Rubrica: Due ruote d’altri tempi, Motorsport
Titolo o argomento: Praticamente una pregiata degustazione 2 tempi subito prima del racing puro
Il Fifty è il ciclomotore storico di maggior fama in Italia, tra gli anni ’70 e ’90, subito dopo la Vespa. Dopo il Fifty non ci sono stati più fenomeni capaci di segnare un’era, tantomeno un ventennio. Frutto del genio Malaguti (pregiata azienda italiana a carattere familiare) veniva soprannominato anche “tubone” per via del suo telaio a tubo centrale che fungeva allo stesso tempo da serbatoio di benzina integrato. Secondo nella fama ma primo assoluto nella tecnica, nelle varianti HF, CX, UP e TOP era capace di prestazioni elevatissime per un 50cc ed era l’unico ciclomotore a fornire un ottimo avvio verso la guida delle moto. Moto dalle quali traeva anche numerose soluzioni tecniche.
Superleggero
Superleggero, con i suoi 70 kg (c.a.), pesava 20-25 kg meno degli scooter offerti all’epoca dalla concorrenza. A parità di cilindrata questo si traduceva in un vantaggio enorme in accelerazione, in curva, in frenata, nei cambi di traiettoria… La distribuzione delle masse era ottimale, con il motore centrale, compatto e tutti gli organi essenziali raccolti attorno ad esso. Portato al limite offriva un comportamento neutro assolutamente bilanciato e prevedibile.
Forcella moto
All’anteriore aveva una forcella moto (espressione che amo trarre dal gergo delle biciclette enduro*) ovvero con due steli e doppia piastra ancorata attorno al cannotto di sterzo (gli scooter erano dotati di forcella simile alle ordinarie forcelle mtb, senza piastre). Non era regolabile ma se il vostro peso era contenuto entro i 60-70 kg la taratura di fabbrica vi poteva permettere, a seconda del vostro “manico”, staccate al limite con affondo progressivo e leggero sollevamento della ruota posteriore (qualora, come me, foste stati folli amanti della guida da GP) in totale stabilità e quindi sicurezza.
*Da cui traevo miscele di esperienze che dalla bici portavo al Fifty e viceversa.
Leveraggi progressivi al posteriore
Al posteriore il forcellone, sebbene semplice e snello, era anch’esso ancorato al telaio e controllato come quelli delle moto grazie al sistema di leveraggi progressivi. Inutile dirlo, era semplicemente perfetto, affidabile, preciso. Anche ad andature sostenute (non consentite dal codice stradale) si aveva l’assoluta certezza del contatto ottimale a terra e del mantenimento rigoroso delle traiettorie desiderate. E stiamo parlando solo di un piccolo ciclomotore 50cc.
Costruito con la passione per la tecnica
Il fatto è che il Malaguti Fifty, nello specifico il Fifty Top, non era costruito, come accade oggi, solo per trarne un profitto. Era costruito con la passione per la tecnica ed il desiderio di esibire un prodotto al “Top” con progettazione, materiali e soluzioni tecniche di primissimo ordine (tanto che, come vedremo nel prossimo articolo, ne fu realizzata una versione Evo con soluzioni all’avanguardia).
Stabilità
Le grandi ruote da 16 pollici gli conferivano una stabilità eccelsa anche in condizioni di bassa aderenza. Ricordiamo che aderenza e stabilità sono due caratteristiche della dinamica del veicolo nettamente distinte. Mentre ad una ridotta aderenza potete porre rimedio con gomme più “idonee” ai vostri scopi, per la stabilità (cioè la capacità del veicolo di rimanere in assetto, guidabile e prevedibile, anche in condizioni di bassa aderenza), se il progetto è sbagliato, potete fare veramente poco.
Frenata racing
Ovviamente una ruota grande poteva ospitare un freno a disco grande… ed è grazie a questo disco, alla sua pinza ed a pasticche racing, che era possibile effettuare staccate che facevano sollevare la ruota posteriore innescando quelle contenute ma adrenaliniche sbandate controllate un istante prima del chirurgico inserimento in curva da mozzafiato (io ci andavo proprio matto, sderenavo, per colpa mia, pasticche e pompe freno anteriori che controllavo e cambiavo come fosse una moto da gran premio).
Il Motore
Telaio snello, leggero, rigido, ben bilanciato, sospensioni ottimali. A questo punto ci si può aspettare una pecca a controbilanciare tutto. E invece no.
Il motore Franco Morini FM G30 M4, 50cc 2 tempi, era un puro gioiello in alluminio, anch’esso superleggero (12kg), rigido, prestante e affidabile (con le dovute cure che, naturalmente, non dovevano mai mancare). Cilindro in alluminio, oltre 10.000 giri al minuto di rotazione massima (senza fermi e solo dopo un corretto rodaggio) avendo cura di rispettare determinati accorgimenti al di fuori dell’ordinaria manutenzione (che custodisco gelosamente), raffreddamento a liquido senza pompa dell’acqua ottenuto con soluzioni tecniche che oggi potete solo sognare e che permettevano di ottimizzare il rendimento meccanico in quanto l’albero motore, per l’appunto, non doveva trascinare una pompa con la relativa resistenza del fluido. La miscela veniva ottenuta in modo variabile con miscelatore separato, il serbatoio dell’olio era collocato sottosella subito dietro l’imbocco del rifornimento di carburante.
Ma non è finita. Il Malaguti Fifty Top disponeva di un cambio a 4 marce con i comandi posti esattamente come nelle moto (leva frizione sulla sinistra del manubrio, comando del cambio sulla sinistra del motore e comando del freno posteriore sulla destra del motore), disponeva inoltre di una frizione multidisco in bagno d’olio estremamente robusta che ho “maltrattato con Amore” per circa 30.000 km senza che questa mostrasse segni di cedimento. La trasmissione, ovviamente è a catena.
Performance di tutto rispetto
Questo significa che alle volte partivo ai semafori sganciandola e controllandola attorno ai 6000 giri al minuto provocando una furibonda impennata che, protraendosi per alcuni metri in lunghezza e per soli 20-30 centimetri in altezza, permetteva di tenere il gas giù (non essendoci rischio di ribaltamento) raggiungendo la coppia massima praticamente in un istante.
La seconda, la terza e la quarta marcia, se si teneva il motore ai giri giusti in un intorno degli 8.500 giri/min (ma molto dipendeva anche dal pignone e dalla corona montati, dalla cura e dai settaggi del motore comunque originale), garantivano non solo di polverizzare qualunque scooter 50cc (originale e, analogamente, senza fermi) mai prodotto sino ad oggi (e con “sino ad oggi” intendo proprio oggi, nel 2020), ma di osservare dallo specchietto, con quel pizzico di soddisfazione adolescenziale, gli occhi sbarrati di un incredulo malcapitato coetaneo interdetto e prossimo a stati di depressione.
Una volta tirata la terza marcia fino agli 80 km/h circa (che molti inseguitori, 20-30 metri indietro, col variatore in affanno, credevano essere l’ultima), chi seguiva scompariva con un notevole distacco se si apriva e spingeva anche la quarta che allungava (con opportuna sostituzione del pignone anche solo con uno con un dente in più, Z12) sino a circa 90 km/h**…
**Con cilindro, marmitta e carburatore originale, aspirazione e trasmissione leggermente ritoccati e una particolare cura di numerosi dettagli che traevo dal mondo delle corse nel quale muovevo a suo tempo i primi passi – un normale tagliando, sebbene molto valido, completo e chiaro, non avrebbe permesso di mantenere il ciclomotore in perfetta salute se lo si usava oltre lo status di mezzo di trasporto.
A corredo di tutto ciò vi era un pistone dotato di due fasce supersottili (messe assieme avevano lo spessore di una singola fascia di un motore 50cc 2 tempi comune), l’accensione con centralina ad anticipo variabile, elettronica di serie Ducati Energia, strumentazione racing bianca completa di contachilometri, contagiri, spia del folle, spia dell’olio, spia della temperatura acqua. Quest’ultima, ci tengo a sottolineare, non ha mai avuto necessità di accendersi nemmeno una volta ed il motore, ancora oggi, mantiene la massima compressione prevista dal costruttore, segno che stress termici particolari il motore non ne ha subiti. Ma questo ovviamente anche a seguito di una cura a dir poco maniacale di ogni aspetto tecnico che, da motorista ad inizio carriera, curavo con attenzione spasmodica tenendo ogni valore sotto accurato controllo neanche si trattasse di una 500 2 tempi del motomondiale, ma da ragazzino per me questo era, in sostanza.
Il prezzo
Per il resto il Fifty Top era semplicemente un sogno, un sogno che vantava addirittura un prezzo oltremodo concorrenziale, costava poco più di 3.300.000 di Lire nell’ultimo anno di produzione, quando scooter di qualità e tecnica decisamente più contenuta, con prestazioni ben più limitate (a parte rare eccezioni di rilievo ma comunque non paragonabili ad un Fifty), costavano 4.500.000 Lire.
Nel mondo consumistico tirano di più mode e tarli
Come sappiamo però, sul mercato, tirano più mode e tarli dei contenuti tecnici di tutto rispetto. Se in un mondo consumistico (che a metà anni ’90 stava andando in contro ad un forte mutamento dei mercati e del modo di consumare) la tecnica, le passioni, il rispetto per i mestieri (crollato a partire da quegli anni senza mai più riprendersi) avessero avuto un valore maggiormente riconosciuto ed apprezzato dal pubblico, il Fifty avrebbe avuto sicuramente un prezzo superiore a quello di uno scooter. Questo non per lamentarsi dell’ottimo prezzo, ci mancherebbe, bensì per far notare che il Malaguti Fifty Top è l’analogo, nel suo specifico settore, di una Lotus Exige, di una Ducati 998R, di una Aprilia RS 250 (2 tempi), di una Ferrari F40…
Oggi, addirittura, più si toglie ad un veicolo nell’intento di estrapolarne la versione stradale da corsa e più costa. All’epoca, invece, il Fifty dava molto di più per costare meno.
Una moltitudine di significati a bordo con te
Guidare un Fifty significava vincere, significava andar forte, significava divertirsi, significava sicurezza, significava handling, significava dotazione tecnica di alto livello, significava originalità, significava carattere. I miei amici che preferirono lo scooter per via dell’ampio spazio sottosella e della presa diretta che rendeva la guida più semplice (ma meno controllabile, quindi parliamo solo di una semplicità apparente), guardavano il mio Fifty sempre con una certa malinconia quando parcheggiavamo assieme. La malinconia di una scelta che non ebbero il coraggio di fare o, più semplicemente, per la quale non erano portati. C’era sempre e comunque una profonda ammirazione, un vorrei ma non posso.
I veri valori… solo dalle Aziende a conduzione familiare
Il Fifty si trovava in una nicchia di mercato nella quale attingevano solo gli intenditori, gli appasionati viscerali e non le masse. In quella nicchia erano padroni la passione, la tecnica, il contenuto, l’onestà e l’estremo pregio delle piccole e medie aziende a conduzione familiare. Quel tipo di aziende sovente originate e avviate da anacronistici divulgatori dell’artigianato e dei valori della vita, uomini veri.
Caratteristiche che, purtroppo, in un mondo di quotidiani paradossi e ignoranza, non premiano. Ad ogni modo Malaguti, così come Morini e Minarelli, facevano le cose*** come andavano fatte, come le fanno le aziende serie, come le fa chi ha dei sogni e prova del vero gusto nel fare quello che fa.
***La mia conoscenza si limita e fa riferimento al solo prodotto.
Difetti? Quasi impossibile trovarne
Ottima anche la fattura delle finiture, con carene robustissime e resistenti anche in caso di caduta, manopole durevoli, ergonomia ineccepibile e seduta comoda con portapacchi (sempre utile) integrato subito dietro la sella ribaltabile.
Ovviamente, tutto ha dei difetti, nel Fifty le frecce (che erano esteticamente le stesse montate su Ducati 916 e 748, fino alle 998 e poi sulla BMW F650GS) erano realizzate con una plastica molto dura che manteneva l’aspetto nel tempo senza sbiadire ma, per contro, risultava estremamente fragile quindi si potevano spezzare anche a seguito di un piccolo urto.
Scheda tecnica
Unità motore compatta Franco Morini FM G30 M4
Motore monocilindrico 2 tempi
Cilindro in lega leggera d’alluminio con 4 travasi e canna cromata
Cilindrata: 49,8 cc
Alesaggio: 39mm
Corsa: 41,7mm
Rapporto geometrico di compressione: 13,5:1
Raffreddamento a liquido con circolazione naturale a termosifone
Aspirazione in depressione nel carter con valvola lamellare a 4 petali
Carburatore Dellorto SHA 14/12M Getto 68
Lubrificazione mediante miscelatore automatico variabile e serbatoio separato
Miscela al 2%
Albero motore con gabbia a rulli nel piede di biella e gabbia argentata nella testa di biella
Accensione elettronica con volano magnete da 85W-12Volt
Trasmissione primaria ad ingranaggi a dentri dritti con parastrappi incorporato
Frizione a dischi multipli in bagno d’olio
Cambio sequenziale a 4 rapporti (sempre in presa) con comando a pedale e preselettore incorporato
Trasmissione secondaria a catena
Sensore elettronico per la spia luminosa del folle
Pignone catena brocciato e montato flottante sull’albero secondario del cambio
Avviamento a kick-starter con ruota libera ad innesto unidirezionale in bagno d’olio
Peso a secco del motore: 12kg
Telaio monotrave portante in tubo di grossa sezione e lamiera di acciaio saldata elettricamente
Sospensione anteriore: Forcella idraulica telescopica con perno avanzato
Sospensione posteriore: Forcellone oscillante con monoammortizzatore e leveraggi
Freno anteriore a disco da 220mm con comando idraulico
Freno posteriore a tamburo da 118mm con comando mediante asta rigida
Ruota anteriore: 1,6 x 16″ a tre razze integrali in lega leggera
Ruota posteriore: 1,85 x 16″ a tre razze integrali in lega leggera
Passo: 1,14 metri
Lunghezza max: 1,71 metri
Larghezza max: 0,91 metri
Altezza max: 1,14 metri
Peso a secco: 74kg
Serbatoio carburante 3,5 litri (benzina verde)
Consumo carburante a 60 km/h: 45-50 km/litro
Consumo carburante al massimo delle prestazioni: 30 km/litro
Consumo nel ciclo medio: 34,3 km/litro
Olio nel carter: 0,7 litri
Serbatoio olio miscelatore (con riserva): 1,25 litri
Radiatore liquido di raffreddamento: 0,8 litri
Trasmissione primaria ad ingranaggi: Z=16/60
Trasmissione secondaria a catena: Z=11/34
Rapporto to. motore/ruota: 1:12,69
Prima velocità: Z=10/33
Seconda velocità: Z=15/29
Terza velocità: Z=19/25
Quarta velocità: Z=21/23
Immagini
Tutto quello che vedete in foto (sotto e nella galleria fotografica, vedi in basso i link correlati) è rigorosamente originale e tenuto con una cura maniacale in condizioni quasi pari al nuovo ( in un range tra 0 e 100% siamo pressappoco attorno al 90-91%; minimi segni di usura, offerti più che altro dal tempo, e da follie adolescenziali, ci sono a dimostrare, a mio avviso con fascino, un passato glorioso che tutt’oggi sfila elegante tra le strade con la calma di chi non deve più dimostrar nulla).
Quello che più ha fatto male a questo atleta 2 tempi è stata la sosta al box negli anni in cui sono passato alle moto. Alcuni organi necessitano di maggiore manutenzione quando il mezzo è fermo anziché quando è in movimento. Anzi, in movimento la loro usura è quasi zero (avremo modo di parlarne in articoli tecnici specifici). Ma non è sempre facile trovare il tempo per tutto. Sarebbe stato perfetto se avesse scorazzato anche solo per una trentina di chilometri una volta ogni settimana. Ora lo sto ripristinando revisionandolo (una sorta di riscaldamento e stretching) dato che non ha bisogno di un vero restauro.
Continua…
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