I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero uno (sul prodotto)

Rubrica: La tetralogia della povertà. Svalutazione – Parte 4b

Titolo o argomento: Come si diventa poveri oggi e soprattutto… perché

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Il pensiero uno (sul prodotto)

Il primo pensiero di una persona che osserva in modo semplice un’offerta su un prodotto (quindi senza conoscere come tale prodotto dovrebbe esser fatto per assolvere nel modo migliore le funzioni richieste, quali siano i relativi corretti metodi produttivi, quali materiali e quali tecnologie siano necessarie affinché esso sia durevole ed egregiamente ammortizzabile in un arco temporale, se non debitamente lungo, quantomeno accettabile* , che costi comporti il tutto, come si costruisca un’offerta onesta…) è quello della comoda diretta via della generalizzazione: “Se costa così poco, si vede che è possibile, che è sostenibile e, soprattutto, vantaggioso!”. E prosegue: “Se costa così poco perché mai l’altro modello o l’altro marchio costano così tanto di più? Dovrebbe costar poco anche l’altro!”. E conclude, in un fascio che contiene tutta l’erba mal riposta, stretta, aggrovigliata: “Tanto sono tutti uguali i prodotti, quello nella fascia di prezzo più alta non ha nulla di più se non il nome…”.

*L’obsolescienza programmata, a lungo negata ma ormai evidente a tutti i consumatori più avveduti, ha imposto una netta virata di questi valori seppur non totale né tantomeno definitiva.

Una sequenza di imprudenti (s)ragionamenti affilati che ha portato i consumatori a dividersi in due parti quasi uguali. Quelli che prediligono prodotti affidabili e durevoli spendendo un po’ di più all’inizio (ma spendendo una volta sola) avvalendosi tra l’altro di prodotti più pregiati, e quelli che prediligono superficiali semplificazioni ed una profonda miscredenza verso i produttori che coltivano l’ambizione di distinguersi offrendo un prodotto che lasci un buon ricordo, una buona esperienza nella mente del consumatore che l’ha scelto.

Il problema è che entrambi i consumatori, non essendo formati, in effetti tentano la sorte ad ogni acquisto. La realtà è che non si va a colpo sicuro nemmeno quando si sceglie sempre lo stesso marchio ritenuto affidabile o quello economico erroneamente ritenuto durevole come l’altro della concorrenza d’élite. Questo perché ogni marchio può involontariamente sbagliare alcuni prodotti, ogni marchio può rischiare di non far centro, ogni marchio può volontariamente sbagliare altri prodotti se cade troppo nella morsa degli studi di mercato finendo con il perdere di vista i propri obiettivi iniziali nel tentativo di cercare di accontentare le richieste della maggior parte dei consumatori ed esser così più gettonato. Il paradosso è che, per raggiungere un bacino di clienti più vasto, si può tentare di accontentare anche le loro richieste prive di senso frutto dell’inesperienza tecnica pur di fare cassa. “Ma da quando le persone sanno cosa vogliono?” (cit. Morgan Freeman, Una settimana da Dio, Tom Shadyac, U.S., 2003).

La realtà è che abbiamo troppo, consumiamo troppo, disponiamo di troppo e non abbiamo tempo di studiare, imparare, capire, iniziare almeno a conoscere realmente quel che abbiamo davanti. E questo proprio per via del troppo, perché ci vorrebbe una vita solo per imparare come si acquistano così tanti prodotti che siano validi. Ma in fin dei conti non abbiamo reale necessità di nulla e, in fondo, non ci interessa nulla. Così ci affidiamo solitamente a suggestioni, convinzioni, debolezze tutte egualmente frutto di una inevitabile ignoranza alimentata dalla scarsità di tempo e, soprattutto, dal disinteresse. Quelle poche cose che ci servono realmente vantano ampi spazi nella nostra mente per essere osservate, apprese, capite, elaborate, meditate (mai abbastanza). Il troppo no, il troppo non lo riusciamo a gestire, il troppo è insostenibile e finiamo col parlare come se fossimo esperti di cose che in effetti non conosciamo né noi, né chi ce le recensisce, né chi ce le suggerisce, né chi le promuove e, spesso, nemmeno chi ce le vende (se posteste immaginare quanto ho dovuto studiare per far mio un granello in più di conoscenza nelle mie materie…).

E la contorta sequenza di archibugi mentali del consumatore prosegue (arricchita qui dai più opportuni commenti del caso): “Assodato che i prodotti di tale categoria li ritengo tutti uguali e che il prodotto a minor prezzo (facendo perno sulla mia ignoranza) mi porta a ritenere che siano tutti di basso valore, pretendo a questo punto che ciò che per me non ha più valore mi venga regalato (abbiam fatto trenta, facciamo trentuno) e, inoltre, rigorosi sullo stesso filo logico, pretendo che anche il valore dell’esperienza del professionista della vendita specializzata e dell’assistenza tecnica qualificata venga azzerato di pari passo. D’altronde a cosa servirà mai? Acquisterò by-passandolo su un e-commerce (che appartiene alla stessa gente che detesto vedere al potere ma me lo dimentico quando mi fa comodo, non sono coerente quando mi fa comodo… contraddizioni che danno frutti velenosi nei giardini delle mancanze di tempo) e decreterò per lui il solo compito di risolvere eventuali incombenti rogne ma, sia chiaro, a basso costo, perché il prodotto l’ho pagato poco e la risoluzione della rogna di un prodotto che non so che è scadente (perché ho compiuto un incauto acquisto nel posto sbagliato) deve andare di pari passo e concludersi con un danno a carico di tutta un’intera filiera fuorché mio” (voce del verbo responsabilità e razionalità, ironicamente parlando).

Rigorosi, quindi, sul filo logico degli archibugi mentali ma totalmente superficiali se vi è da studiare l’immenso mondo industriale, commerciale e promozionale che il consumatore, ahimé, minimizza ad un numero che gli conviene o meno.

D’altronde, tenuto conto che diversi non conoscono, anzi ignorano del tutto, il prezioso valore dell’esperienza di un professionista, questi finiscono col pensare, da consumatori impreparati, che “se qualcosa non la sanno, significa che non c’è” (ricorrente pensiero moderno inconscio).
E invece, se sapeste quanto è prezioso il contributo di un serio ed onesto professionista, da quante insidie potrebbe proteggervi e quanto denaro risparmiereste grazie a lui… ma ogni argomento troverà lauto approfondimento a tempo debito. Alimentate viva la pazienza in perfetto equilibrio sul piatto accanto a quello della curiosità.

I consumatori del troppo sono miopi, osservano con diverse diottrie in meno una figura da 20 metri di distanza giudicandola troppo presto come una bella ragazza; poi si avvicinano e restano gelati dall’agghiacciante scoperta sub-zero che li paralizza e li manda in frantumi: la ragazza è in realtà una anziana signora che si concia in modo inopportuno o magari un ragazzone che ha appena parcheggiato la sua moto custom e si accinge ad entrare nel negozio di tatoo. Il prodotto aveva una confezione accattivante, un volantino invitante, prometteva molto e, in realtà, il solo normale utilizzo si è rivelato frustrante e dispendioso oltre che eccessivamente breve.

La stessa cosa riaccade ogni volta, eppure non capiscono, sono smarriti, non sanno osservare, non sanno muoversi, non sanno cambiare, non sanno da che parte iniziare, non sanno come si fa, come si valuta, come si sceglie… Però sono bravissimi a deprezzare, a svalutare, a mortificare il valore dei mestieri, a lasciarli morire accasciati su sé stessi sotto il peso di pensieri ignoranti che danno origine a gesti ignoranti, sotto il peso di un consumo eccessivo il cui unico mantra è: “Devo avere tutto, non devo rinunciare a niente, quindi mi adopererò per riuscire ad acquistare tutto con il mio budget limitato trovando poi delle giustificazioni, delle autoconvinzioni, che mi dicano che ho fatto bene e sto facendo bene così come faccio; non ipotizzo conseguenze negative dei miei gesti e nemmeno mi interessa impegnarmi a farlo perché non mi riguardano direttamente”. Ma non è così perché si tratta di situazioni in cui anche loro, come in una matrioska, sono o saranno ben presto vittime, inglobati da chi a loro volta li deprezzerà, svaluterà, mortificherà.

Continua…

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Psicologia vs Pubblicità

Le preferenze dei consumatori

Che cosa induce le imprese a pagare grandi cifre a sportivi famosi per pubblicizzare i propri marchi o prodotti?

La risposta è semplice: il tentativo di influenzare o cambiare i gusti dei consumatori.

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Vi sono numerosi modelli di automobili utilizzabili quotidianamente nei percorsi cittadini e di scarpe da football o da atletica. Come può un consumatore decidere verso quale marca e modello orientarsi?

Potrebbe acquistare riviste specializzate per informarsi circa le performance e i costi di manutenzione dei diversi prodotti e confrontarne i prezzi.

Spesso o quasi sempre non è questo l’aspetto decisivo della scelta.

Il consumatore si basa sullo stile o sull’immagine di esclusività e prestigio dei prodotti.

A questo riguardo, vale il principio secondo cui non è bello ciò che ci piace ma ciò che piace agli altri!

L’importanza della pubblicità e delle relazioni pubbliche per il successo delle imprese deriva proprio dall’interdipendenza tra i gusti e le preferenze dei consumatori.

Una campagna pubblicitaria di successo modifica le preferenze dei consumatori e cambia le loro scelte.

Se, ad esempio, i produttori di zucchero di canna realizzano con successo una campagna di relazioni pubbliche che cambia a loro favore l’orientamento dei consumatori (rivolto fino a quel momento allo zucchero di barbabietola), il cambiamento delle preferenze modifica le scelte dei consumatori e provoca un aumento della domanda di zucchero di canna.