Cosworth Catalytic Generator: Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici – Parte 3

Rubrica: Tecnologie utili ai mezzi elettrici ed ibridi, ma non solo…

Titolo o argomento: Il generatore catalitico ultracompatto che “ibridizza” i veicoli elettrici estendendone all’infinito l’autonomia

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Esempio di applicazione sul Ford Transit Custom PHEV

Il Transit Custom PHEV è un particolare furgone compatto Ford dotato di range extender basato su motore benzina aspirato 3 cilindri, 1000 centimetri cubici che muove un generatore elettrico adibito a caricare il contenuto pacco batterie da 13,6 kWh che equipaggia il mezzo. La trazione è puramente elettrica così come il motore del range extender carica esclusivamente le batterie e non provvede alla trazione meccanicamente.

Cosworth, più precisamente Delta Cosworth, ha dimostrato, durante fasi di sviluppo presso il Circuito di Silverstone, di poter ridurre il peso del furgone, ridurre il peso del pacco batterie, aumentare l’autonomia ed aumentare la capacità del vano di carico sostituendo integralmente il motore a combustione interna in dotazione con il loro cat-gen e sostituendo il relativo pacco batterie con quello appositamente messo a punto per il sistema. Un ottimo inizio…

Video

Delta Cosworth – Catalytic Generator Particle Flow

Delta Cosworth – Catalytic Generator Component Breakdown

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Cosworth Catalytic Generator
Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici

Parte 1: Intro | Quali sono i punti di forza?
Parte 2: Come funziona? | Ciclo Brayton
Parte 3: Video esplicativi | Es. applicazione su Ford Transit Custom PHEV

Pagine: Automotive | Motorsport
Pagina: Energy

Lotus Range Extender: il motore ultracompatto destinato ai veicoli ibridi
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 1: Considerazioni grandangolari

Cosworth Catalytic Generator: Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici – Parte 2

Rubrica: Tecnologie utili ai mezzi elettrici ed ibridi, ma non solo…

Titolo o argomento: Il generatore catalitico ultracompatto che “ibridizza” i veicoli elettrici estendendone all’infinito l’autonomia

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Come funziona?

Può funzionare con qualsiasi combustibile liquido o gassoso. Un punto di forza non da poco. Sfrutta il ciclo Brayton per far girare una turbina direttamente collegata ad un generatore elettrico e ad un compressore. L’aria viene aspirata dall’ambiente tramite il condotto di aspirazione e viene compressa aumentando notevolmente pressione e temperatura (rispettivamente circa 4,4 bar e 205°C).

L’aria compressa passa attraverso lo scambiatore di calore (o recuperatore) e viene ulteriormente riscaldata sfruttando il calore recuperato dai gas ad alta energia prodotti dalla reazione nel catalizzatore (si raggiungono circa i 650°C).

Il carburante viene iniettato nell’aria riscaldata e reagisce continuamente mentre passa attraverso il catalizzatore alzando ulteriormente la temperatura a 1050°C aumentando così l’energia del flusso. Il processo di reazione attraverso il catalizzatore è senza fiamma e non è pertanto un processo di combustione (non si generano così NOx), si tratta invece di un processo di rilascio di calore altamente controllato (reazione esotermica).

I gas caldi in espansione cedono energia alla turbina la quale, ruotando a circa 110.000 giri/min, mette in moto il generatore elettrico. I gas di scarico contengono ancora molta energia e vengono fatti fluire attraverso lo scambiatore per scaldare l’aria in ingresso ciclo (il sistema agisce quindi con un prezioso processo di recupero dell’energia).

I gas che hanno ceduto la loro energia escono infine allo scarico ad una temperatura di 350°C. Grazie all’adozione dello scambiatore di calore il carburante viene utilizzato solo per metà del lavoro necessario ad incrementare la temperatura iniziale da 650°C a 1050°C. Maggiore efficienza, ridotto consumo di carburante.

La macchina elettrica, appositamente studiata, produce 35kW di potenza elettrica utilizzabile ad esempio sui veicoli elettrici per caricarne le batterie in marcia e renderli praticamente ad autonomia illimitata (ovviamente finché vi è carburante da iniettare nel sistema).

Pertanto, ricapitolando, i tre incrementi di temperatura si verificano a partire da quella ambiente (es. 21°C → 205°C; 205°C → 650°C; 650°C → 1050°C). L’aria di aspirazione viene compressa a 4,4 bar raggiungendo una temperatura di 205°C, attraverso lo scambiatore di calore (recuperatore) raggiunge la temperatura di 650°C sfruttando l’energia dei gas esausti. L’aria bollente si miscela con il carburante vaporizzato e reagisce continuamente nel catalizzatore raggiungendo la temperatura di 1050°C per incrementare ulteriormente l’energia del flusso. I gas espansi spingono la turbina alla rotazione di 110.000 giri/min trainando compressore e generatore, tutti e tre solidali su un singolo albero. I gas finali passano nuovamente attraverso lo scambiatore per cedere ulteriore energia ed escono all’atmosfera a 350°C.

Per comprendere bene queste fasi dovete fare un breve salto in avanti con la mente durante il secondo incremento di temperatura ed ipotizzare le fasi del ciclo su un cat-gen già avviato. La partenza a freddo sfrutta semplici artifizi della tecnica (riscaldatore elettrico) che possono generare confusione ragione per cui, per semplicità di esposizione, abbiamo considerato il ciclo già avviato ed il dispositivo già caldo.

Ciclo Brayton

Il ciclo Brayton, più precisamente Brayton – Joule, è il ciclo termodinamico ideale per le turbine a gas. Al di là dei fondamenti che trovate su ogni buon libro di testo di Macchine a Fluido (per i percorsi di studi presso gli Istituti Tecnici Industriali e, più teorici e squisitamente matematici, presso le Facoltà di Ingegneria), quello che ci interessa osservare sono le peculiarità di tale ciclo.

Il ciclo è aperto, l’aspirazione e lo scarico sono rispettivamente dall’ambiente esterno e verso l’ambiente esterno. Tra l’aspirazione e lo scarico vi sono fasi di elaborazione del fluido in cui avvengono conversioni di energia meccanica in calore e viceversa che tra poco andiamo a vedere in modalità accessibile.

Si aspira aria alle condizioni di pressione e temperatura atmosferica e si emettono i prodotti della combustione nuovamente all’atmosfera. Parliamo di prodotti della combustione laddove sia prevista una camera di combustione in cui viene accesa la miscela combustibile/comburente (ossia nel ciclo tradizionale). Nel generatore catalitico Cosworth, invece, non vi è combustione ma una continua reazione del combustibile a (relativamente) bassa temperatura all’interno di un catalizzatore. Questo consente di emettere allo scarico gas caldi a ridotto impatto (privi di ossidi di azoto NOx e ossidi di zolfo SO2) o impatto zero (solo acqua qualora venga impiegato idrogeno, ricordiamo che il sistema è onnivoro). Inoltre il ciclo che vedete in figura è espresso in una modalità generale in quanto, in realtà, nel ciclo del cat-gen di Cosworth abbiamo anche il recupero del calore di post-reazione al fine di ridurre notevolmente il carburante impiegato nel lavoro effettuato per portare la temperatura del fluido da 650°C a 1050°C (come espresso nelle fasi del precedente paragrafo).

Con riferimento al grafico seguente

Passaggio dal punto 1 al punto 2: impiego del compressore per comprimere il fluido (aumenta la pressione, si riduce il volume). La macchina (il compressore) opera sul fluido (macchina operatrice), lo scambio di lavoro è negativo (spendete lavoro per operare sul fluido) e, nel ciclo ideale, avviene in condizioni di entropia (S) costante (trasformazione isoentropica) ma la condizione reale prevede una trasformazione adiabatica.

Passaggio dal punto 2 al punto 3: riscaldamento a pressione costante (isobaro). Aumentano il volume e la temperatura.

Passaggio dal punto 3 al punto 4: impiego della turbina per attivare il generatore elettrico. Il fluido espande e muove la macchina (macchina motrice), lo scambio di lavoro è positivo (ricavate lavoro grazie all’azione del fluido). Nel ciclo ideale la trasformazione avviene in condizioni di entropia costante mentre nel reale la trasformazione è adiabatica.

Passaggio dal punto 4 al punto 1: raffreddamento a pressione costante (isobaro). Si riducono il volume e la temperatura.

Nota: l’adozione del recupero del calore permette un incremento non trascurabile del rendimento.

Immagine

Sulla sinistra il grafico pressione-volume, sulla destra il grafico temperatura-entropia. P=cost sta per “pressione costante”, stesso dicasi per l’entropia. Con la dicitura “q+” si intende riscaldamento e con “q-” si intende cessione del calore.

Per assimilare il concetto di entropia potete fare riferimento al relativo documentario a cura del fisico e divulgatore scientifico Jim Al-Khalili spesso trasmesso sul canale Rai Scuola: è spettacolare, spe-tta-co-la-re.

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Lotus Range Extender: il motore ultracompatto destinato ai veicoli ibridi
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 1: Considerazioni grandangolari

Cosworth Catalytic Generator: Il generatore catalitico che estende l’autonomia dei veicoli elettrici – Parte 1

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Il Lotus Range Extender

Già dodici anni fa vi abbiamo parlato di una soluzione molto simile alla radice, trattandosi di un range extender, ma totalmente diversa nello sviluppo. Mi riferisco al Lotus Range Extender sviluppato all’epoca in collaborazione con Fagor Ederlan (vedi in basso i Link correlati) e mai immesso realmente sul mercato. Si trattava di una soluzione assai interessante che permetteva di abbattere notevolmente i consumi di carburante in una architettura ibrida in cui il motore a combustione interna non fungeva da sistema di trazione diretta ma indiretta in qualità di solo generatore di ricarica del pacco batterie. L’utilità ed i benefici? Il motore a combustione interna poteva girare unicamente al regime costante di coppia massima, ottimizzato con consumi ed emissioni esigue, al solo scopo di caricare il pacco batterie del veicolo. Il motore a combustione interna, in tal modo, non era più soggetto alle variazioni di carico (dovute alle condizioni della strada, al numero di passeggeri, alle prestazioni generali richieste) che tanto gravano sul basso rendimento delle unità endotermiche, ma funzionava espressamente nelle sue migliori condizioni. Così alla trazione provvedono unicamente i motori elettrici che vantano un rendimento elevatissimo e splendidamente si accoppiano ai benefici offerti dall’endotermico. Si trattava di una soluzione che ebbi modo di studiare, e di cui verificai il reale potenziale, grazie alle contaminazioni di Ingegneria Navale nonché all’esperienza tecnica sul campo offerte da Wärtsilä con le sue unità propulsive, ottimizzate per l’impiego navale. Tali soluzioni adottavano, per l’appunto, i motori a combustione interna solo in qualità di generatori e lasciavano ai motori elettrici il compito di esprimere la propulsione nelle navi.

Si trattava di soluzioni interessanti degne di nota (in grassetto) di cui però non si parlava mai, eppure una decina di anni fa il clima era già compromesso. Con un range extender sviluppato ad hoc era possibile percorrere circa 100 km con 1,7 litri di carburante senza alcuna necessità di ricaricare il veicolo elettrico a prese pubbliche o private, senza necessità di attendere lunghi tempi di ricarica, senza necessità di dover pianificare un viaggio come una spedizione su Marte. Ma… nulla, non se ne parlò. Oggi siamo (finalmente) pronti ad impiegare simili soluzioni e la tecnologia che c’è, ed esiste da oltre 20 anni, non la si può più snobbare lasciandola nel cassetto delle cianfrusaglie. Ma non è tutto.

Il Range Extender di Cosworth

Oggi Cosworth ha fatto di più, molto di più, riuscendo in qualcosa che solitamente riesce solo ai geni (in realtà si tratta di un progetto nato circa 10 anni fa e sviluppato negli ultimi 5-6 anni con la transizione del mercato verso l’elettrico). Cosworth ha trovato, ad un problema enorme e complesso, una soluzione semplice, a basso costo, leggera, fattibile, versatile, sostenibile, che si basa sull’utilizzo del noto ciclo Brayton delle turbine a gas e di un opportuno catalizzatore per ottenere un Range Extender capace persino di emissioni quasi nulle o nulle in base al carburante che si intende impiegare (il sistema è onnivoro).

Non si tratta di una variante di un sistema a combustione interna ma di un sistema catalitico che non dà origine a combustione e non sviluppa quindi il calore che porta le temperature intorno ai 2500°C responsabili della produzione di NOx.

Quali sono i punti di forza?

E’ semplice

Pochi organi tutti largamente conosciuti dall’industria e dagli operatori del settore.

Costa poco

Si realizza con materiali di uso comune nell’industria e nell’artigianato.

E’ leggero

La sua massa è contenuta, inoltre riduce drasticamente il peso dei veicoli elettrici i quali con un range extender necessitano di pacchi batterie più contenuti.

Fattibile

Non richiede conoscenze e tecnologie esasperate né l’attesa di sviluppo di nuovi mercati né tantomeno particolari accordi con eventuali paesi che potrebbero vantare un qualche monopolio sulle materie prime.

Versatile

Può essere impiegato nel settore Automotive, nell’industria in generale, nell’Edilizia, nel settore Navale, nel settore Militare, nel settore Aerospaziale…

Sostenibile

Ottimo rapporto tra i benefici ed i costi, facilmente realizzabile, onnivoro. Prodotto su larga scala (almeno 100.000 pezzi l’anno) il suo costo può scendere a circa 2.000 Euro.

Pulito

Offre basse emissioni inquinanti o emissioni nulle a seconda del carburante impiegato. Non richiede un post trattamento dei gas di scarico.

Basso impatto generale

Produce basse emissioni sonore: non c’è combustione, è pulito ed è silenzioso, perfetto per l’elettrico.

Onnivoro

Può “digerire” carburanti liquidi o gassosi e persino idrogeno non purissimo (la cui produzione costa molto meno dell’idrogeno puro), aspetto che rivedremo nell’apposita rubrica “Il futuro è ibrido… a idrogeno” (vedi in basso i Link correlati).

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Lotus Range Extender: il motore ultracompatto destinato ai veicoli ibridi
Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 1: Considerazioni grandangolari

Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 6: Analisi della componentistica al banco

Rubrica: Meccanica Off Limits

Titolo o argomento: La mia follia di utilizzo tra l’estremo conservativo dell’endurance e quello agonistico della prestazione pura, breve, intensa…

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Prima di concludere la lunga galleria fotografica che ha accompagnato l’intero rimontaggio della trasmissione anteriore (con particolare riferimento al lato destro comprensivo del mozzo, portamozzo, cuscinetti, sistema di sterzo a boccia, sistema frenante, ecc.) vorrei per completezza includere degli scatti che mostrano alcuni dettagli secondo me meritevoli di ulteriori attenzioni.

Ricordate la foto in evidenza nel secondo articolo di questa rubrica “Analisi delle cause del guasto”, ricordate la “colata” del semiasse? Nelle foto che seguono è possibile osservare nel dettaglio come si presentava la situazione posteriormente, all’interno dei cuscinetti e della sede dei cuscinetti.

Mi riferisco in particolar modo al campione di smeriglio derivato dalla rottura per torsione del semiasse anteriore destro (e successiva abrasione per il forte attrito generatosi tra le parti separate) costretto a sopportare una coppia motrice eccessiva durante i trasferimenti di carico in piena accelerazione (impiego per il quale il veicolo, giustamente, non è progettato). La polvere metallica raccolta, in sostanza, costituisce buona parte di ciò che prima era la sezione di semiasse integra.

Mi riferisco anche alla devastazione della gabbia dei rulli del primo cuscinetto della coppia (investita dalla polvere di smeriglio), al conseguente violento attrito generatosi tra i rulli con fusione degli stessi deformati e abrasi, fino al cedimento delle zone del mozzo che ospitavano i track dei cuscinetti. Per non parlare poi dell’invasiva azione meccanica richiesta per rimuovere rondella e dado, che fermano il semiasse nella sua precisa posizione, documentata dalle foto in cui si vedono il dado e la rondella separati rispettivamente in 3 e 2 parti (come abbiamo visto nei precedenti articoli, operazioni fondamentali da compiere per separare le parti deformate, ingranate, fuse tra loro a causa del proseguimento di marcia per oltre 50 km).

Foto 1: Lo smeriglio

La notevole quantità di polvere di smeriglio raccolta nel barattolo altro non è che il prodotto dell’attrito tra le due porzioni di semiasse separatesi per torsione, parte della gabbia a rulli del primo cuscinetto (il più esterno dei due, quello vicino al dado) e parte dei rulli disintegrati.
Ci tengo a precisare che in questo specifico caso la rottura non è partita dal cuscinetto, come molti tendono a pensare, per poi propagarsi agli organi circostanti. La rottura è partita dal cedimento per torsione da parte del semiasse (una serie rinforzata) per le enormi sollecitazioni impartite dall’elevata coppia motrice espressa con particolari tecniche di guida. Nei primi chilometri dopo la rottura i cuscinetti stavano funzionando ottimamente, poi la polvere di smeriglio ha provocato i danni che abbiamo visto lungo gli articoli di questa sfiziosa rubrica (sfiziosa per chi ama la meccanica fin dentro le sue viscere).

Foto 2 – 3 – 4: I rulli del cuscinetto esterno

I rulli del primo cuscinetto (il secondo era illeso) hanno incontrato differenti destini. Alcuni si sono letteralmente sbriciolati, altri si sono fusi e uniti tra loro, altri ancora si sono fusi e si sono uniti sia tra loro sia con il track del cuscinetto.

Foto 5: Il cuscinetto esterno (quel che ne rimane)

Dimensionato ottimamente ha sopportato tutto quel che ha potuto per un esubero di chilometri, oltre 50 (a bassissima velocità) dopodiché il cedimento definitivo ha mandato la ruota fuori campanatura. Desidero ricordare che la scelta migliore (nonché economicamente più conveniente) sarebbe stata quella di fermarsi all’istante, caricare il Defender su un carrello e portarselo in officina per sostituire il solo semiasse, i paraoli, le viti e le guarnizioni, nonché i vari grassi e lubrificanti necessari. Tuttavia ho voluto fare un test, come ho sempre fatto anche su auto e moto da corsa, per studiare e conoscere fino in fondo la natura del progetto (deformazione professionale).
Non fatelo mai! Mai in nessun caso! Lo sconsiglio nel modo più rigoroso, assoluto e categorico possibile. Io stesso non ripeterò mai più una prova simile.

Foto 6 – 7: Il dado e la rondellona

Non presentano particolari stress legati alle sollecitazioni che si sono verificate, tuttavia la deformazione del fusello (sotto il carico impresso non vincolato ed il calore generato) e la sua conseguente ovalizzazione hanno impedito il normale svitamento del dado e la normale estrazione della rondellona (anch’essi leggermente ovalizzati ma privi di segni di innesco di rotture).

Foto 8: La sede dei track dei cuscinetti nel mozzo

Il track del cuscinetto in questione, quello esterno, ruotava liberamente nella sua sede all’interno del mozzo. E’ impressionante se si pensa che per inserire un track in un mozzo sono necessari un martello con una buona massa e un attrezzo specifico per guidare l’inserimento reso, necessariamente, difficoltoso dall’interferenza dei diametri (il diametro del track è maggiore di diversi centesimi di millimetro rispetto a quello della sede per assicurarne il bloccaggio).

Continua…

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Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma

Parte 1: Intro
Parte 2: Analisi delle cause del guasto
Parte 3: Smontaggio dell’assieme
Parte 4: Smontaggio speciale delle parti danneggiate
Parte 5a: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Distinta materiali
Parte 5b: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Boccia di sterzo
Parte 5c: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Fusello
Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti
Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale
Parte 6: Analisi della componentistica al banco
Parte 7: Conclusioni
Parte 8: Curiosità
Parte 9: Sicurezza

Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale

Rubrica: Meccanica Off Limits

Titolo o argomento: La mia follia di utilizzo tra l’estremo conservativo dell’endurance e quello agonistico della prestazione pura, breve, intensa…

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Spesso si pensa ad un organo monolitico, quale è un mozzo, come ad un organo che supporta semplicemente il carico statico. Si pensa cioè allo sforzo che è chiamato a sostenere solo quando il veicolo è fermo. In realtà, quando il veicolo è sottoposto ad accelerazioni più o meno intense, e quindi a trasferimenti di carico, partenze, arresti, urti… gli sforzi che esso va a sostenere corrispondono a diverse tonnellate, ben più del carico statico (se avete una bilancia pesapersone analogica, attraverso un piccolo balzo sulla pedana, potete notarlo in piccolo). Inoltre le sollecitazioni e le conseguenti deformazioni vengono trasmesse reciprocamente tra il mozzo e gli organi complementari, e viceversa. Pertanto se anche uno solo di loro risulta fallace le conseguenze si ripercuotono lungo l’intera catena. Tolleranze non rispettate, serraggi errati, lubrificazioni inadeguate, geometrie alterate, materiali non adatti, portano conseguenze spiacevoli nei casi migliori, altre che preferisco non definire in quelli peggiori.

La rottura per torsione del semiasse, come abbiamo già visto, con il proseguimento della marcia ha prodotto una polvere di smeriglio e indotto temperature tali da danneggiare gravemente uno dei due cuscinetti, la sua relativa sede (track), la superficie interna del mozzo, il fusello… generando una serie di rotture in cascata. La ruota è rimasta al suo posto ma fuori campanatura e (abbiamo tangibili testimonianze dai nostri colleghi impegnati nelle competizioni off-road con questi ed altri particolari mezzi) poteva verificarsi una rottura più importante. Fortunatamente il primo segno di cedimento concreto si è presentato a poche centinaia di metri dalla mia abitazione dopo la mia follia tecnica che sconsiglio vivamente e seriamente a chiunque di replicare: al manifestarsi del guasto arrestarsi immediatamente e attendere il veicolo di soccorso per il trasporto in officina.

Pensare di effettuare una curva, o affrontare un imprevisto, con un gruppo mozzo che non è assemblato, registrato a misura e controllato nel minimo dettaglio, ad esser sincero, non mi lascia esattamente a mio agio. Immaginate di perdere improvvisamente un angolo caratteristico (campanatura o convergenza ad esempio) o, persino, un vincolo durante una curva o un’azione impegnativa. Le conseguenze sarebbero poco piacevoli in pista, non oso pensare su strada. Quando percorrevo quella curva, di cui vi parlavo nei primi articoli di questa rubrica, il cedimento del solo semiasse destro ha prodotto un allargamento della traiettoria per mancanza improvvisa di coppia motrice che ho compensato con le conoscenze tecniche maturate per anni e anni in pista. Tutto il comparto sospensioni era in perfetto ordine, il gruppo del mozzo non era ancora danneggiato (visto che lo smeriglio non si era ancora prodotto) e la ruota era ben salda. Eppure l’allargamento di traiettoria è stato tanto marcato quanto inaspettato, specie perché è arrivato in un momento in cui chiedevo alla trazione integrale di aggrapparsi al suolo in proiezione uscita di curva. Il cedimento di un organo portante avrebbe avuto senza ombra di dubbio una influenza maggiore.

Per queste ragioni considero ora un veicolo strutturato in modo così importante non più il veicolo spartano, rustico e abbondante che inizialmente volevo vedere (come tanti appassionati come me lo vedono del resto), bensì un veicolo che per taluni aspetti richiede persino più cure e attenzioni dei veicoli da pista ai quali sono abituato. E onestamente non pensavo ma son lieto di aver fatto questa conoscenza : )

Continua…

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Parte 3: Smontaggio dell’assieme
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Parte 8: Curiosità
Parte 9: Sicurezza

 

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Vorrei poter dire che ora arriva la parte delicata, in realtà, ripercorrendo con il pensiero ogni passo, non osservo una sola fase, dalla rottura del semiasse, allo studio delle cause del guasto, all’esecuzione delle lavorazioni per asportazione di truciolo, alla stesura della distinta base, alla realizzazione di attrezzi specifici, al controllo e riassemblaggio di ogni sezione, che non sia oggettivamente delicata. E non c’è una fase che non sia “particolarmente” delicata, questo perché la riuscita di ogni singola operazione dipende da innumerevoli fattori. Quindi, scherzando, questa fase è la più delicata… come tutte le altre : )

Ad esempio se non si adottano gli utensili specifici della casa per l’inserimento ed il corretto posizionamento di paraoli, cuscinetti, relativi track, ecc e se non si dispone di specifici attrezzi per raggiungere le viti di difficile accesso (vedi ad esempio le viti poligonali con la testa da 14mm impiegate per assicurare la boccia di sterzo all’assale anteriore e le medesime viti, con testa da 13 mm, utilizzate per fissare la pinza freno) diventa molto facile causare dei danni, errare serraggi, rigare delle superfici, indurre dei grippaggi, mal posizionare delle parti, rendere inefficaci le tenute causando così trafilaggi di olio/grasso dannosi o persino provocare conseguenze di cui, raramente, si prende consapevolezza in un secondo momento. Solitamente si tende ad addossare la colpa di un ennesimo guasto al veicolo poiché non ci si rende conto che il precedente intervento di manutenzione è stato fatto senza osservare i dovuti accorgimenti tecnici. Non si vede cioè ciò che non si conosce.

Altro esempio tipico di fattori determinanti per la buona riuscita di un intervento tecnico è quello delle misure. Molti prendono pezzi e “buttano su”. Una buona abitudine che si coltiva lavorando per anni nel Motorsport è quella invece di non riporre totale fiducia nel ricambio ed operare opportune verifiche di quel che si va a montare e di come e dove lo si va a montare. Non sono rari persino gli errori nei manuali e, a quest’ultimi, solitamente si può porre rimedio solo con l’esperienza. Personalmente eviterei di metter le mani, come prima esperienza, su un veicolo così complesso senza una buona infarinatura meccanica e, non c’è nulla di cui vergognarsi, senza aver “scassato” veicoli più semplici con errori variegati che formano quella cosa preziosa che prende il nome di “Esperienza”.

Si potrebbe però obiettare che gli attrezzi specifici della casa hanno costi molto elevati. E’ vero. E che una persona esperta può ottenere la stessa qualità di assemblaggio utilizzandone di diversi. E’ vero. Ma bisogna essere esperti, realmente esperti, saper usare un buon tornio, egregiamente, conoscere i materiali che si vanno ad impiegare ed il perché di una determinata geometria e relativo dimensionamento di ogni dettaglio di uno strumento.

Gli attrezzi specifici della casa hanno costi elevati a causa della piccola produzione, hanno costi elevati per i materiali impiegati che permettono una ripetibilità elevata e senza usura delle operazioni su numerosissimi veicoli (ideale per le officine autorizzate ad esempio) e per la velocità di intervento che permettono senza troppe beghe (sempre ideale per le officine autorizzate che lavorano con un numero elevato di veicoli e che, come appena detto, devono concentrarsi su altro dando per scontato l’efficacia dello strumento utilizzato).

Personalmente ho fatto uso sia di alcuni attrezzi ufficiali della casa, sia di altri forniti da costruttori specializzati, sia di altri ancora costruiti ad hoc da noi con le macchine utensili riproducendo quelli specifici (giusto per contenere costi altrimenti irragionevoli per un solo uso personale nonché mantenere un certo allenamento nel risolvere problemi), sia di oggetti “d’officina” che, vuoi per il fattore “c”, vuoi perché me li sono andati a pescare di proposito, sono dimensionati esattamente come necessario. Inoltre c’è il gusto e l’utilità di trovare metodi alternativi (ma validabili) di effettuare complicate riparazioni anche in viaggio con quel che si ha a disposizione e, soprattutto, in situazioni difficili.

Non penserete infatti di riparare un Defender realmente con il kit di attrezzi posto sotto al sedile di guida? La chiave per svitare le ruote si piega, non si spezza, ma nemmeno svita la ruota che lì resterà (avoglia a girare la chiave!), tanto per fare un esempio : )
Allenamento puro. La necessità aguzza l’ingegno e così, giusto per svago personale durante un complesso lavoro, con il pistone di uno splendido motore V6 che conservo a scopo didattico, sono riuscito tranquillamente ad inserire i track dei cuscinetti. Ma vi chiedo retoricamente, con l’intenzione di provocare, è corretto usare l’alluminio? Non vi nascondo che alla fin fine ho realizzato comunque l’attrezzo specifico gemello di quello della casa che è finito nel set di attrezzi da viaggio.

Nelle immagini che seguono, prima di vedere l’ultimo articolo sull’assemblaggio dell’assieme, sono posti in risalto momenti in cui sono andato a provare l’impacchettamento dei cuscinetti del mozzo prima dell’effettivo montaggio di tutto il gruppo sull’assale. Le superfici sono state rispettate, gli accoppiamenti per interferenza sono stati eseguiti senza sottoporre le parti a particolari stress, le posizioni finali sono state raggiunte e verificate e, per ultime ma assolutamente non meno importanti, le misure sono state effettuate con estrema attenzione ed ogni singola scelta è stata arricchita da uno o più “perché”.

Continua…

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Parte 5b: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Boccia di sterzo
Parte 5c: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Fusello
Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti
Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale
Parte 6: Analisi della componentistica al banco
Parte 7: Conclusioni
Parte 8: Curiosità
Parte 9: Sicurezza

     

Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 5c: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Fusello

Rubrica: Meccanica Off Limits

Titolo o argomento: La mia follia di utilizzo tra l’estremo conservativo dell’endurance e quello agonistico della prestazione pura, breve, intensa…

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Il fusello, che i miei colleghi inglesi chiamano Stub-Axle, come avviene per la boccia di sterzo, sembra un organo alquanto banale e invece… Ricopre numerose funzioni sia lungo la sua superficie interna, sia lungo la sua superficie esterna, sia tramite i suoi attacchi, posteriormente mediante viti, anteriormente mediante maschio filettato.

Internamente incorpora un paraolio e un cuscinetto a rullini. Il paraolio impedisce passaggio di fluidi dalla scatola della boccia di sterzo al vano dei rasamenti chiuso all’altra estremità dalla flangia di trasmissione. Il cuscinetto a rullini sostiene parte del carico verticale del lungo semiasse (estremità esterna).

La sua superficie esterna sostiene l’intenso carico del veicolo, le relative accelerazioni trasmesse dai trasferimenti di carico e dalle asperità del manto stradale, nonché le azioni della ruota stessa in quanto massa non sospesa. Il tutto viene trasferito alla scatola della boccia che, tramite la boccia che ingloba, lo trasferisce infine all’assale anteriore. Questo sostegno è mediato dai generosi cuscinetti a rulli conici posti in coppia l’uno di fronte all’altro i quali, tramite i relativi track, si accollano il carico del mozzo. Ma non solo, la loro registrazione ottimale permette una “comunicazione” perfetta e controllata tra fusello e mozzo e mantiene il gioco dell’assieme entro una tolleranza accettabile.

Quindi passaggio interno del semiasse, passaggio esterno dei cuscinetti, sostegno di tutti i carichi concentrati, trasferimento di quest’ultimi all’assale, enormi sollecitazioni di taglio e, infine, estremità filettata per accogliere il dado da 52mm e la relativa rondella che “impacchettano” l’assieme (perfettamente visibile nel prossimo articolo dedicato nello specifico al mozzo).

A guardarlo sembra un organo tanto semplice sul quale non investire più di tanto e invece rappresenta una sorta di nucleo resistente che non può e non deve fallire il suo scopo specie se, come me, caricate e trainate su ogni tipo di strada, le vostre particolari attrezzature e le merci per un totale di 900kg a bordo e di 3500kg trainabili. Un atleta da resistenza, un bestione prestante, agile, mai goffo, voluminoso ma muscolare, se fosse un cane sarebbe un Bull-Mastiff inglese.

Nel campo agonistico il ruolo varia e se le sollecitazioni legate ai carichi diventano quasi nulle, quelle legate alle forti accelerazioni sono talmente intense che le forze in gioco posso essere del tutto comparabili tra i due impieghi (sempre per il secondo principio della dinamica F=m*a, ovvero Forza uguale Massa per Accelerazione, ove al crescere della massa o delle accelerazioni abbiamo in ogni caso una crescita di forza di cui tener strettamente conto). Nei Defender da corsa, al verificarsi di un cedimento dei cuscinetti, il fusello deve resistere all’enorme sollecitazione di taglio e non permettere a “tutto ciò che si appoggia sul fusello stesso” di tagliarlo evitando quindi ulteriori danni che potrebbero interessare il semiasse inglobato.

Il fusello pertanto, oltre a necessitare di un’ottima lega e relativi trattamenti termici, deve rispettare precise tolleranze geometriche e dimensionali ed essere assemblato con estrema cura alla articolata componentistica che lo circonda: guarnizione fusello-scatola boccia, anello reggispinta del semiasse (quello dorato), paraolio-grasso e cuscinetto a rullini interni, disco parapolvere esterno, viteria dedicata con apposito frenafiletti per la giunzione alla scatola della boccia, cuscinetti a rulli conici e spaziatore che sostengono il mozzo, dado e rondella di impacchettamento dell’assieme.

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Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma

Parte 1: Intro
Parte 2: Analisi delle cause del guasto
Parte 3: Smontaggio dell’assieme
Parte 4: Smontaggio speciale delle parti danneggiate
Parte 5a: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Distinta materiali
Parte 5b: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Boccia di sterzo
Parte 5c: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Fusello
Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti
Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale
Parte 6: Analisi della componentistica al banco
Parte 7: Conclusioni
Parte 8: Curiosità
Parte 9: Sicurezza

Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 5b: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Boccia di sterzo

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Nella cascata di componenti che vanno da ogni singolo giunto sull’assale anteriore, riversando fino alla relativa ruota, il primo organo che troviamo è la boccia di sterzo. Sostiene il gravoso carico di tutto il gruppo mozzo-ruota, permette la rotazione della ruota stessa attorno all’asse (quasi) verticale e si lascia attraversare internamente dal semiasse affinché venga trasmesso il moto. Trattasi di un organo all’apparenza molto semplice (che pare richiamare un calice) ma che è in realtà assai elaborato e la cui importanza è da non sottovalutare assolutamente.

Una guarnizione in carta si interpone tra la boccia e l’assale per impedire all’olio del differenziale anteriore (che bagna anche i semiassi) di fuoriuscire dal sistema giunto. Due pin (come sono solito chiamarli), uno superiore e uno inferiore, assicurano il vincolo di rotazione della boccia nella scatola mediato da due specifici cuscinetti a rulli conici. Opportuni spessori (regolabili) permettono la registrazione della stretta dei pin sulla boccia evitando così che sia troppo cedevole o troppo tenace (si verificherà poi ad assemblaggio parziale con un dinamometro). Un opportuno grasso a bassa densità (che sostituisce l’olio, impiegato nelle versioni di un tempo, che trafilava facilmente) offre molteplici funzioni e permette una più efficace lubrificazione del giunto omocinetico del semiasse che naturalmente attraversa la boccia internamente, la lubrificazione dei cuscinetti a rulli conici e la lubrificazione della stessa boccia di sterzo lungo la sua corsa a contatto con il generoso paraolio posteriore impegnato nella tenuta interna del lubrificante e in quella esterna di polvere e detriti.

Nell’ultima foto è possibile notare la presenza del piccolo paraolio, sul retro della boccia di sterzo, il quale avviluppa il passaggio del semiasse ed assicura che l’olio del differenziale non entri in contatto con il grasso della boccia stessa. Questo elemento, per quanto possa sembrare trascurabile, riveste un ruolo prioritario per evitare miscugli deleteri.

Un’orchestra di componenti che, per la miglior performance, ricevono un primo incipit dal maestro che regola e assembla ogni elemento in virtù della funzione e del risultato atteso, e poi vengono accompagnati da un utilizzatore che beneficerà di una qualità tanto maggiore quanto più il maestro sarà stato accurato e l’utilizzatore stesso consapevole ed equilibrato.

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Parte 4: Smontaggio speciale delle parti danneggiate
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Ora l’assale anteriore è libero, opportunamente protetto e messo in sicurezza (tra i vari obiettivi c’era anche quello di simulare le difficoltà di effettuare una simile operazione all’aperto, ad esempio durante un viaggio, ma rivedremo meglio questi dettagli nella parte 9 di questa serie di articoli). E’ pertanto pronto ad ospitare un nuovo assieme finale di trasmissione che va dal differenziale anteriore alla relativa ruota destra.

Delle precedenti parti si salvano solo la boccia di sterzo, la relativa scatola che la ospita, la componentistica che permette l’assemblaggio della boccia di sterzo, la pinza freno e la ruota completa (oltre a mezzo semiasse, lato differenziale, che però finirà esposto in una teca tecnica assieme alla sua metà, lato ruota,  devastata e alle altre parti di interesse che abbracciano diversi stati di usura meritevoli di attenzioni; rivedremo meglio il tutto nella parte 6 di questa serie di articoli). Lo smeriglio non ha raggiunto il sistema di sterzo e così, in questa sede, è stato sufficiente (si fa per dire) pulire le parti e sostituire quelle soggette a normale usura. Oltre, naturalmente, a parti quali guarnizioni, paraoli e materiale di consumo specializzato come ad esempio i vari tipi di grasso (con caratteristiche tecniche dedicate destinati alla boccia di sterzo, ai cuscinetti della boccia, ai paraoli), lubrificanti e frenafiletti (nei gradi di bloccaggio indicati dalla casa).

Nelle foto che seguono possiamo osservare l’affascinante distinta di base dei materiali necessari a dare il via all’assemblaggio in più fasi che ha richiesto notevole cura di innumerevoli dettagli. Le parti sono tutte rigorosamente originali per una terna non trascurabile di motivi: per esser coperti della garanzia prevista dal costruttore, per non alterare il grado di affidabilità del veicolo (specie nel nostro caso in cui lo mettiamo sotto stress quotidianamente per lavoro e con circa 45.000-50.000 km percorsi ogni anno abbiamo bisogno di ampi intervalli utili tra una sosta per manutenzione e l’altra) ed avere di conseguenza un comportamento più che mai omogeneo ed aderente a quello che conosciamo da anni e per godere di una qualità costruttiva maggiore delle parti (geometrie simili non significano stessi materiali, parti che si assomigliano possono avere comportamenti molto differenti specie durante le sollecitazioni più intense).

La concatenazione di problemi che possono emergere da un minimo dettaglio è ormai limpida nell’esposizione dei fenomeni illustrati nei primi quattro articoli di questa serie. Un componente che fallisce il suo funzionamento può comportare una serie di conseguenze rilevanti che possono influenzare pesantemente un lavoro (in questa serie di articoli si fa riferimento ad un veicolo che viene impiegato costantemente per lavoro). Risparmiare poche decine, centinaia di euro può voler dire problemi, perfettamente evitabili, per migliaia e migliaia d’euro (specie se l’imprevisto si verifica durante una situazione d’emergenza in cui i tempi di consegna dei ricambi si allungano o addirittura si verificano delle indisponibilità prolungate anche solo di piccole parti).

Troviamo così in laboratorio un nuovo semiasse completo (costruito da un marchio partner di Land Rover e montato di primo impianto sui Defender td4, i Puma), un nuovo portamozzo (l’originale resiste a sollecitazioni molto maggiori di quelli after market; abbiamo raccolto dati su veicoli impiegati nelle competizioni osservando diversi tipi di rotture nell’impiego agonistico), nuova componentistica al contorno del portamozzo come l’anello reggispinta (parte color oro, facilmente riconoscibile, che regge la spinta del semiasse), l’anello che protegge da polvere e detriti la boccia di sterzo e la relativa scatola, le viti specifiche, il cuscinetto a rullini, le guarnizioni ed i paraoli. Arrivando infine al nuovo mozzo completo dei relativi cuscinetti (anch’essi costruiti da un partner di Land Rover) e track da riportare in sede per interferenza, il freno a disco ventilato dalle generose dimensioni (quasi un prodotto da competizione, le pinze dispongono addirittura di 4 pistoncini ognuna ricordando moltissimo la seconda legge della dinamica e numerose considerazioni che vedremo nella parte 8 di questa serie di articoli), per finire l’opera con una nuova flangia di trasmissione, ovvero quell’organo tenace e compatto che trasmette il moto (la corposa coppia motrice) dal semiasse alla ruota.

Un lavoro tanto affascinante (per chi ama le costruzioni meccaniche) quanto impegnativo, un lavoro dove ogni singolo passo ha un suo preciso motivo e viene operato tanto meglio quanto maggiore è la propria esperienza in ambito meccanico, un lavoro per appasionati virali : )

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