Rubrica: Spunti
Titolo o argomento: E’ facile considerare innovativo qualcosa che non si conosce
Qualche giorno fa sono stato invitato dalla mia Università a compilare un questionario sull’imprenditoria giovanile. Si tratta di una serie di domande le cui risposte sono utili, oltre che ad inquadrare le sensazioni dei giovani e conoscerne l’attuale punto di vista in merito, anche per una società di incubatori che si appoggia alla mia facoltà. Per chi non lo sapesse la figura dell’incubatore rappresenta in qualche modo una guida per coloro (in particolar modo per i giovani) che hanno delle idee ma non conoscono strade per passare dalla teoria alla pratica. Ho scritto “in qualche modo” perchè di incubatori bravi ce ne sono ma a mio avviso non sono facili da trovare.
L’Università che frequento, negli ultimi tempi, è stata piuttosto attiva sul tema impresa ed ha organizzato vari incontri inerenti il mondo dell’imprenditoria giovanile, delle start up e del trasferimento tecnologico (spinoff). Diversi di questi incontri sono stati a mio avviso interessanti, altri persino stimolanti ed altri ancora un vero disastro. Con l’espressione “vero disastro” intendo incontri che proponevano metodi di fare impresa ormai obsoleti (anche se, è vero, sono largamente diffusi, e aggiungo, nonostante la crisi economica globale abbia dimostrato che non funzionano… d’altra parte però mi rendo conto di quanto sia difficile leggere una crisi economica globale tra le righe e quali timori possano instaurare i cambiamenti) e mostravano tecnologie sì utili, sì importanti ma vecchie come il cucù ed erroneamente presentate come “nuove”.
Sorvolando sui metodi per fare impresa, le cui proposte di innovazione maturate in seguito alle mie esperienze preferisco rimangano (momentaneamente) personali, vorrei discutere l’interpretazione dell’espressione “tecnologia nuova, moderna e/o innovativa” spesso decisamente relativa per ognuno di noi (specie di questi tempi). Un rapido esempio: le famose stampanti 3d, tanto in voga oggi con la promessa di cambiare la vostra impresa, la vostra idea ed i vostri metodi di fare business, hanno in realtà raggiunto il mercato per la prima volta nel 1989. Venticinque anni fa. Non se ne è mai parlato se non negli ambiti prettamente professionali (attualmente il perchè rappresenta per me un mistero) e oggi se ne abusa probabilmente perchè le dimensioni si sono ridotte ai livelli delle stampanti domestiche e tutti vogliono divertirsi a stampare qualche ingranaggio in 3d, qualche pupazzetto, qualche forma o magari qualche rompicapo matematico in un sol pezzo privo di giunzioni.
Comprensibile, bello, sfizioso, affascinante, sicuramente nuovo per chi non è del settore (paradossalmente anche per moltissimi studenti di Ingegneria Meccanica data la lenta evoluzione dei programmi di studio). Trattasi di prodotti senz’altro utili e preziosi nell’ambito della prototipazione che sia in grado di avvantaggiarsene con cognizione di causa ma, cortesemente, non si parli di innovazione (inflazionando un termine di così elevato rilievo) con un ritardo di ben 25 anni. Inoltre è importante, se non fondamentale, considerare che il divario tra le stampanti 3d low-cost e quelle professionali è abissale, che questo genere di strumento non è nato da poco e non si evolverà partendo da ciò che state vedendo ma è già assai evoluto (per farvi capire oggi gli impianti professionali di stampa 3d stanno iniziando a stampare persino tessuti cellulari e presto, non è da escludere, interi organi di ricambio per il corpo umano) e la variante low-cost quindi non rappresenta un principio ma una saturazione. Infine questa tecnologia porta dei consolidati ed indiscutibili vantaggi in molti casi ma, in molti altri, risulta assolutamente inutile. Dipende, come è naturale che sia per ogni strumento ed ogni tecnologia, da caso a caso.
Ad esempio realizzare un prototipo di un rinvio per una sospensione push-rod (mi capita spesso per i miei primi prototipi di piccole vetture di formula) costa meno eseguendo il pezzo reale finito e funzionale mediante un semplice CNC a 3 assi partendo da un lingotto di alluminio (di lega opportunamente scelta) piuttosto che utilizzando rotoli di PLA (che non costano poco, anzi, costano più di un buon utensile per fresare, a parità di pezzi realizzabili), eseguendo lunghe prove di stampa e numerosi insuccessi legati ai piatti che non si scaldano a dovere ed il PLA che non prende (chi maneggia le stampanti 3d di tipo “consumer” sa di cosa parlo). Sicuramente differente il discorso per le stampanti che sfruttano polveri o resine ma i cui costi salgono vertiginosamente. Al contrario se si sta realizzando ad esempio un airbox la tecnologia di stampa 3d permette di realizzare un prodotto direttamente utilizzabile sul propulsore risparmiando costosissimi stampi e spese extra per le serie limitate o molto limitate. Questo giusto per introdurre il fatto che di tecniche per prototipare, e per farlo rapidamente, ne esistono molte ed è bene conoscere quale sia, di volta in volta, quella più idonea senza pensare, limitatamente, “Ora ci sono le stampanti 3d!”. Perchè “ora”, come in questo caso, potrebbe non essere altro che un infinitesimo di un segmento temporale di ben 25 anni.
Continua…
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Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile… Parte 1 – Innovazione
Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile… Parte 2 – Problema endemico
Ancora questionari sull’imprenditoria… Parte 3 – La mia esperienza con gli incubatori
Ancora questionari sull’imprenditoria… Parte 4 – Le domande del questionario
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