visione Embedded?

Dal nostro laboratorio: circuito elettronico di uno strumento ad ultrasuoni per la misura
della quantità di gas nelle bombole, le dimensioni estremamente contenute permettono
di alloggiarlo in una penna.

Che cos’è un sistema Embedded?

Rubrica: Sistemi integrati (o dedicati)

Titolo o argomento: Ottimizzare un dispositivo elettronico per un preciso compito

Cercando di semplificare il concetto di Sistema Embedded potremmo effettuare una distinzione piuttosto intuitiva: immaginate due tipologie di dispositivi elettronici con i quali entriamo in conttato ogni giorno, una versatile ma complessa, una ottimizzata ma estremamente semplice.

La prima tipologia, versatile ma complessa, è costituita da quei dispositivi che richiedono all’utilizzatore di caricare programmi, adoperare interfacce come tastiere e monitor, aggiungere o rimuovere periferiche, mi riferisco ovviamente ai computers che tutti conosciamo e che, i più esperti possono programmare e riprogrammare a proprio piacimento per infiniti scopi di utilizzo (ragione per cui in ambito tecnico vengono definiti Sistemi General Purpose).

La seconda tipologia, ottimizzata ma estremamente semplice, è assai più semplice, non richiede alcuna particolare conoscenza tecnica da parte dell’utilizzatore, non richiede una interazione tale da dover aggiungere interfacce e/o periferiche, non richiede di caricare alcunché, sto parlando dei Sistemi Embedded ovvero di sistemi integrati concepiti per un unico preciso utilizzo, potremmo anche definirli come sistemi dedicati.

Esempi di sistemi embedded sono: un termometro digitale, una lavastoviglie, un bancomat, un telefono cellulare, una carta ricaricabile, la console di un’automobile moderna… tutti questi dispositivi eseguono un compito, con il minimo (se non totalmente assente) intervento dell’utente, e non possono essere riarchitettati per compierne altri.

Oggi l’importanza dei sistemi embedded è tale che l’elettronica può rappresentare fino al 50% del costo di un prodotto. Si tratta di una tecnologia il cui rilievo è talmente elevato che rappresenta una nuova importante branca dell’Ingegneria. Noi stessi nei nostri laboratori prototipiamo prodotti con dispositivi elettronici avanzati che simulano una tecnologia embedded con il vantaggio che, in ambito progettuale, può esser cancellata e rifatta infinite volte fino ad arrivare a prototipare il prodotto finale desiderato. Tramite il computer, cioè, e tramite la programmazione in linguaggi appositamente sviluppati per uso industriale, siamo in grado di programmare computers e schede elettroniche per svolgere precisi compiti, verificarne il corretto funzionamento, il feed-back con l’utente e la reale fattibilità del dispositivo finale.

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Un esempio di sistema Embedded: circuito di protezione per celle agli ioni di litio.

La continua lotta contro il sistema Italia: La privacy

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

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Nota. Sebbene il fenomeno sia presente anche in Italia è corretto porre all’attenzione che ovviamente si tratta di un problema globale e che almeno alcuni documentari nazionali di rilievo hanno evidenziato questa problematica. Ora sarebbe bene parlarne anche nelle scuole inserendo programmi scolastici aggiornati, evoluti e tenuti anche da personale giovane e preparato in materia.

Pagamenti elettronici, tracciamento delle attività sul web da qualunque dispositivo, social network, scatole nere sui veicoli, smartphone vulnerabili (perché hackerabili come comuni computers) e sovente ricchi di app che hanno accesso a numerosi contenuti privati presenti in memoria, sistemi di telecamere per le strade, applicazioni per il fitness con condivisione di dati e sincronizzazione tramite la rete, elettrodomestici collegati in rete (IoT, Internet of Things), nuvole (clouds), dispositivi GPS associati a fotocamere così come a telefoni, cardiofrequenzimetri, veicoli, giocattoli…

E’ oggi possibile sapere tutto di una persona: quel che gli piace o meno, le sue abitudini, cosa compra, i suoi gusti, come impiega il proprio tempo libero, cosa pensa, le sue debolezze, i suoi desideri, le sue ambizioni, che cibo mangia, quanto dorme, le sue condizioni di salute, il suo stato fisico e mentale, il suo rischio di ictus o di attacco cardiaco (anche se vi dicono che non è possibile prevederlo, ma si riferiscono al momento esatto in cui se ne può esser colti, non al rischio di…), la sua intelligenza, le sue capacità, la sua influenza sugli altri, la sua viralità, il suo credo, piccole manie, tic, ossessioni. Significa poter prevedere agevolmente che acquisti farà, la sua età biologica, il suo stato di salute, se risponderà o meno a tendenze che lo vogliono prevaricare (spesso senza che nemmeno se ne accorga), se oltre a provare l’impeto di reagire dispone degli strumenti dell’intelletto che gli permettano di raggiungere realmente un risultato, se esercita una qualche influenza sulle persone che ha intorno… se può rappresentare un pericolo per un mondo che ha altri progetti e come distrarlo dai suoi intenti.

Significa, potenzialmente, poter un domani creare problemi su misura per le persone, probabilmente riuscire a deviarle da un percorso o, addirittura, isolarle qualora queste risultassero in grado di esercitare una certa influenza senza però appartenere ad una qualche parrocchia. In sintesi: Controllo.

Sempre meno “Masanielli” nel futuro della nostra società “moderna”, sempre meno “Imprevedibili Innovatori”, sempre più adeguamenti, istinti assopiti, addomesticamenti e caramelle colorate per lenire impulsi e desideri. I videogiochi ad esempio permettono di sfogare in un mondo fittizio la voglia di trasgredire, evadere, ribellarsi. I gadget elettronici (come smartphone e tablet) invece sfamano il desiderio (spesso l’illusione) di controllo sulla propria vita. Ogni cosa sembra al suo posto, organizzabile e controllabile mentre la vita ci sfugge inspiegabilmente da sotto le mani ma facciamo fatica a collegare le due cose percependo solo una stressante “ansia” (che avrà i suoi effetti sulla salute).

La totale assenza di privacy è lo strumento ideale per muovere previsioni con un margine di errore minimo (è il motivo per cui i motori di ricerca utilizzati in rete conoscono prima dell’individuo stesso che automobile acquisterà anche se non ha ancora pensato di acquistarne una, se si ammalerà o meno di influenza questo inverno e quale sarà il prossimo medico specialista di cui avrà bisogno), operare previsioni ha generalmente pochi fini: la statistica (ad esempio per fini assicurativi), la prevenzione (per non esser colti in contropiede da un fenomeno dilagante) ed il controllo (per esercitare un’influenza ed orientare le masse in una determinata direzione pressappoco come il bestiame). Si può conoscere la tendenza di un mercato o, al contrario, se un’influenza esercitata sulla massa sta restituendo i risultati sperati al fine di “gestire” il mercato con un ciclo inverso rispetto al suo percorso naturale, o di gestire le volontà delle persone più deboli con tecniche da “mentalista” inducendole a determinati pensieri con metodi degni di un gioco di prestigio.

Premesso che sono dell’avviso che “Il caso non esiste”, penso che oggi, come non mai, ci sia davvero poco da imputare al caso a men che non si voglia generare caos utilizzando in modo anomalo e biricchino tutti i dispositivi sopra citati fornendo dati depistanti. Ma solo un’azione di massa produrrebbe viraggi significativi dei miliardi di miliardi di dati che ogni giorno vengono storati e classificati sulla razza umana. Del resto, se ci pensate… una balena potrebbe mai immaginare che il pizzicotto che ha sentito dopo aver incontrato una barca piena di ricercatori è servito a impiantarle un dispositivo che serve per studiare la sua vita? Che ne sa una balena di sensori, dati, datalogger, trasmissioni satellitari, studi e ricerche? Allo stesso modo temo sia molto difficile ipotizzare cosa realmente possa fare chi si trova dall’altra parte dei nostri big data.

Ci suggeriscono che questo genere di tecnologia sia utile per individuare ad esempio chi “ruba” ma… in fondo sappiamo bene che chi ha depredato un paese non era certo un comune ladro di galline, quell’innocuo civile a cui si accede rapidamente (e senza timori) perché debole. Il vero furto è sempre stato rappresentato dalle deregolamentazioni folli, da chi ha gestito i fili delle marionette che si sono adoperate nel teatrino della crisi economica globale (pilotata), da chi ha depredato piccole e medie imprese ed ha troncato a metà aziende con tassi di innovazione spaventosi (come quelle che producevano le migliori celle li-ion del mondo o i migliori powertrain range-extender) che potevano rappresentare un serio vantaggio per i consumatori. I veri ladri sono coloro che hanno privato le persone della vera tecnologia dando loro in cambio tecnologia fidelizzante e sovrintendente e dopo averle divise in categorie al fine di stuzzicare l’inutile e dispendiosa lotta tra soggetti che nemmeno si accorgon più di esser dello stesso coro.

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Fitness tracker

Oggetti come un semplice fitness tracker si indossano, raccolgono
dati, si sincronizzano con il nostro telefono (che ha una sim
univoca) o con il nostro pc (che ha un suo indirizzo IP) oppure
mettono direttamente tali dati su una nuvola (cloud). Questa
diffusione di dati, potenzialmente, può permettere persino di
rilevare quante possibilità ci siano che tu raggiunga una
determinata età e possa ad esempio usufruire di determinati
prodotti e servizi. Negli anni ’90 indossavamo un
cardiofrequenzimetro, lo guardavamo noi e, qualche volta, il
nostro medico sportivo. Farne partecipe il mondo che risvolti
dovrebbe invece avere sulla prestazione agonistica?
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Tipologie di Data Logger

Rubrica: Strumenti per il Lab

Titolo o argomento: Strumenti per registrare dati fisici
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A livello commerciale si posono distinguere 4 tipologie di data logger: stand-alone, web-based data logging systems, wireless data nodes e BLE (Bluetooth Low Energy) data loggers. Un quinto tipo è rappresentato invece dai registratori di dati che si possono montare a bordo, ad esempio su un prototipo di un veicolo. Parliamo quindi della possibilità di registrare dati come le forze agenti su un veicolo in movimento o i parametri di un powertrain (a combustione interna, elettrico o ibrido) durante il suo utilizzo. Infine vi sono soluzioni di data logger assemblate ad hoc, per particolari esigenze, da chi fa ricerca. In quest’ultimo caso non pensate per forza a grandi laboratori di grandi realtà irraggiungibili, potrebbe trattarsi anche del vostro garage di casa. Del resto, diceva Wernher von Braun, “Ricerca è ciò che faccio quando non so che sto facendo”.

Data logger portatili

Stand-Alone Data Logger

I data logger di tipo stand-alone sono compatti, portatili e riutilizzabili. Hanno un prezzo contenuto e si utilizzano facilmente in quanto necessitano solo di essere avviati e stoppati all’occorrenza. Generalmente sono monocanale e quindi rilevano una sola grandezza alla volta (ad esempio solo la temperatura). In linea di massima acquisiscono un solo tipo di grandezza anche se ne esistono, con costi leggermente più alti, modelli in grado di acquisire più tipi di grandezze (ad esempio tutte quelle rilevate da un multimetro) ma pur sempre una alla volta.

Includono al loro interno sia la memoria che conserva i dati acquisiti, sia il circuito dello specifico sensore di cui sono dotati nonché l’unità che rileva le grandezze fisiche e le trasforma nel dato utile all’utente, sia la batteria che li alimenta. Al loro esterno hanno generalmente un display, che mostra i dati istantanei catturati, e la presa che permette di collegare il sondino contenente lo specifico sensore. Generalmente il sondino ha un cavo di una lughezza sufficiente a tenere il data logger distante dalla zona del rilievo, questo ad esempio quando è necessario proteggerlo dalla presenza di liquidi o alte temperature. Altre volte invece anche il sensore è contenuto all’interno della scocca del data logger ad esempio ove è richiesta compattezza, dove il rilievo riguarda l’intero ambiente o dove è necessario un elevato grado di protezione ad esempio ai liquidi.

I data logger stand-alone possono comunicare con un computer tramite un’interfaccia USB oppure estraendo la memoria presente all’interno e trasportando così solo i dati senza rimuovere il dispositivo dal luogo del rilievo.

Onboard Data logger

Se nel lavoro che svolgono sono in tutto e per tutto analoghi a tutti gli altri data logger, quello che cambia è il contesto in cui vengono inseriti, come vengono alimentati, quali parametri solitamente registrano e la possibilità di scaricarli manualmente sul computer o di trasmetterli con un sistema a radiofrequenza, una rete telefonica o un collegamento ottico. La loro costruzione deve essere “robusta” per sopportare, sollecitazioni e condizioni sfavorevoli (vibrazioni, sporco, umidità, temperature elevate) e devono essere in grado di registrare una gran mole di dati provenienti da più canali con un’elevata frequenza di campionamento.

Data logger per stazione fissa

Web-based Data Logging Systems

I data logger web-based permettono l’accesso ai dati tramite un cellulare GSM, tramite il Wi-Fi o la rete Ethernet. Questi sistemi possono essere configurati con una gran varietà di sensori esterni e trasmettere i dati ad un server sicuro che li raccolga e li renda fruibili.

Wireless Data Nodes

I wireless data nodes trasmettono in tempo reale i dati da una moltitudine di stazioni ad un computer centrale eliminando la necessità di andare fisicamente presso ogni postazione a scaricare i dati di ogni data logger.

BLE Data Logger

I BLE data logger (Bluetooth Low Energy) misurano e trasmettono dati ad un dispositivo mobile nel raggio di 30 metri.

Data Logger assemblati ad hoc

Non si comprano in un negozio, si assemblano, si aggiornano, si modificano, si espandono, si smontano e si rifanno ad hoc per ogni nuova situazione che richieda l’acquisizione di dati. Ci si procura l’hardware necessario (sensori, relativi circuiti, scheda di acquisizione degli input analogici o digitali, relativo software e un computer) e lo si assembla sulle proprie specifiche esisgenze che possono variare di volta in volta cambiando solo i sensori, i relativi circuiti e la programmazione che permette alla scheda che acquisisce gli input di tradurre i rilievi e renderli fruibili come valori finali all’utente. Quello che è rischiesto in questo caso è la conoscenza dei sensori necessari, la matematica che permette di trasformare le grandezze fisiche rilevate nel valore desiderato (nei precedenti articoli abbiamo fatto l’esempio del termistore la cui resistenza diminuisce al crescere della temperatura e per il quale un’opportuna equazione di terzo grado permette la traduzione dei valori di resistenza in valori di temperatura facilmente interpretabili dall’utente), la capacità di assemblare piccoli circuiti e di interfacciare il tutto con il computer. Pratica sicuramente estremamente laboriosa le prime volte ma in grado di offrire personalizzazioni, espansioni e strumenti estremamente aderenti alle proprie esigenze riutilizzando e riconfigurando più e più volte la maggior parte dello stesso hardware.

Nell’immagine sotto, un semplice circuitino che abbiamo realizzato per ottenere un sensore di temperatura, in sostanza altro non è che una comune sonda K autocostruita. Questa viene sollecitata dal calore, di conseguenza varia la sua resistenza, una scheda di elaborazione (ne trovate quante ne volete sul mercato) di input/output analogici/digitali non fa altro che leggere i valori, inserirli nella equazione di terzo grado che li trasforma in temperatura e fornirli in uscita sul computer restituendo valori istantanei, liste di valori, tabelle, grafici e tutto ciò per cui l’avete programmata. Ovviamente è possibile fornire come dati in ingresso i valori provenienti da più sonde contemporaneamente, sia dello stesso tipo che di tipo differente e riconfigurare ogni volta l’intero sistema in maniera aderente alle nuove esigenze.

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Come lavora un Data Logger?
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Sensore di temperatura realizzato tramite termistore

Come lavora un Data Logger?

Rubrica: Strumenti per il Lab

Titolo o argomento: Strumenti per registrare dati fisici
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I data logger di tipo stand-alone possono funzionare tranquillamente in maniera autonoma, alimentati dalle proprie batterie e collegati ai propri sensori. Essi permetteranno di scaricare i dati sul computer (ora anche su smartphone e tablet) in un secondo momento mediante un normale cavo USB o con trasmissione bluetooth o, ancora, tramite una rete wifi.

I data logger che funzionano invece interfacciandosi con il pc offrono, via via che cresce la loro complessità, maggiori possibilità di personalizzazione a partire dall’intervallo di tempo che intercorre tra la registrazione di un dato e l’altro (frequenza di campionamento), passando per il bit-rate, fino al numero di canali di registrazione ed all’impostazione del momento di avvio e termine del rilievo. Gli utenti più esperti possono inoltre programmarne di specifici per leggere numerose tipologie di sensori, in tal caso è richiesta la conoscenza delle grandezze fisiche variabili e la matematica che le lega al relativo segnale elettrico generato. L’esempio più semplice è quello del termistore la cui resistenza si riduce, seguendo una precisa equazione di terzo grado, con l’aumentare della temperatura; in tal caso la diminuzione della resistenza elettrica offrirà in uscita un incremento di temperatura espresso in gradi Kelvin o Celsius (quest’ultima scala si ottiene semplicemente inserendo nell’espressione matematica, elaborata dal processore del datalogger, un’ultima sottrazione: -273,15).

Data logger più moderni offrono la possibilità di controllo remoto dei dati tramite smartphone, tablet o mediante un pc remoto collegato alla rete; laddove necessario possono essere impostati valori di allarme che avvisano l’utente, ovunque esso si trovi, che sono state raggiunte precise soglie.

Diverse aziende che commercializzano data logger di tipo “consumer” (ossia dai costi contenuti e dedicati ad un utenza generica) pasticciano i loro prodotti fornendo separatamente il relativo software per la visualizzazione dei dati (liste, tabelle e grafici) e per l’esportazione dei file (generalmente txt, csv, xml…). A questo sovente si associano anche procedure di download astruse e troppo laboriose per poter essere digerite da normali utenti. Inoltre, talvolta, il software è disponibile addirittura con un costo aggiuntivo nonostante il tipo di applicativo che legge e organizza i dati sia tra i più banali esistenti.

Per simili ragioni coloro che hanno almeno dei rudimenti di fisica, matematica e meccatronica tendono ad assemblare autonomamente dei data logger dedicati ideali per le proprie esigenze. Si tratta di utilizzare schede di elaborazione dati (microcontrollori, schede embedded, schede di elaborazione input/output analogico/digitale) che possano leggere input provenienti dai sensori scelti (già inseriti in un circuito o da inserire in appositi circuiti realizzati ad hoc) e dialogare con un normale notebook al fine di immagazzinare liste di dati e trasformarli poi in tabelle e grafici. A fronte di una maggior fatica iniziale, necessaria per l’apprendimento di numerosi concetti, la libertà che ne segue poi, nonché l’enorme rapidità di realizzazione di ogni strumento necessario, non hanno prezzo. Vedremo alcuni curiosi esempi negli articoli più specifici, che seguiranno, dedicati alle sessioni di data logging.

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Che cos’è un Data Logger?
Come lavora un Data Logger?
Tipologie di Data Logger
Sessioni di Data Logging (Verrai reindirizzato alla pagina Instruments)

Data Logging da stazione fissa mediante multimetro con data logger integrato

Nell’immagine una sessione di data logging da stazione fissa
mediante multimetro con data logger integrato e relativo software
per l’acquisizione e la gestione dei dati su computer.
Sul multimetro è possibile vedere il valore istantaneo rilevato,
mentre sul pc si osserva l’ultimo dato trasmesso e acquisito.

Che cos'è un Data Logger?

Rubrica: Strumenti per il Lab

Titolo o argomento: Strumenti per registrare dati fisici

Un data logger è uno strumento elettronico che registra misurazioni ad un preciso intervallo di tempo l’una dall’altra e con uno specifico bit rate (velocità di trasmissione). Nei casi più professionali questi valori sono impostabili dall’utente a seconda della complessità del test e della quantità di dati richiesta. Quest’ultima può essere tanto maggiore quanto più alta è la necessità di affinare la precisione di un grafico, ad esempio una curva di scarica di un pacco batterie installato su un prototipo elettrico da testare.

E’ possibile registrare dati di varia natura (grandezze scalari e vettoriali) e nei più disparati campi applicativi utilizzando diverse tipologie di registratori di dati, mirati per un singolo compito, oppure utilizzando registratori di dati in grado di acquisire più valori di uno stesso ambito (dati meteorologici: pressione, temperatura, umidità, irradianza, ecc.; dati elettrici: tensione, corrente, potenza, coppia, numero di giri, resistenza, temperatura, massimi e minimi, sbilanciamenti, ecc.; dati fisici: accelerazione, velocità, spostamenti, carichi, momenti, torsioni, ecc.) o, ancora, costruendo e programmando un data logger ad hoc per soddisfare mirate necessità di ricerca.

Nell’esempio mostrato in foto ci siamo serviti di una scheda di elaborazione input/output analogico/digitale che abbiamo collegato, nel caso specifico, ad un circuito dotato di termistore da noi realizzato e che abbiamo programmato tramite Linguaggio G. I rilievi effettuati restituivano in uscita il valore istantaneo della resistenza elettrica, il grafico dei valori rilevati nell’intervallo di tempo definito ed una tabella esportabile su qualunque foglio elettronico. Inoltre, inserendo la relativa matematica, è possibile trasformare il valore della resistenza in temperatura espressa in gradi Celsius o Kelvin. Il termistore, infatti, è un componente elettronico sensibile alla temperatura la cui resistenza elettrica varia con la temperatura stessa (come vedremo presto negli specifici articoli delle pagine Instruments e Equipments).

Esempi di dati da raccogliere in un dominio temporale definito sono, più genericamente: temperatura dell’aria, umidità relativa, corrente e tensione continua o alternata, differenze di pressione, tempi di utilizzo (luci, motori, dispositivi per i quali è opportuno tenere sotto controllo la vita utile), intensità della luce, temperatura di un liquido, livello di un liquido, ossigeno dissolto, umidità del terreno, piovosità, velocità del vento, direzione del vento, bagnatura fogliare, segnali di impulso, occupazione delle camere, il carico di una presa di corrente, parametri di un impianto di produzione e accumulo dell’energia, parametri di un powertrain,  prestazioni del corpo umano durante un’attività atletica, temperatura all’interno di sistemi frigoriferi atti al trasporto alimenti o campioni biologici (per il rispetto del protocollo H.A.C.C.P.) e molto altro…

I data logger generalmente sono dispositivi compatti alimentati a batteria dotati di un microprocessore, una memoria e uno o più ingressi ai quali sono connessi sensori dedicati. Possono essere impiegati nelle condizioni più severe (anche sott’acqua ove richiesto) e registrare dati per pochi secondi così come per mesi.

Dispositivi monocanale hanno costi di acquisto molto bassi e svolgono un’unica funzione senza possibilità di personalizzare il rilievo, al contrario i dispositivi multicanale possono collezionare una moltitudine di dati in base al numero di sensori di cui sono corredati. Nel mezzo esiste una grande gamma di prodotti che tuttavia, al momento in cui si scrive, non adottano ancora un medesimo standard nel formato di registrazione dei dati, né nel software impiegato e nella relativa fruibilità di funzioni. Ciò implica la necessità di procurarsi più dispositivi per assolvere, come nel nostro caso, compiti molto diversi tra loro come ad esempio l’acquisizione anche di un solo valore che però possa cambiare da prova a prova, l’acquisizione di valori da stazione fissa oppure onboard mentre ci si trova in movimento anche su terreni sconnessi nei quali è fondamentale che l’unità di registrazione sia compatta, leggera e affidabile per continuare a registrare regolarmente anche sotto stress, nonché impermeabile per far fronte anche ad imprevisti e condizioni variabili.

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